21 Novembre 2024

E.3. IL RUOLO REAZIONARIO DELLA CHIESA E LA CRITICA DELLA RELIGIONE

«Finora gli uomini si sono sempre fatti idee false intorno a se stessi, intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio, dell’uomo normale, ecc. essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della loro testa sono diventati piú forti di loro. Essi, i creatori, si sono inchinati di fronte alle loro creature. Liberiamoli dalle chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione, sotto il cui giogo essi languiscono. Ribelliamoci contro questa dominazione dei pensieri. Insegnamo loro a sostituire queste immaginazioni con pensieri che corrispondano all’essenza dell’uomo, dice uno; a comportarsi criticamente verso di esse, dice un altro; a togliersele dalla testa, dice un terzo, e la realtà ora esistente andrà in pezzi. Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo della moderna filosofia giovane-hegeliana, che in Germania non soltanto è accolta dal pubblico con orrore e reverenza, ma è anche messa in circolazione dagli stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza della sua criminosa spregiudicatezza. Il primo volume di questa pubblicazione ha lo scopo di smascherare queste pecore che si credono lupi e che tali vengono considerate, di mostrare come esse altro non fanno che tener dietro, con i loro belati filosofici, alle idee dei borghesi tedeschi, come le bravate di questi filosofi esegeti rispecchino semplicemente la meschinità delle reali condizioni tedesche. Essa ha lo scopo di mettere in ridicolo e di toglier credito alla lotta filosofica con le ombre della realtà, che va a genio al sognatore e sonnacchioso popolo tedesco».
(Karl Marx & Friedrich Engels, da L’ideologia tedesca)
Il ruolo sociale della donna è subalterno anche e soprattutto a causa del ruolo storico della cultura religiosa cattolica, di cui le gerarchie vaticane sono tutrici autorevoli e le cui responsabilità in questioni di repressione sessuale sono troppo spesso tangibili. Occorre a riguardo aprire una parentesi sul ruolo giocato dalla Chiesa, definita in passato da Gramsci «la più grande forza reazionaria esistente in Italia», perché «per la Chiesa sono dispotici i governi che intaccano i suoi privilegi e provvidenziali quelli che, come il fascismo, li accrescono». Un giudizio confermato 50 anni dopo da un Pier Paolo Pasolini, comunista e omosessuale, assai lapidario sulla questione:
«La Chiesa non può che essere reazionaria; la Chiesa non può che essere dalla parte del Potere; la Chiesa non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza; la Chiesa non può che approvare le società gerarchiche in cui la classe dominante garantisca l'ordine; la Chiesa non può che detestare ogni forma di pensiero anche timidamente libero; la Chiesa non può che essere contraria a qualsiasi innovazione anti-repressiva (ciò non significa che non possa accettare forme, programmate dall'alto, di tolleranza: praticata, in realtà, da secoli, a-ideologicamente, secondo i dettami di una “Carità” dissociata - ripeto, a-ideologicamente - dalla Fede); la Chiesa non può che agire completamente al di fuori dell'insegnamento del Vangelo; la Chiesa non può che prendere decisioni pratiche riferendosi solo formalmente al nome di Dio, e qualche volta magari dimenticandosi di farlo; la Chiesa non può che imporre verbalmente la Speranza, perché la sua esperienza dei fatti umani le impedisce di nutrire alcuna specie di speranza; la Chiesa non può (per venire a temi di attualità) che considerare eternamente valido e paradigmatico il suo concordato col fascismo».
In Italia occorre riprendere la critica (tradizionalmente svolta dai comunisti in passato) del ruolo giocato dal Vaticano, la cui ideologia interclassista è strettamente confacente all'ideologia fascista del corporativismo, essendo inoltre il pilastro portante di due dei fondamenti della morale borghese odierna (non-violenza e “buon senso” moralista), facendo unicamente da argine all'individualismo libertario, al quale però contrappone un messaggio ascetico e solidaristico che mal si coniuga con la necessità dell'organizzazione della lotta di classe. Con la sua ideologia la Chiesa rappresenta, ora come in passato, la più importante forza reazionaria in Italia, impedendo una piena realizzazione di diritti civili avanzati conquistati in passato (in particolare il divorzio, l'aborto, la libera contraccezione), e un progresso su questioni pressanti come quelle riguardanti i LGBT e l'eutanasia.
