21 Novembre 2024

A.2. NON C'È RIVOLUZIONE SENZA MARXISMO

«Disabituati al pensiero, contenti della vita del giorno per giorno, ci troviamo oggi disarmati di contro alla bufera. Avevamo meccanizzato la vita, avevamo meccanizzato noi stessi. Ci accontentavamo di poco: la conquista di una piccola verità ci riempiva di tanta gioia come se avessimo conquistato tutta la verità. Rifuggivamo dagli sforzi, ci sembrava inutile porre delle ipotesi lontane e risolverle, sia pure provvisoriamente. Eravamo dei mistici inconsapevolmente. O davamo troppa importanza alla realtà del momento, ai fatti, o non ne davamo loro alcuna. O eravamo astratti perché di un fatto, della realtà facevamo tutta la nostra vita, ipnotizzandoci, o lo eravamo perché mancavamo completamente di senso storico, e non vedevamo che l'avvenire sprofonda le sue radici nel presente e nel passato, e gli uomini, i giudizi degli uomini possono fare dei salti, devono fare dei salti, ma non la materia, la realtà economica e morale. Tanto più grande è il dovere attuale di porre un ordine in noi. […] Gli errori che si sono potuti commettere, il male che non si è potuto evitare non sono dovuti a formule o a programmi. L'errore, il male era in noi, era nel nostro dilettantismo, nella leggerezza della nostra vita, era nel costume politico generale, dei cui pervertimenti anche noi partecipavamo inconsapevolmente. […] Cambiare le formule non significa nulla. Occorre che cambiamo noi stessi, che cambi il metodo della nostra azione. Siamo avvelenati da un'educazione riformistica che ha distrutto il pensiero, che ha impaludato il pensiero, il giudizio contingente, occasionale, il pensiero eterno, che si rinnova continuamente pur mantenendosi immutato. […] Progrediamo per intuizioni più che per ragionamenti; e ciò porta a una instabilità continua, a una continua insoddisfazione: siamo dei temperamenti più che dei caratteri. Non sappiamo mai ciò che i nostri compagni potranno fare domani; siamo disabituati al pensare concreto, e perciò non sappiamo fissare ciò che domani si debba fare, e se lo sappiamo per noi, non lo sappiamo per gli altri, che ci sono compagni di lotta, che dovranno coordinare i loro sforzi ai nostri sforzi. Nella complessa vita del movimento proletario manca un organo, sentiamo che manca un organo. Dovrebbe esserci, accanto al giornale, alle organizzazioni economiche, al partito politico, un organo di controllo disinteressato, che fosse il lievito perenne di vita nuova, di ricerca nuova, che favorisse, approfondisse e coordinasse le discussioni, all'infuori di ogni contingenza politica ed economica. Nel corso di queste relazioni di letture fatte, questi bisogni che io sento, che molti altri sentono con me, andranno concretandosi, e con l'aiuto dei compagni di buona volontà sarà prospettata una soluzione e indicata una via da seguire».
(Antonio Gramsci, Letture, Il Grido del Popolo, 24 novembre 1917)
La mancata conoscenza del marxismo e dei suoi sviluppi porta alcuni compagni a dar credito a teorie lontane dal comunismo. Si fa confusione con movimenti che hanno obiettivi di fase simili a quelli dei comunisti, ma con radici nettamente diverse. È importantissimo quindi un lavoro di sistematica formazione dei compagni che si iscrivono e militano in un partito comunista, in modo da fornire loro una cassetta degli attrezzi, un metodo scientifico tramite il quale interpretare il mondo e quindi trasformarlo in senso socialista. Questo breve saggio non ha pretese di esaustività sugli argomenti proposti, ma intende semplicemente rappresentare un’introduzione molto generica alla concezione comunista della storia del mondo, che parte dalla messa in discussione radicale della società capitalista, sviluppata in maniera per la prima volta scientifica oltre 150 anni da Karl Marx e Friedrich Engels e perfezionatasi nel corso del tempo attraverso l'operato teorico e pratico di pensatori fondamentali come Lenin, Gramsci, Mao e tanti altri. Solo studiando è possibile dotarsi degli strumenti necessari per essere in grado di affrontare le sfide politiche e teoriche del XXI secolo, quello in cui si approfondiscono e si evidenziano le contraddizioni del capitalismo. È necessario per i comunisti acquisire la capacità di compiere un’analisi critica del presente e quindi di formulare una proposta di alternativa che abbia una concreta possibilità di diventare egemone. Le classi dominanti si adoperano per indebolire l'ideologia comunista: “sterilizzando” il pensiero di Marx, Gramsci, Che Guevara e altri, si cerca di dipingerli come innocui uomini inseguitori di un'utopia. A tal riguardo è utile ricordare cosa scriveva Lenin un secolo fa:
