7.6. “PARLAR CHIARO, PARLAR FACILE”
Luciano Gruppi (Torino, 8 novembre 1920 – Albano Laziale, 19 agosto 2003) è stato un politico e studioso italiano, militante e dirigente del PCI dal 1943 sino allo scioglimento del Partito. Dopo alcuni anni nel PDS-DS, lascia il Partito di D’Alema, Veltroni e Fassino per iscriversi a Rifondazione Comunista. È stato per parecchi anni membro del Comitato Centrale del PCI, della Commissione Centrale di Controllo e direttore dell’Istituto di studi comunisti “Palmiro Togliatti” di Frattocchie. In questo articolo, Parlar chiaro, parlar facile88, delinea il giusto atteggiamento che devono avere i comunisti nello scrivere e nel parlare: essere sempre chiari e semplici, senza però banalizzare l’argomento di cui si discute.
«La questione del linguaggio, del modo in cui i giornali (ma anche gli oratori, o i dirigenti che prendono la parola in riunioni), parlano al loro pubblico, è diventata acuta, se si considera il numero di lettere che L'Unità riceve in proposito. La lamentela contro le parole difficili, è assai diffusa […]. Il fenomeno, del resto, non riguarda solo noi, ma tutta la società italiana, la nostra “cultura”: si tratta di uno dei tanti sintomi di imbarbarimento […]. Credo ci si debba sforzare di essere chiari sempre, facili il più che si può. Vi è un prezzo che non si può pagare: non trattare di un problema (economico, filosofico, scientifico) perché esso è difficile. Sarebbe un’offesa ai lettori, un venir meno alla lotta per l’egemonia del movimento operaio. Oppure trattarlo semplificandolo a tal punto da falsarne i termini. Parlare con chiarezza, e possibilmente in modo facile, non può tradursi in un impoverimento del linguaggio. Proprio le attuali astruserie, invece, rappresentano un impoverimento del linguaggio […]. Il movimento operaio, il Partito comunista deve parlare a tutti! […]. Elevare le masse ad un nuovo livello di cultura significa modificare, innovare quella cultura che, a contatto delle masse, deve rispondere a nuovi problemi, si arricchisce di nuovi contenuti. Ciò pone non solo problemi di contenuti, ma di forma (le due cose non sono separabili), di linguaggio. La riforma intellettuale e morale, di cui Gramsci parlava, che abbiamo riproposto con vigore, esige anche un linguaggio capace di esprimerla […]. La via della chiarezza è quella della concretezza. Orbene, il vizio accademico di pensare che ciò che è chiaro e semplice è inevitabilmente superficiale, e solo ciò che è oscuro e arduo può essere profondo ed originale. Tale vezzo, tale morbo dissolvitore, ci è rimasto in parte attaccato. Vincerlo è una delle condizioni del rapporto tra intellettuali e lavoratori, tra organi dirigenti del partito e base, soprattutto tra partito e masse. È una delle condizioni indispensabili della riforma intellettuale e morale, della creazione di una cultura veramente nazionale e popolare, che non può formarsi ove il movimento operaio non sappia realizzare tutta la propria capacità dirigente, anche al livello delle idee e... delle parole con cui esprimerle».
88. L. Gruppi, Parlar chiaro, parlar facile, L'Unità, 10 ottobre 1979. Introduzione del paragrafo e selezione dei brani dell’articolo a cura di Simone Grecu.