21 Novembre 2024

A. L'IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE POLITICA

«Il peggiore analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, né s’importa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine, dipendono dalle decisioni politiche. L’analfabeta politico è così somaro che si vanta e si gonfia il petto dicendo che odia la politica. Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il bambino abbandonato, l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi, che è il politico imbroglione, il mafioso corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali». (Bertolt Brecht)

«La classe rivoluzionaria intellettualmente è sempre debole da questo punto di vista: essa lotta per farsi una cultura ed esprimere una classe colta consapevole e responsabile; di più, tutti i malcontenti e i falliti delle altre classi si buttano dalla sua parte per rifarsi una posizione».
(Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere, Quaderno II [XXIV], voce 91)
I movimenti di massa di protesta che si avvicendano negli anni, alcuni dei quali ribattezzati con aggettivi “colorati”, rispondono all’insoddisfazione che nasce spontaneamente contro questo sistema di cose, ma non sono animati da una prospettiva definita e perciò non riescono a trasformare la necessità di una resistenza collettiva in programma politico positivo. Non riescono perché temono giustamente le insidie della politica politicante e perché sono eredi di una sconfitta, di un lutto, che non hanno ancora nemmeno provato a elaborare. Questi movimenti hanno il destino segnato, cioè quello di diventare ostaggio dell’ideologia veicolata dai media e della violenza di piccoli gruppi estremisti. L’impreparazione sul piano politico di questi movimenti è resa evidente dalla loro sostanziale indeterminatezza, dal non sapere effettivamente con chi stare e perché. Ci si pronuncia contro la finanza speculativa, le banche, le politiche di taglio dei bilanci statali, ma in genere non si dice: questo sistema basato sulla grande proprietà privata non solo non ci piace, ma non funziona e vogliamo togliercelo di torno. Già questo, in embrione, sarebbe un programma politico. Paradossalmente non siamo nemmeno a questo ed è facile intuire che tale stato di cose mascheri anche appetiti egoistici. Troppo in fretta s’è buttato il marxismo come un ferro vecchio invece di comprenderne la portata rivoluzionaria ancora e sempre attuale, di rinnovarlo e adattarlo. Non c’è e non può esserci nulla che possa sostituirlo se non come surrogato, poiché il marxismo è l’unico approccio scientifico alla materia. Come scrive Lenin, o il marxismo o l’ideologia borghese, non c’è altra via. Perciò la borghesia s’affanna preventivamente con i suoi filosofi a rimasticare Marx sostanzialmente per falsificarlo e servirlo come un vecchio illuso che s’è sbagliato su tutto. In definitiva il rischio più grave è rappresentato dal fatto che con il passare del tempo, rendendosi conto della loro impotenza, questi movimenti di massa, trasversali alle classi e ai ceti sociali, assumano la tendenza, già in atto, ad adattarsi a questo genere di spontaneità e di diventare strumento dell’opportunismo e del populismo. Troppe volte per il passato s’è assistito a questo scenario per non temere il peggio.

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