«Capita oggi alla dottrina di Marx quel che è spesso capitato nella storia alle dottrine dei pensatori rivoluzionari e dei capi del movimento di liberazione delle classi oppresse. Le classi dominanti hanno sempre perseguitato in vita i grandi rivoluzionari, la loro dottrina è sempre stata oggetto dell'odio più selvaggio e delle più furibonde campagne di menzogne e di diffamazione. Ma, dopo morti si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli, per cosi dire, di cingere di un'aureola di gloria il loro nome, a consolazione, mistificazione delle classi oppresse, mentre si svuota la sostanza del loro insegnamento rivoluzionario, se ne smussa la punta rivoluzionaria, lo si avvilisce. A questo “trattamento” del marxismo collaborano ora la borghesia e gli opportunisti del movimento operaio. Si dimentica, si attenua, si snatura il lato rivoluzionario della dottrina, la sua anima rivoluzionaria. Si mette in primo piano e si esalta ciò che è, o sembra, accettabile per la borghesia».
Noi comunisti abbiamo il compito di diffondere la verità, difendendo il marxismo e il leninismo da ogni contraffazione, perché senza una teoria rivoluzionaria non può esistere un movimento rivoluzionario. Mao Tse-Tung, uno che la rivoluzione in Cina l'ha fatta, l'ha detto con parole chiarissime:
«Se si vuol fare la rivoluzione ci deve essere un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario, senza un partito che si basi sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario marxista-leninista, è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacché».
Ricordando altresì la distinzione fondamentale tra l'essere ribelli e l'essere rivoluzionari:
«Se un uomo, che non ha cultura dentro di sé, si ribella, non diventerà mai un rivoluzionario. Rimarrà sempre un ribelle. Solo chi ha cultura sa dove vuole arrivare e sa che cosa significa rivoluzione. Un uomo che rimane nello stato di ribelle è come un sacco vuoto. Quando durante la rivoluzione soffia il vento egli si gonfia e appare rivoluzionario. Ma quando piove, e piove spesso sulla rivoluzione, quel sacco vuoto si bagna, l'avrai tra i piedi e cadrai. Non potreste mai fare la rivoluzione senza rivoluzionari. Ma attenzione ai ribelli! Ti fanno inciampare e sono i primi a distruggerla!»
La cultura quindi come arma decisiva ma non auto-sufficiente, tanto da far affermare provocatoriamente a Engels che «un'oncia di azione vale quanto una tonnellata di teoria». Cercheremo di sviluppare meglio successivamente il concetto del legame dialettico inscindibile tra teoria e pratica. Per ora però occorre insistere nella nobilitazione dello studio e della formazione teorica, troppo a lungo trascurati dai comunisti italiani, a discapito di un'azione spesso cieca e priva di sbocchi concreti. Se Ernesto Guevara ricordava che «l'ignoranza è il perno del capitalismo», lo stesso Engels sanciva che «se uno non studia sistematicamente, non arriverà mai a nessun risultato!»
Marx, con la sua proverbiale prosa, pone così la questione:
«Pensare con rigore logico ed esprimere chiaramente i pensieri: ciò impone di studiare. Studiare, studiare! Mentre altri architettano piani per sovvertire il mondo e giorno dopo giorno, sera dopo sera s’inebriano con l’oppio del “domani è la volta buona!”, noi “demoni”, “banditi”, “feccia dell’umanità” cerchiamo di approfondire la nostra preparazione e di approntare armi e munizioni per le lotte future. La politica è studio. I libri sono strumenti di lavoro e non oggetti di lusso. Sono i miei schiavi e devono ubbidire alla mia volontà. La scienza non deve essere uno svago egoistico: coloro che hanno la fortuna di potersi dedicare a studi scientifici devono anche essere i primi a mettere le loro cognizioni al servizio dell’umanità: “Lavorare per il mondo”».
È fin troppo noto infine il motto gramsciano:
«Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo.
Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza.
Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza».
Se occorre quindi studiare, è fondamentale farlo nella maniera giusta, partendo da una delle grandi conquiste metodologiche raggiunte da Marx ed Engels: il materialismo dialettico. Prima però di introdurre questa complessa tematica occorre ricordare come in campo filosofico esista una bipartizione netta tra teorie idealiste e teorie materialiste. Ugualmente a livello politico, se ci si vuole opporre al capitalismo, ci si può solo ingegnare elaborando un'adeguata teoria rivoluzionaria, motivo per cui si deve inevitabilmente optare per approfondire l'ideologia socialista. Chiunque proponga una “terza via” è un illusionista, un bugiardo o un ingenuo. A tal riguardo Lenin è stato piuttosto chiaro:
«Dal momento che non si può parlare di una ideologia indipendente, elaborata dalle stesse masse operaie nel corso del loro movimento, la questione si può porre solamente così: o ideologia borghese o ideologia socialista. Non c'è via di mezzo (poiché l'umanità non ha creato una “terza” ideologia e, d'altronde, in una società dilaniata dagli antagonismi di classe, non potrebbe mai esistere una ideologia al di fuori o al di sopra delle classi). Perciò ogni diminuzione dell'ideologia socialista, ogni allontanamento da essa implica necessariamente un rafforzamento dell'ideologia borghese».
Prima però di addentrarci in questi concetti occorre fare un passo indietro e ragionare su ciò che incarna l'idea socialista fin dai suoi albori.

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