Non bisogna dimenticare però, come ricorda L'ABC del Comunismo, che
«la lotta contro la religione presenta due aspetti, che nessun comunista deve mai confondere. Il primo è la lotta contro la chiesa, in quanto organizzazione di propaganda religiosa, interessata materialmente all'ignoranza ed all'oscurantismo del popolo e al suo asservimento religioso. Il secondo è la lotta contro i pregiudizi religiosi, largamente diffusi e profondamente radicati nella maggior parte delle masse».
E ancora:
«“La religione è l'oppio dei popoli”, diceva Karl Marx. Il Partito comunista deve far comprendere questa verità alle immense masse del popolo lavoratore. Il compito del Partito è quello d'infondere in tutte le masse operaie, anche in quelle più arretrate, questa verità: la religione era, e continua ad essere, uno degli strumenti più potenti nelle mani degli oppressori per il mantenimento dell'ineguaglianza, dello sfruttamento e dell'obbedienza servile dei lavoratori. Certi comunisti mediocri ragionano così: “La religione non mi impedisce d'essere comunista, io credo sia in Dio che nel comunismo. La mia fede in Dio non m'impedisce di lottare per la causa della rivoluzione proletaria”. Un tale ragionamento è completamente sbagliato. La religione ed il comunismo sono incompatibili sia teoricamente che praticamente. Ogni comunista deve considerare i fenomeni sociali (relazioni fra gli individui, rivoluzioni, guerre, ecc.) come manifestazioni che seguono determinate leggi. Le leggi dello sviluppo sociale sono determinate, con un'ampiezza incomparabile, dal socialismo scientifico, grazie alla teoria del materialismo storico elaborata dai nostri grandi maestri K. Marx e F. Engels. Secondo questa teoria, nessuna forza soprannaturale ha avuto influenza sullo sviluppo sociale. Meglio ancora: la stessa teoria stabilisce che la medesima idea di Dio e delle forze soprannaturali si è formata ad un certo stadio della storia umana e che questa idea, puerile e non confermata dall'esperienza della vita e della lotta dell'uomo contro la natura, comincia a venir meno. I pregiudizi religiosi sono molto duraturi e ingannano persino le persone più intelligenti, perché alle classi sfruttatrici conviene mantenere il popolo nell'ignoranza e nella sua infantile credenza nel miracoloso».
La questione non è oziosa né intellettualistica perché se è facile capire la lotta contro le reazionarie istituzioni religiose in quanto tali (prima tra tutte nel nostro caso la Chiesa cattolica), discutibile sembrerebbe voler introdurre l'ateismo come necessità per la lotta rivoluzionaria. In realtà Marx precisa che la questione va posta in altri termini. La religione, egli afferma, non è altro che un'altra delle contraddizioni prodotte dal sistema di oppressione economico, tale per cui nel comunismo (ove tali oppressioni non avranno più motivo di esistere) non avrà più ragion d'essere. La religione in quanto tale infatti, non è altro che un'altra forma di alienazione cui è soggetto il singolo essere umano che vive in un sistema illiberale. Per cui:
«la soppressione della religione in quanto felicità illusoria del popolo è il presupposto della sua vera felicità. La necessità di rinunciare alle illusioni sulla propria condizione, è la necessità di rinunciare a una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione è quindi, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola. La critica non ha strappato i fiori immaginari dalla catena perché l’uomo continui a trascinarla triste e spoglia, ma perché la getti via e colga il fiore vivo. La critica della religione disinganna l’uomo, affinché egli consideri, plasmi e raffiguri la sua realtà come un uomo disincantato, divenuto ragionevole, perché egli si muova intorno a se stesso e quindi al suo vero sole. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove attorno all’uomo, fino a che questi non si muove attorno a se stesso. È dunque compito della storia, una volta scomparso l’al di là della verità, di ristabilire la verità dell’al di qua. È innanzi tutto compito della filosofia, operante al servizio della storia, di smascherare l’autoalienazione dell’uomo nelle sue forme profane, dopo che la forma sacra dell’autoalienazione umana è stata scoperta. La critica del cielo si trasforma cosí in critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica».
