21 Novembre 2024

11. L'ARTE E LA CULTURA DI MASSA AL SERVIZIO DEL CAPITALISMO

«Questa è […] l'epoca dello Stato totalitario che non consente, cheGli intellettuali e la Cia probabilmente non può consentire, alcuna libertà all'individuo […]. Il totalitarismo ha abolito la libertà di pensiero in una misura inconcepibile in qualunque altro periodo storico. Ed è importante capire che il controllo del pensiero esercitato dal totalitarismo non è solo negativo, ma anche positivo: non solo ti impedisce di esprimere – e persino di pensare – determinate idee, ma ti impone ciò che devi pensare, ti crea un'ideologia […]. Lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni. La domanda che ci sta a cuore è: può la letteratura sopravvivere in una simile atmosfera? Penso che la risposta possa essere un secco no».
(George Orwell, 19 giugno 1941)140
Nella mastodontica lotta di classe giocata ogni giorno sul fronte culturale rientrano anche tutte le manifestazioni fondamentali del settore artistico-culturale, con particolare attenzione per le espressioni culturali divenute di massa. Proponiamo alcuni aspetti di questa lotta condotta con ogni mezzo su fronti diversi concentrandoci su alcuni aspetti riguardanti l’arte, l’editoria, il cinema, la musica e le nuove forme della cultura di massa. Nel corso del cammino non ci limiteremo a dare descrizione delle strategie borghesi tese a mantenere la propria egemonia imperialista in maniera diretta o indiretta, ma offriremo alcuni spunti di prassi per l’azione dei comunisti. Per analizzare la tematica complessiva della lotta di classe dal dopoguerra ad oggi partiamo da alcuni presupposti indispensabili, per i quali ci avvaliamo di un articolo di Simone Turchetti141:
«Francis Stonor Saunders, giornalista della rivista inglese The New Statesman, analizza come tra il 1947 e il 1967 la CIA interviene nel dibattito culturale americano ed europeo. Durante la guerra fredda, l’International Organisations Division (IOD) diviene il centro della CIA per le attività culturali. Nata per rispondere alle iniziative culturali dei sovietici e dei comunisti europei, l’IOD finanzia l’organizzazione del Congress for Cultural Freedom, che a sua volta promuove la libertà culturale del mondo occidentale contro il comunismo e il totalitarismo sovietico.
Il CCF si rivolge a intellettuali come Nicolas Nabokov, Arthur Koestler, Denis de Rougemont e Hannah Arendt e la sua attività consiste nell’organizzazione di attività culturali di vario genere: incontri letterari, riviste, mostre d’arte, concerti di musica classica, film e attività di ricerca per intellettuali esuli provenienti dai paesi del blocco sovietico.
Dal 1948 il principale collegamento tra CIA e CCF è Michael Josselson, ex ufficiale americano incaricato degli affari culturali a Berlino durante la guerra. La CIA riceve finanziamenti a pioggia dai contribuenti americani e viene inoltre finanziata con il Piano Marshall, dato che il 5 % degli interessi sul credito riscosso dagli Stati europei finisce nelle casse dei servizi segreti. Josselson e i suoi colleghi danno questi soldi a una serie di fondazioni americane (Ford, Fairfield, Rockfeller) e queste a loro volta al CCF cosicché la CIA non compare mai in alcun documento ufficiale come il “mecenate” delle iniziative culturali del CCF.
1984 e La Fattoria degli Animali di George Orwell divennero dei film grazie a questi soldi, anche se ovviamente la CIA raccomandò di cambiare il finale e rafforzare in senso antisovietico la trama orwelliana. Josselson si rivolge principalmente alla Non Communist Left (NCL), ovvero un complesso di intellettuali di estrazione socialista che avevano in passato condiviso le battaglie ideologiche della sinistra, ma che delusi dalla svolta stalinista potevano scagliarsi contro l’Unione Sovietica e condannarne il rigore totalitario. La retorica e la propaganda della libertà culturale presto si diffonde in Italia e si concretizza nel finanziamento della rivista letteraria Tempo Presente edita da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte, che la Saunders individua come personaggi di spicco del CCF e principali assegnatari dei finanziamenti destinati ad attività culturali della CIA in Italia.
Per più di 20 anni le attività culturali finanziate dalla CIA orientano l’opinione degli intellettuali verso la NATO e sfruttano le crisi interne al blocco sovietico (Ungheria, 1956) per rilanciare il ruolo trainante degli Stati Uniti nella vita politica degli stati europei. Il sistema entra in crisi nel momento in cui la politica interventista degli Stati Uniti (Vietnam, 1957; Cuba, 1961) inevitabilmente aliena l’opinione degli intellettuali europei. Nel 1967, la crisi diventa irreversibile: il giornale californiano Ramparts pubblica dettagli sul finanziamento segreto della rivista inglese Encounter da parte della CIA, sulle interferenze degli uomini della CIA nelle politiche editoriali della rivista e sul fatto che il suo direttore Melvin Lasky è un agente CIA.
L’affare Ramparts presto si trasforma per la CIA in una baia dei porci nel campo della cultura. Josselson viene dimesso e il CCF viene chiuso, anche se la CIA sceglie la “linea dura” solo per salvaguardare future ingerenze nel dibattito culturale e rilanciarle attraverso altri canali. Analizzando archivi americani e inglesi e raccogliendo le testimonianze di alcuni fra i più importanti cold warriors nel campo della cultura, la Saunders getta luce sui metodi del mecenatismo americano e sulle pratiche del controllo degli intellettuali europei. La giornalista giustamente concentra l’attenzione sul paradosso interno al concetto di libertà culturale.
La CIA indirettamente proponeva agli intellettuali di esaltare gli Stati Uniti come paladino di tale libertà, proprio mentre le sue ingerenze erano finalizzate a intaccarla e a impedire la critica della politica estera americana. Predicare libertà culturale e praticare (se necessario) la censura diventa insomma la parola d’ordine negli ambienti CIA.
Il lavoro della Saunders permette di guardare con disillusione ai luoghi culturali in cui si produce il sostegno all’interventismo americano. Durante la guerra fredda, gli appelli alla difesa della democrazia contro la tirannide, della civiltà contro la barbarie, del coraggio americano contro la codardia, della verità contro la falsità nascevano nelle azioni coperte dei servizi segreti americani piuttosto che nella riflessione autonoma degli intellettuali».
140. G. Orwell, Letteratura e totalitarismo, all'interno di G. Orwell, Romanzi e saggi (a cura di G. Bulla), Mondadori, Milano 1999, pp. 1383-1384.
141. S. Turchetti, Le attività culturali della CIA, Galileonet.it, 19 gennaio 2002; per un’altra recensione si può vedere anche D. Giachetti, Frances Stonor Saunders, “La guerra fredda culturale. La Cia e il mondo delle lettere e delle arti”, Comune.bologna.it.

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