In un recente documento sulle sue attività nella Germania Nazista, Ford dichiara che, dopo Pearl Harbor, la sua centrale direzionale a Dearborn non teneva più contatti diretti con la sua affiliata Tedesca. Per quel che concerne la possibilità di comunicazioni via società consociate presenti in paesi neutrali, il documento afferma che “non esistono indicazioni di comunicazioni fra le centrali USA e le filiali in Germania tramite loro consociate nei paesi neutrali”.
Comunque, la mancanza di tali “indicazioni” significa semplicemente che ogni prova di contatti può essere stata smarrita o distrutta prima che gli autori del documento permettessero l’accesso agli specifici archivi; dopo tutto, l’accesso a questi archivi è stato concesso solamente più di 50 anni dopo gli accadimenti. Inoltre, lo stesso documento mette in evidenza un elemento contraddittorio, che un alto dirigente della Ford-Werke aveva fatto un viaggio nel 1943 a Lisbona per una visita alla filiale Portoghese della Ford, ed è estremamente improbabile che a Dearborn non fossero al corrente di questo. Questo vale anche per la IBM: Edwin Black scrive che durante la guerra il general manager della IBM per l’Europa, l’Olandese Jurriaan W. Schotte, veniva insediato nella centrale operativa a New York, dove egli “continuava a mantenere regolarmente rapporti diretti con le filiali della IBM in territorio Nazista, come nella sua patria di origine, l’Olanda, e in Belgio”. Quindi, la IBM poteva “tenere sotto controllo gli eventi ed esercitare la sua autorità in Europa attraverso le filiali situate nelle nazioni neutrali”, e in modo particolare attraverso le sue diramazioni Svizzere a Ginevra, il cui direttore, di nazionalità Svizzera, “viaggiava liberamente in, e dalla, Germania, nei territori occupati e nei paesi neutrali”. Infine, come per molte altre grandi imprese USA, la IBM poteva anche affidarsi ai diplomatici Americani presenti nei paesi occupati e neutrali per inviare messaggi tramite valigia diplomatica. I Nazisti, non solo permettevano ai proprietari Americani di conservare le loro strutture e le loro filiali in Germania e di esercitarne anche in una certa misura il controllo amministrativo, ma la loro influenza, ad esempio nella conduzione della Opel e della Ford-Werke, rimaneva minima.
Dopo la dichiarazione di guerra della Germania contro gli USA, i membri della dirigenza Americana certamente si ritirarono dalle scene, ma i managers presenti in Germania — che riscuotevano la fiducia dei capi negli Stati Uniti — in genere conservarono le loro posizioni autorevoli e continuarono a condurre gli affari, perciò tenendo sempre presenti gli interessi delle case madri delle imprese e degli azionisti Americani. Per quel che riguarda la Opel, il quartier generale della GM negli USA aveva mantenuto l’effettivo controllo totale sui dirigenti a Rüsselsheim; questo scrive lo storico Americano Bradford Snell, che negli anni Settanta ha dedicato la sua attenzione a questo tema, ma i cui riscontri sono stati contestati da GM. Un recente studio della ricercatrice Tedesca Anita Kugler conferma il resoconto di Snell, fornendo maggiori dettagli e maggiori sfumature al quadro presentato. Dopo la dichiarazione di guerra della Germania contro gli USA, la Kluger scrive che i Nazisti assolutamente non crearono difficoltà alla dirigenza della Opel. Solo il 25 novembre 1942 Berlino nominava un “servizio di controllo alle strutture produttive del nemico”, ma il significato di questa procedura risultò essere puramente simbolico. I Nazisti semplicemente desideravano assegnare un’immagine Tedesca ad un’impresa che sarà posseduta al 100% dalla GM per tutto il corso della guerra. Presso la Ford-Werke, Robert Schmidt, certamente un fervente Nazista, durante la guerra operava come general manager, e le sue prestazioni erano tanto soddisfacenti sia per le autorità di Berlino che per i dirigenti della Ford in America. Messaggi di approvazione e congratulazioni, recanti la firma di Edsel Ford, gli venivano regolarmente recapitati dalla casa madre della Ford a Dearborn. I Nazisti erano veramente deliziati dal lavoro di Schmidt; in opportuna occasione lo avevano gratificato del titolo di “leader nel campo dell’economia militare”. Perfino quando, mesi dopo Pearl Harbor, erano stati imposti controlli a sovrintendere gli impianti della Ford a Colonia, Schmidt aveva conservato le sue prerogative e la sua libertà di azione. Allo stesso modo, l’esperienza in tempo di guerra per la IBM sotto controllo dell’Asse in Germania, Francia, Belgio, e in altri paesi risultava ben lontana dall’essere traumatica. I Nazisti erano molto meno interessati alla nazionalità dei proprietari o all’identità dei managers che alla produzione, visto che, dopo il fallimento della loro strategia di Guerra Lampo nell’Unione Sovietica, stavano sperimentando la necessità sempre crescente di una produzione massiccia di aerei e di mezzi da trasporto. […] I pianificatori Nazisti, come Goering e Speer, avevano ben compreso che radicali cambiamenti nel management della Opel potevano ostacolare la produzione nel Brandenburgo e a Rüsselsheim. Per mantenere il rendimento della Opel ad alti livelli, ai managers in carica veniva concesso di andare avanti, dato che avevano familiarità con i metodi di produzione Americani particolarmente efficienti. Anita Kugler conclude che l’Opel, “aveva messo a disposizione dei Nazisti la sua produzione totale e quindi — obiettivamente parlando — aveva contribuito ad accrescere le loro possibilità di condurre la guerra per un lungo periodo di tempo”. Esperti ritengono che le migliori innovazioni tecnologiche della GM e della Ford per scopi bellici principalmente siano andate a tutto vantaggio delle loro filiali nella Germania Nazista.
Ad esempio, citano gli autocarri della Opel con tutte le ruote motrici, che si erano rivelati particolarmente utili ai Tedeschi nel fango del Fronte Orientale e nei deserti del Nord Africa, così come i motori per il nuovo ME-262, il primo caccia a reazione, che veniva assemblato sempre dalla Opel a Rüsselsheim. Lo stesso vale per la Ford-Werke: nel 1939 questa industria aveva sviluppato un autocarro all’avanguardia — il Maultier (“mulo”) — che aveva ruote cingolate sulla parte frontale e un rimorchio nella parte posteriore. Inoltre la Ford-Werke aveva creato una “società di copertura”, la Arendt GmbH, per produrre equipaggiamento bellico, oltre a veicoli, e, nello specifico, parti lavorate per aeroplani. Ma Ford afferma che questo era stato fatto senza che a Dearborn si fosse a conoscenza o lo si approvasse. Verso la fine della guerra, questa fabbrica veniva coinvolta nello sviluppo top-secret di turbine per gli scellerati missili V-2 che avevano procurato devastazioni su Londra e Anversa. La ITT continuava a fornire alla Germania sistemi avanzati per le comunicazioni anche dopo Pearl Harbor, a detrimento degli stessi Americani, il cui codice cifrato diplomatico era stato decifrato dai Nazisti tramite questa strumentazione. Fino alla fine totale della guerra, le strutture produttive della ITT in Germania, come pure in paesi neutrali come la Svezia,la Svizzera e la Spagna, fornivano alle forze armate Tedesche congegni bellici di avanguardia».12