3.5. IL POTERE DEI MEDIA E LA TEORIA DELL'AGENDA SETTING
Una volta mostrato il grado di concentrazione del settore delle telecomunicazioni, è lecito da parte del lettore mettere in discussione un assunto fino ad ora rimasto implicito: non è possibile affermare che le persone credano ciecamente e acriticamente a tutto ciò che viene espresso dai media. Tutti ascoltano, leggono e vedono i fatti riportati per poi sviluppare un proprio pensiero al riguardo, frutto dell’interazione con amici, familiari, colleghi di lavoro, o dell’approfondimento attraverso altre fonti. Non è qui possibile svolgere una disanima sul dibattito intellettuale, in particolare del secondo Novecento, sul potere effettivo dei media di influenzare i cittadini, tuttavia la teoria sociologica nota come “agenda setting” ha una valenza immensa, verificabile e constatabile empiricamente ogni giorno.
Per chiarirne il contenuto, ci aiutiamo con una scheda tecnica17 sul tema:
Per chiarirne il contenuto, ci aiutiamo con una scheda tecnica17 sul tema:
«La teoria dell’agenda setting [d’ora in avanti a.s., ndr], avanzata nel 1972 da Maxwell McCombs e Donald Shaw, sostiene che i mass media predispongono per il pubblico un certo “ordine del giorno” degli argomenti cui prestare attenzione. A lungo gli studiosi hanno dibattuto su quanto i media possano comunicare alle persone cosa è importante e cosa deve essere preso in considerazione. Già nel 1922 Walter Lippmann, nell’ormai famoso Public Opinion, sottolineava come il pubblico dei media di fatto non si trovi dinanzi agli eventi reali, ma a pseudo-eventi, in pratica “alle immagini che ci facciamo nella nostra mente”. Sin dalla selezione e rappresentazione quotidiana delle notizie, i media modellano la realtà sociale. Essi sono in grado di strutturare i nostri pensieri e di portarci a un mutamento cognitivo. Ordinano e organizzano il mondo per noi, inducendoci a prestare attenzione a certi eventi piuttosto che ad altri. Possono anche non riuscire a dirci cosa o come pensare, ma riescono sicuramente a dirci intorno a quali temi pensare qualcosa. Questa è la funzione di a.s. svolta dai media, in particolare da quelli informativi […]. La ricerca ha dimostrato che le persone più portate a lasciarsi influenzare dai media sono quelle che hanno un maggiore bisogno di orientamento. La questione che inevitabilmente emerge a questo punto è la seguente: chi è veramente in grado di condizionare l’agenda dei media? […]. Negli ultimi anni, anche Shaw e McCombs hanno ammesso che i media hanno il potere di influenzare il modo in cui pensiamo, soprattutto attraverso il processo di priming e framing. Nel primo caso, si tratta di quel “processo psicologico nel quale l’enfasi attribuita dai media è in grado non solo di aumentare l’importanza di una data questione, ma anche di ‘innescare’ nel pubblico il ricordo delle informazioni precedentemente acquisite su quella questione”; poiché tutti i membri del pubblico, e non solo quelli che hanno più bisogno di orientamento, sono soggetti a questo processo, esso si rivela particolarmente dinamico ed efficace. Con il processo di framing (inquadramento, focalizzazione), invece, alcuni eventi vengono messi in primo piano, mentre altri passano inosservati».Fermiamoci qua. Chiaramente gli autori non collegano questa tematica alla questione dell’imperialismo e mantengono un discorso astratto e “neutro” in cui considerano diverse variabili che siano capaci di condizionare i media. Le principali sono riassumibili da parte loro come quelle del mercato, delle esigenze del pubblico, dei temi posti all’attenzione pubblica da parte del ceto politico. Questi condizionamenti reciproci possono valere però in una condizione di corretto funzionamento di un sistema quanto meno democratico liberale e concorrenziale. Tali condizioni non sembrano però sussistere nel momento in cui, come abbiamo appena mostrato, la quasi totalità dei mass-media risultano controllati da una manciata di multinazionali. Né tantomeno possono valere in una condizione di crisi sociale, politica, economica e culturale acuta, che colpisce costantemente una quota importante della popolazione dei paesi capitalistici. In un contesto imperialista il potere dei media reazionari diventa quindi determinante nella capacità di condizionare quotidianamente milioni (miliardi?) di persone, attraverso un’azione egemonica di lungo corso che Gramsci ha definito come “rivoluzione passiva”. Ci troviamo insomma nel pieno dell’arena della lotta di classe culturale, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Per ora diamo spazio ad una serie di altre preziose fonti che chiariscono, in maniera meno scientifica ma assai pragmatica, alcune strategie messe in atto dai mass media, più o meno coscientemente.
17. M. Britto Berchmans, Agenda setting, in F. Lever, P. C. Rivoltella, A. Zanacchi (a cura di), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, Lacomunicazione.it, aggiornato al 19 novembre 2017.