E.4. LA DIFESA DELL'AMBIENTE E DEL PIANETA
Altra contraddizione considerata da molti oggi centrale è quella ambientale, tale da procurare in certi periodi una vera e propria “fuga” di molti militanti comunisti verso le file dei partiti “verdi”. In effetti la comunità scientifica internazionale è ormai quasi unanime nel considerare che i sempre più frequenti disastri ambientali siano dovuti al crescente saccheggio perpetrato dall'attuale sistema economico, per il quale la legge del profitto viene prima del rispetto della natura e dell'ambiente. Qualcuno sostiene che il grosso della popolazione abbia vissuto al di sopra delle proprie possibilità e che in una certa maniera sia indispensabile un ridimensionamento del proprio livello di consumi, attraverso la logica dei sacrifici e di un’austerity condivisa. Nel pensiero dominante vige inoltre l'idea che il problema ambientale si possa risolvere attraverso un cambiamento culturale di massa ed una legislazione più severa cui debbano sottostare le aziende. In questo contesto rientrano spesso le varie dissertazioni sulla “decrescita”. Marx avrebbe senz'altro fatto rientrare (giustamente) queste teorie nell'alveo dei socialismi utopistici (se non reazionari). Occorre invece rimettere al centro della questione il fatto che serva un intervento pubblico diretto nel settore energetico e industriale, in grado di razionalizzare e pianificare la produzione e la distribuzione dei beni e dei servizi, senza contrapporre salute, lavoro e ambiente; una riconversione finalizzata a migliorare la qualità della vita dei lavoratori e delle popolazioni. Per eliminare gli enormi sprechi materiali e delle risorse naturali, caratterizzanti l’anarchia del mercato capitalistico, bisogna quindi rimettere all'ordine del giorno la questione della nazionalizzazione dei principali centri industriali del paese, rendendo chiaro il messaggio che l'ecologismo e l'ambientalismo hanno senso solo in un'ottica anticapitalista e di classe, che ponga in discussione gli attuali rapporti di produzione.
Un articolo del New York Times su un rapporto uscito il 16 settembre 2014 è intitolato Bloccare il cambiamento climatico può non costare nulla. Secondo tale articolo una commissione globale conclude che un'ambiziosa serie di misure per limitare le emissioni costerebbe 4.000 miliardi dollari o giù di lì nel corso dei prossimi 15 anni, con un incremento di circa il 5% rispetto all'importo che potrebbe probabilmente essere speso in egual misura per nuove centrali, sistemi di trasporto e altre infrastrutture. Quando i benefici indiretti delle politiche “verdi” - come i costi del carburante più bassi, un minor numero di morti premature dovute all'inquinamento atmosferico e una conseguente riduzione della spesa sanitaria - potranno essere messi a bilancio, i cambiamenti potrebbero apportare un risparmio di denaro, secondo ciò che ha scoperto il gruppo di studio, la Commissione Globale sull'Economia e il Clima.
Lo stesso rapporto, Una crescita migliore, un ambiente migliore, contiene una litania di azioni che devono essere fatte per affrontare gli «effetti collaterali». Per esempio uno dei suggerimenti proposti nel loro Piano d'azione globale in dieci punti (il n° 7) è il seguente: «rendere le città collegate e agglomerate è la forma di sviluppo urbano da preferire, favorendo così una crescita urbana meglio gestita e dando priorità agli investimenti in materia di efficienti e sicuri sistemi di trasporto di massa». Ebbene, perchè allora andare a discutere con quei costruttori che vogliono la libertà assoluta di costruire ciò che vogliono e dove vogliono? Il contenuto del rapporto, compreso il piano d'azione globale, presuppongono che il sistema capitalista sia razionale e che le cose accadano perchè vi sia una ragione. Questa tesi presenta però un piccolo problema: il sistema economico capitalista non è razionale e ciò che accade generalmente, in assenza di massicce battaglie popolari, segue i desideri delle forze economiche più ricche e più potenti. Dobbiamo, naturalmente, non essere sorpresi che un comitato contenente luminari come l'ex presidente del Messico (Felipe Calderón, presidente), il presidente della Bank of America (Chad Holliday), il Presidente e Amministratore delegato di Bloomberg LP (Dan Doctoroff), e l'Amministratore Delegato e Direttore Generale della Banca Mondiale (Sri Mulyani Indrawati) possa far emergere una relazione basata sul presupposto errato che il sistema economico/politico capitalista sia razionale. Ben venga quindi la pianificazione, ma senza un controllo politico popolare capace di eliminare le forze capitalistiche della borghesia ciò non potrà mai avvenire. Questo è il motivo per cui quando si considera l'ambiente, la prima legge da scolpire nella coscienza dovrebbe essere: “Abbiamo incontrato il nemico ed è il capitalismo”. L'unica risposta da dare per poter salvare l'ambiente è passare ad un sistema socio-economico capace di pianificare e razionalizzare le attività produttive, avente come scopo unicamente il benessere sociale e la sostenibilità non solo per il pianeta, ma anche per le future generazioni che dovranno vivere su questo pianeta. In pratica il socialismo.