«Soddisfatto il primo bisogno, l’azione del soddisfarlo e lo strumento già acquistato di questo soddisfacimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi bisogni è la prima azione storica».
(Karl Marx & Friedrich Engels)121
«Il consumismo altro non è che una nuova forma totalitaria – in quanto del tutto totalizzante, in quanto alienante fino al limite estremo della degradazione antropologica, o genocidio (Marx) – e che quindi la sua permissività è falsa: è la maschera della peggiore repressione mai esercitata dal potere sulle masse dei cittadini».
(Pier Paolo Pasolini)122
Nell’analisi marxiana il concetto dell’alienazione riguarda soprattutto l’ambito lavorativo, senza però andare ad approfondire molto le conseguenze psico-culturali in connessione alla società e al conseguente sistema economico capitalistico. Aiutiamoci a definire la questione con una definizione tratta da un dizionario
123 apposito:
«Marx elaborò il proprio concetto di alienazione che comprendeva le forme diverse del fenomeno nella sfera del lavoro, nell’ambito delle relazioni tra gli uomini e nell’immagine di se stessi che gli uomini costruiscono; in ogni caso il termine di alienazione mantiene il suo significato generale di separazione dall’uomo di ciò che materialmente e spiritualmente gli appartiene a vantaggio di qualcosa che si trova fuori dall’uomo stesso. Nella sfera del lavoro, l’alienazione si manifesta in primo luogo all’interno della natura stessa di questa attività che in luogo di essere lo strumento per soddisfare le necessità dell’uomo è un mezzo diretto a realizzare altri scopi e cioè il guadagno immediato; conseguentemente il prodotto del lavoro diventa un oggetto estraneo al lavoratore, non gli appartiene e contribuisce a costituire un mondo di oggetti regolati da leggi proprie e sfuggito al controllo di chi ha contribuito a costruirlo. In altri termini si è di fronte a un’espropriazione generalizzata dell’umanità a beneficio dell’oggetto merce al cui possesso è diretto ogni sforzo, in modo tale che la stessa vita interiore dell’individuo viene immiserita fino a uno stadio pressoché animalesco […].
L’alienazione del lavoro è la forma più importante di alienazione sulla quale si fondano o alla quale si riconnettono tutte le altre forme. Nel lavoro alienato intelligenza e capacità di decisione vengono eliminati, il lavoratore compie meccanicamente le azioni necessarie alla produzione di oggetti che non gli appartengono e dei quali caratteristiche e destinazione sono state decise altrove senza la sua partecipazione e per finalità a lui estranee. Lo scopo dell’esistenza umana appare rovesciato: il lavoro non è più il mezzo attraverso il quale gli uomini realizzano se stessi migliorando le condizioni materiali e spirituali della loro esistenza, ma un puro mezzo per sopravvivere; paradossalmente “il lavoratore vive soltanto per guadagnarsi da vivere”. La teoria marxiana dell’alienazione, a differenza delle precedenti riflessioni sull’argomento, colloca il fenomeno all’interno dei rapporti di produzione dell’attuale società che impediscono tra l’altro lo sviluppo armonico e globale dell’uomo, e spingono invece a forme di sviluppo umano irregolare e parziale alle quali soggiacciono anche se in modi e misure diverse gli stessi uomini che appartengono alle classi al potere […].
Ampiamente ripresi dopo il ritrovamento dei Manoscritti economico filosofici del 1844, avvenuto negli anni trenta, i temi marxiani dell’alienazione sono stati oggetto di un gran numero di studi e di interpretazioni diverse, spesso collegate, appunto perché riguardanti la genesi della condizione attuale dell’esistenza umana, con le correnti dell’esistenzialismo contemporaneo. Approfondimenti e arricchimenti della teoria dell’alienazione sono stati compiuti da vari studiosi e in particolare da quelli che nel loro insieme appartengono a quell’indirizzo di pensiero noto come hegelo-marxismo o marxismo occidentale. La teoria dell’alienazione è anche stata il luogo di incontro per confrontare le teorie di Freud con quelle marxiane e marxiste».
L’alienazione è oggi uno strumento fondamentale dell’imperialismo perché è quello che più di tutti è stato in grado di egemonizzare le menti, proporre uno scopo quotidiano della propria vita individuale (accumulare merci) e distogliere l’attenzione dalle profonde contraddizioni scaturite dal sistema capitalistico a livello locale e mondiale. Ne consegue, non necessariamente ma sostanzialmente, una degradazione anche estetico-morale dell’agire umano, ben riassunta dall’aforisma attribuito a Majakóvskij secondo cui «
un tempo i produttori di auto le costruivano per poter comperare dei quadri; oggi i pittori fanno dei quadri per potersi comprare delle auto». Ne deriva una degradazione etica che conduce ad un’insoddisfazione perenne, scaturita dalla creazione di sempre nuovi “bisogni indotti”, cioè bisogni che non nascono spontaneamente nell’uomo, ma che vengono fatti sorgere nell’individuo dalle imprese, soprattutto attraverso la pubblicità, al fine di stimolare le vendite dei propri prodotti. Senza la pretesa di chiudere l’argomento pubblichiamo di seguito alcuni materiali che possano chiarire meglio alcuni di questi aspetti.