Ebbene, questa impresa riformatrice, scomparso prematuramente Andropov, dopo l’inutile parentesi Černenko, passò in mano a Gorbačev. Egli sin dall’inizio suscitò un’ondata di entusiasmo tra i sovietici che attendevano un processo riformista nel loro paese, e Gorbačev inizialmente non tradì le aspettative della popolazione ripercorrendo e volendo approfondire, almeno in teoria, il lascito dell’opera di Andropov, cercando di mettere in pratica tale linea, diremmo, modernizzatrice. Tuttavia quel che accadde fu che il processo fu rapidamente preso in mano ed egemonizzato dai rappresentanti di questa seconda economia capitalista abituatisi ad arricchirsi nell’ombra sui malfunzionamento del socialismo, rappresentanti che spesso occupavano posti importanti all’interno del partito e dello Stato, invaghiti dai lussi altolocati del modello occidentale (che frequentavano tramite ambasciate e circoli politico-culturali), e che videro nell’emergenza di una corrente riformista un’opportunità storica per la realizzazione di interessi comuni a uno strato sociale minoritario ma in ascesa, fino a quel momento parzialmente frustrati: quella di smantellare l’economia pianificata che impediva il conseguimento dell’arricchimento privato, che avevano pregustato nelle loro attività semi-legali. Il processo riformatore che si imponeva oggettivamente fu sequestrato dai liberisti in seno al PCUS (come poi il PCUS possa aver tollerato al suo interno tale degenerazione è argomento che rimandiamo a ulteriori analisi), come occasione di prendere il potere. In questo senso si può dire che certi quadri del partito, influenzarono le scelte della dirigenza Gorbačev, effettuando una controrivoluzione dall’alto, tanto più facile quanto l’applicazione dell’era Gorbačev di meccanismi riformisti di mercato si fece in maniera caotica e al di fuori di ogni pianificazione razionale».80