La questione dell'alienazione non è certo secondaria nell'opera marxiana, tanto da essere particolarmente sviluppata nel primo lavoro di rilievo del filosofo tedesco, i Manoscritti Economico-Filosofici. Su questa tematica rilevanti sono gli sviluppi teorici raggiunti dalla Scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Marcuse, Fromm, ecc.), che partendo da alcuni concetti cardine del marxismo lo mischiano con le innovazioni teoriche più recenti (al tempo in cui furono elaborate) della psicanalisi e della sociologia. Tornando però alla questione religiosa si può trovare una buona sintesi nelle considerazioni di Lenin, tese ad affermare il più completo ed integrale laicismo:
«La religione dev'essere dichiarata un affare privato: con queste parole si definisce per solito l'atteggiamento dei socialisti verso la religione. Ma bisogna chiarire esattamente il significato di queste parole per evitare ogni malinteso. Noi esigiamo che la religione sia un affare privato nei confronti dello Stato […]. Lo Stato non deve avere a che fare con la religione, le associazioni religiose non devono essere legate al potere statale. Ognuno dev'essere assolutamente libero di professare qualsivoglia religione o di non riconoscerne alcuna, cioè di essere ateo, come è, in genere, ogni socialista. Non si può tollerare una sola differenza nei diritti dei cittadini che sia motivata da credenze religiose. Qualsiasi menzione della confessione religiosa dei cittadini negli atti ufficiali dev'essere assolutamente soppressa. Nessuna sovvenzione statale dev'essere elargita alla Chiesa nazionale e alle associazioni confessionali e religiose, che devono diventare associazioni di cittadini-correligionari, completamente libere e indipendenti dal potere statale. […] Separazione completa della Chiesa dallo Stato: ecco la rivendicazione del proletariato socialista nei confronti dello Stato e della Chiesa moderni».
Lenin però affronta anche la questione del rapporto tra partito comunista e religione. Vediamo come la risolve:
«Nei confronti del partito del proletariato socialista la religione non è un affare privato. Il nostro partito è un'unione di militanti coscienti, d'avanguardia, che lottano per l'emancipazione della classe operaia. Una tale unione non può e non deve restare indifferente all'incoscienza, all'ignoranza e all'oscurantismo sotto forma di credenze religiose. […] noi abbiamo fondato fra l'altro la nostra unione […] proprio per lottare contro ogni abbrutimento religioso degli operai. Per noi la lotta ideale non è un affare privato, ma riguarda tutto il partito, tutto il proletariato. Se cosí è, perché mai non ci proclamiamo atei nel nostro programma? Perché non vietiamo ai cristiani e ai credenti in dio di entrare nel nostro partito? La risposta a questa domanda deve chiarire l'importantissima differenza che corre fra la democrazia borghese e la socialdemocrazia nell'impostare la questione della religione. Il nostro programma è interamente fondato sulla concezione scientifica, e piú precisamente materialistica, del mondo. La spiegazione del nostro programma comprende quindi di necessità anche la spiegazione delle reali origini storiche ed economiche dell'oscurantismo religioso. La nostra propaganda comprende necessariamente anche la propaganda dell'ateismo; la pubblicazione della letteratura scientifica sull'argomento […] deve ora diventare un settore di lavoro del nostro partito. […] Ma non dobbiamo in nessun caso scivolare verso un'impostazione astratta, idealistica della questione religiosa, parlando di “ragione”, prescindendo dalla lotta di classe, come fanno spesso i democratici radicali borghesi. Sarebbe assurdo credere che, in una società fondata sull'oppressione e sull'abbrutimento illimitati delle masse operaie, i pregiudizi religiosi possano essere dissipati per mezzo della pura predicazione. Dimenticare che l'oppressione religiosa del genere umano non è che il prodotto e il riflesso dell'oppressione economica in seno alla società sarebbe dar prova di angustia mentale borghese. Nessun libro, nessuna predicazione potrà mai educare il proletariato, se esso non verrà educato dalla propria lotta contro le forze tenebrose del capitalismo. L'unità di questa lotta effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa, per creare il paradiso in terra, è per noi piú importante dell'unità di idee dei proletari sul paradiso in cielo. Ecco perché non dichiariamo e non dobbiamo dichiarare il nostro ateismo nel nostro programma, ecco perché non impediamo e non dobbiamo impedire ai proletari, che conservano certi residui di vecchi pregiudizi, di avvicinarsi al nostro partito. Diffondere la concezione scientifica del mondo è cosa che faremo sempre, combattere l'incoerenza di certi “cristiani” è per noi necessario; ma ciò non significa affatto che bisogna portare la questione religiosa in primo piano, in un posto che non le compete, né che dobbiamo ammettere una divisione delle forze economiche e politiche effettivamente rivoluzionarie per opinioni e fantasticherie di terz'ordine, che perdono rapidamente ogni importanza politica e sono ben presto gettate fra le anticaglie dal corso stesso dello sviluppo economico».

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