21 Novembre 2024

E.5. CENTRALITÀ DELLA CONTRADDIZIONE CAPITALE-LAVORO

«Se i democratici proporranno che si regolino i debiti dello stato, i proletari proclameranno che lo stato faccia bancarotta». (Karl Marx & Friedrich Engels, da Indirizzo del Comitato Centrale della Lega dei Comunisti del Marzo)
In definitiva: uno dei punti che contraddistinguono i comunisti è mettere al centro il conflitto capitale-lavoro, che rimane la principale contraddizione del capitalismo. È solo risolvendo tale contraddizione che si possono risolvere col tempo anche altre contraddizioni strettamente intrecciate a questa (abbiamo citato alcune delle più rilevanti: quella neocoloniale, quella di genere, quella dell'alienazione individuale, quella religiosa, quella ambientale; ce ne sarebbero molte altre...). Tale contraddizione si basa sul principio marxista per cui la produzione costituisca la base materiale della società e che quindi il modo di produzione determini il tipo di società. Nella storia abbiamo assistito al diffondersi di movimenti ascrivibili nel campo della sinistra “eterodossa” che, mettendo da parte la contraddizione principale, hanno propagandato una posizione “differenzialista” per cui esistono diverse contraddizioni parimenti importanti (sessuale, ambientale, ecc) ed indipendenti l’una dall’altra.
Questa impostazione è lontana dalla visione marxista secondo cui la realtà (fatta di sfruttamento delle persone, negazione dei diritti, precarietà delle vite…) è organica ed unitaria e che se si vuole trasformarla si deve trovare un elemento (il modo di produzione) modificando il quale si influisce in maniera preponderante, in ragione della sua funzione fondamentale, su un mutamento complessivo e radicale del sistema sociale. Rinunciare quindi ad un'interpretazione organica della realtà preclude la via verso interventi di trasformazione rivoluzionaria complessiva del sistema. Posizioni differenzialiste contrapposte alla visione organica, rischiano di portare al moderatismo e ad uno sterile riformismo che si limita ad intervenire su ambiti circoscritti, rinunciando ad una trasformazione complessiva e ad ogni prospettiva rivoluzionaria. Sulla base del fatto che nel capitalismo il rapporto di sfruttamento del lavoro vivo sia il motore primario (ovvero determinante in ultima istanza) dell’articolato insieme di relazioni che si sviluppano nella totalità della sfera sociale-politica (struttura-sovrastruttura, blocco storico) è lampante che il rapporto tra capitale e lavoro sia conflittuale (in quanto è giuridicamente libero, ma materialmente subordinato) e che pertanto questo conflitto rappresenta la principale contraddizione del capitalismo (anche se non l’unica). Se da un lato vedere soltanto questa contraddizione (schiacciandosi sull’economicismo) è un’ottica riduttiva (ma potenzialmente organica e quindi integrabile in un’ottica rivoluzionaria di trasformazione sistemica), la prospettiva dell’“eclettismo differenzialista” (di chi vede soltanto un diverso ambito di contraddizioni) oltre ad essere altrettanto riduttiva è irriducibilmente parziale, mancando quindi delle basi necessarie ad una trasformazione radicale della società.

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