21 Novembre 2024

7.3. L'INCOMPRENSIBILE GERGO DEL CAPITALISMO FINANZIARIO

Per ogni altra evenienza l’economia finanziaria ricorre ad un particolare linguaggio specialistico che si struttura in ogni paese con caratteristiche diverse, anche se con un tratto in comune: l’estrema difficoltà per un lavoratore medio, pur acculturato, di penetrare e comprendere bene una serie di termini inglesi (“spread”, “futures”, “bond”, “traded funds”, “credit crunch”, ecc.) che non è inverosimile ritenere appositamente riprodotti nella forma straniera al fine di renderne più difficile la comprensione. La dimostrazione starebbe nel fatto che altri paesi come Francia e Spagna non esitano a tradurre nelle relative lingue i termini specialistici inglesi. In quei paesi, oltre ad essere presente un maggiore orgoglio patriottico, si può notare come sia rimasta una maggiore consapevolezza popolare di certi meccanismi, tant’è vero che in Francia nei telegiornali si parla ancora tranquillamente di “patronat”, ossia di “padronato”, termine che in Italia è stato bandito a scapito dei vari “datori di lavoro”, “classe imprenditoriale” o facendo ricorso semplicemente alla sigla “Confindustria”. A proposito di Confindustria: se prendiamo in esame la dicotomia “interessi particolari”-“interessi collettivi” scopriamo che il meccanismo mediatico dominante è il seguente:
«noi chiamiamo “interessi particolari” quelli dei lavoratori, delle donne, dei neri, dei poveri, degli anziani, dei giovani: in altre parole, dell’intera popolazione. Esiste un solo settore della comunità al quale non vengono mai attribuiti “interessi particolari”, ed è quello dei grandi gruppi di potere economico, industriale e degli affari in generale, perché questi si identificano con l’“interesse nazionale”»80.
Non stupisce che Karl Marx si infuriasse contro quei borghesi che hanno «una loro lingua», «prodotto della borghesia» e come tale permeata di uno spirito di mercantilismo e di compravendita, influenzando il suo genero Paul Lafargue nel sostenere che «il linguaggio artificiale che contraddistingue l’aristocrazia... s’è distaccato dalla lingua dell’intera nazione, la lingua che parlavano sia i borghesi che gli artigiani, sia la città che la campagna».
Ricordiamo infine la posizione di Stalin:
«gli uomini, i singoli gruppi sociali e le classi sono lungi dall’essere indifferenti nei confronti della lingua. Essi si sforzano di utilizzare la lingua per i loro interessi, di imporle il loro particolare lessico, i loro particolari termini, le loro particolari espressioni. Da questo punto di vista si distinguono in maniera particolare gli strati superiori delle classi agiate, che hanno perso i contatti col popolo e lo detestano: l’aristocrazia di corte, gli strati più alti della borghesia. Vengono così creati dialetti “classisti”, gerghi, “linguaggi” di salotto»81.
La non-comprensibilità media del linguaggio economico-finanziario viene però calata nell’ottica di familiarizzare il cittadino medio con tali ambienti: il capitalismo nasconde la propria struttura socio-economica e tende a presentarsi come un ordine naturale, astorico ed eterno. Ciò deve trasparire quindi anche nel linguaggio, trasformando quasi il modo di produzione economico in un membro della famiglia, da coccolare e accudire come fosse un bambino o un animaletto tenero che ogni tanto fa le bizze. Scrive a riguardo Zaira Fiori82:
«Facendo riferimento ad alcuni esempi individuati in testate quali La Repubblica o Il Corriere della Sera, è stata notata la presenza di metafore che fanno riferimento a particolari categorie della vita reale. Ad esempio, metafore che fanno riferimento alla sfera della salute, come l’espressione largamente utilizzata “economie in salute” per fare riferimento a nazioni che non presentano particolari difficoltà da un punto di vista economico-finanziario; oppure la parola “contagio”, usata in particolare per esprimere la paura o il rischio di un fallimento come quello che ha investito la Grecia. Ed ancora, espressioni che fanno riferimento alla meteorologia, come l’espressione “turbolenza”, per indicare situazioni di disordine e instabilità, in modo particolare per quanto riguarda i mercati finanziari. Per non parlare delle espressioni che fanno riferimento alla sfera bellica, come l’utilizzo del verbo “combattere”, impiegato in contesti in cui la crisi economica e i problemi ad essa collegati vengono delineati come il nemico da sconfiggere».
80. N. Chomsky, Capire il potere, cit., p. 66.
81. Per tutte e tre le citazioni ci si è rifatti a J. Stalin, Riguardo al marxismo nella linguistica, cit.
82. Z. Fiori (traduzione a cura di), Il linguaggio dell’economia e della finanza, Traduzione-testi.com.

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