21 Novembre 2024

5.09 L'OFFENSIVA FINALE DELLA VITTORIA

Ripercorriamo con Edoardo Genovese69 l'offensiva finale che porta alla fine del conflitto:
«Il grande sogno di Ho Chi Minh, o Bac Ho, letteralmente “lo Zio Ho” come viene ancora ricordato ai nostri giorni, venne realizzato solo nel 1975, dopo quasi trent’anni dalla dichiarazione d’indipendenza […]. Il Sud del Vietnam, dopo il ritiro delle truppe statunitensi, si trovò completamente allo sbando: il governo e l’esercito, abbandonati dalla popolazione locale, si trovarono ad affrontare un esercito forgiato nella lotta di resistenza, nella guerriglia e nella guerra in campo aperto. Venne così inaugurata l’offensiva finale contro il governo fantoccio, la Campagna di Ho Chi Minh. La Campagna di Ho Chi Minh fu lanciata dal governo di Hanoi il 25 marzo del 1975, dopo che l’amministrazione Ford aveva richiesto più e più volte dei fondi militari al Congresso degli Stati Uniti che però rifiutò categoricamente (l’ultima richiesta risale al 28 gennaio 1975 ed è pari a 722 milioni di dollari): l’ormai disinteresse statunitense per la questione vietnamita, la debolezza del governo fantoccio di Saigon e la necessità di concludere questa sanguinosa e lunga guerra prima dell’inizio della stagione delle piogge, fecero scegliere al governo nordvietnamita di iniziare l’offensiva per marzo. L’esercito, comandato dal Generale Võ Nguyên Giáp, sconfisse con facilità le truppe ormai allo sbaraglio del governo di Saigon: l’unica resistenza fu incontrata tra l’8 e il 21 aprile a Xuan Loc, a soli cinquanta chilometri dalla capitale. Il giorno della caduta di Xuan Loc, il presidente sudvietnamita Nguyen Van Thieu rassegnò le dimissioni e fuggì dal paese, rivolgendo pesanti epiteti agli Stati Uniti, rei di averli abbandonati e di aver accettato “di vendere il Vietnam del sud ai comunisti nordvietnamiti. Quanto a me, se accettassi questo accordo (l’accordo a cui fa riferimento Thieu è quello del 26 ottobre 1972, ndr), sarei un traditore e avrei venduto il mio popolo e il territorio sudvietnamiti ai comunisti”. Il suo successore, Tran Van Huong restò in carica una sola settimana, salvo poi cedere la posizione di comando al generale Duong Van Minh che inviò immediatamente un “cessate il fuoco” al governo di Hanoi che respinse prontamente: la vittoria per la riunificazione era ormai vicina, un passo indietro in quel momento avrebbe tradito i caduti nordvietnamiti, coloro che avevano perso tutto per colpa dei bombardamenti statunitensi, i resistenti vietcong e coloro che sognavano un Vietnam libero, unito e indipendente. Il Viet Minh e i resistenti vietcong si trovavano solo a cinquanta chilometri da Saigon: i membri dell’ambasciata statunitense, i membri del governo e le persone che avevano contribuito al supporto del governo dittatoriale sudvietnamita furono trasportate con gli elicotteri su delle portaerei al largo del paese, per essere poi portate negli Stati Uniti: la paura di essere giudicati dal popolo per i crimini commessi era molto alto e si stima che, nei primissimi giorni prima della liberazione di Saigon, gli elicotteri nordamericani trasportarono circa cinquemila persone al di fuori del paese, di cui solo novecento erano statunitensi. Il 30 aprile 1975 le truppe nordvietnamite entrarono a Saigon e, senza trovare alcuna resistenza, liberarono la città che fu prontamente ribattezzata in Città di Ho Chi Minh […]. I carri armati nordvietnamiti sfilarono per la città liberata esponendo striscioni e cartelli riportanti scritte come “Sei sempre in marcia con noi, caro zio Ho”.
Il sogno del Presidente Ho Chi Minh fu finalmente realizzato, e il 2 luglio 1976 il Vietnam del Sud fu ufficialmente riunificato al Nord, dando vita alla Repubblica Socialista del Vietnam. Le Duan, Segretario Generale del Partito Comunista Vietnamita dal 1960 al 1986, pronunciò un commovente discorso il 15 maggio 1975 ad Hanoi: “Oggi, con immensa gioia, in tutto il paese 45 milioni di persone esultano celebrando la grande vittoria che abbiamo conseguito nell’offensiva e insurrezione generale di questa primavera del 1975, sconfiggendo completamente la guerra di aggressione e il dominio neocolonialista dell’imperialismo statunitense, liberando tutta la parte meridionale del nostro paese, tanto cara ai nostri cuori, e ponendo gloriosamente fine alla guerra patriottica più lunga, più difficile e più grandiosa mai combattuta nel corso della battaglia del nostro popolo contro le aggressioni straniere. […] Salutiamo una nuova era della storia quadrimillenaria della nostra nazione, un’era di splendide prospettive per lo sviluppo di un Vietnam pacificato, indipendente, riunificato, democratico, prospero e forte, un’era in cui i lavoratori sono diventati padroni del proprio destino, e coopereranno con il loro impegno fisico e mentale per costruire una vita di abbondanza e di felicità per se stessi e per migliaia di generazioni future. Questa gloria appartiene di diritto al nostro grande presidente Ho Chi Minh, l’eminente eroe nazionale che ha reso celebre la nostra terra, il primo comunista vietnamita, fondatore e maestro del nostro Partito, che ha retto il timone della rivoluzione vietnamita nel corso di molte tempeste per consentirle di raggiungere la spiaggia della gloria di oggi. In questo clima emozionale di vittoria totale, i nostri cuori sono pieni di grande commozione al ricordo del nostro amato zio Ho”».
Vincendo, il Vietnam mostra ancora una volta al mondo intero che l'imperialismo non è imbattibile, ma può essere sconfitto.
La portata storica dell'evento nelle parole di Sergio Ricaldone70:
«Quanto abbia inciso il Vietnam sugli equilibri politici mondiali nella seconda metà del novecento lo si può cogliere dalle parole di Ernesto Che Guevara pronunciate davanti alla seconda Conferenza di Algeri dei paesi non allineati, quando invitò i movimenti di liberazione ad aprire focolai di resistenza in altre parti del Terzo mondo (…due, tre, cento Vietnam). In quel passaggio venne espresso il significato storico dirompente della rivoluzione vietnamita, la sua proiezione su scala planetaria, nel momento in cui la crisi irreversibile del vecchio mondo coloniale sembrava ormai giunta al capolinea».
La vittoria sull'offensiva imperialista ha dei costi economici e umani enormi per gli aggressori e assai più per il popolo aggredito: «La prima guerra d’Indocina era costata alla Francia e agli Stati Uniti una somma intorno ai 12 miliardi di dollari», la metà circa di quanto era costata la guerra di Corea. Nel periodo 1961-1973, gli anni dell’impegno diretto americano, «la sola spesa degli Stati Uniti è stata calcolata fra i 130 e i 150 miliardi di dollari». Gli Usa perdono circa 60 mila soldati più 300 mila tra feriti e mutilati. In Vietnam quasi tutta l’industria è distrutta dall’escalation finale dei bombardamenti. Il suo territorio è «letteralmente sconvolto dalle bombe… Secondo i calcoli del Pentagono in tutta l’Indocina furono gettate 7.500.000 tonnellate di bombe, tre volte di più che nel secondo conflitto mondiale. Quanto ai defoglianti e prodotti chimici stando agli studi di alcune università americane, ne furono impiegati 75 milioni di litri. Le vittime vietnamite, secondo i dati più aggiornati, ammontarono a circa 5 milioni: 1 milione di combattenti e 4 milioni di civili».71
69. E. Genovese, La liberazione di Saigon: 30 aprile 1975 – 30 aprile 2014, Senza Tregua, 30 aprile 2014.
70. S. Ricaldone, Aprile 1975, cit.
71. R. Giacomini, Le rivoluzioni vietnamite, cit.

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