«Nei loro documenti i dirigenti del PCI parlano (e lo fanno con insistenza, da vari anni e spesso con espressioni riprese dall'arsenale del nemico di classe) delle carenze della democrazia socialista. Nessuno nei paesi del socialismo ritiene che qui sia stato raggiunto l'ideale. Nella nuova Costituzione dell'URSS c'è persino un apposito articolo in cui sono indicate le vie per perfezionare ulteriormente la democrazia socialista nel nostro paese. Ma i fatti restano fatti: è proprio nei paesi del socialismo che è stato eliminato lo sfruttamento e per ciò stesso creata l'unica base sicura per una autentica democrazia, cioè per un autentico potere del popolo. Proprio il socialismo ha assicurato il costante perfezionamento delle forme e dei metodi di democrazia reale del popolo e per il popolo, la cui essenza consiste nella partecipazione sempre più ampia dei lavoratori alla gestione degli affari della società e dello Stato. Che cosa significhi poi partecipazione nella realtà, lo dicono i fatti, semplici e chiari. Per esempio, nell'URSS, nell'ambito dei Soviet operano 2.300.000 deputati e consiglieri (due terzi dei quali sono direttamente occupati nella produzione, nelle città e nelle campagne) e più di 30.000.000 di attivisti; alla gestione della produzione partecipano 5.900.000 membri delle Conferenze permanenti di produzione (di cui il 65% sono operai) e 14.500.000 sindacalisti; sul rispetto delle norme della legalità socialista vigilano attentamente 9.900.000 persone elette dai lavoratori e 8.000.000 di membri delle squadre di volontari per la tutela dell'ordine pubblico. Naturalmente, ci sono anche altre forme di partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Peraltro, come è evidente nei loro documenti, i dirigenti del PCI, parlando di democrazia, non intendono affatto la partecipazione reale del popolo alla gestione. Peraltro, a giudicare dalle simpatie dei dirigenti del PCI per gli estremisti di destra polacchi di “Solidarnosc”, essi, parlando di democrazia nei paesi del socialismo, intendono talvolta non la partecipazione dei lavoratori alla gestione degli affari della società socialista, ma qualcosa di completamente diverso, mano libera per coloro che, calpestando la legalità socialista, sfruttando l'aiuto dall'esterno, cercano di minare il regime socialista. Effettivamente, nei paesi del socialismo reale queste persone non hanno tale libertà. Giacché concederla loro significherebbe non rafforzare, ma scalzare le basi del nuovo sistema sociale. Oggi il mondo socialista sta vivendo un periodo fecondo, interessante e al tempo stesso non semplice. “Il passaggio allo sviluppo intensivo dell'economia, la realizzazione dei grandi programmi sociali, la formazione della coscienza comunista, tutto ciò non si ottiene subito - ha detto L. Brežnev al XXVI Congresso. - Qui occorrono tempo e instancabili ricerche creative”.
[…] Alla luce di tutti questi fatti inconfutabili risuonano almeno assurde le analisi dei dirigenti del PCI secondo cui il mondo del socialismo avrebbe esaurito la sua forza propulsiva, perduto la prospettiva! Bisogna veramente aver perduto la prospettiva, anzi aver perso la vista, per affermare simili cose! L'essenza delle opinioni espresse negli attuali documenti del PCI, e anche la stessa terminologia usata alla riunione del Comitato centrale del PCI, ricordano molto, quando addirittura non coincidono con gli sproloqui di Haig al centro stampa di Bruxelles, il 12 gennaio 1982, circa una sorta di “crisi del sistema sovietico”. In altri termini, la direzione del PCI cerca di denigrare il grande, storico e vittorioso cammino percorso dal popolo sovietico e dal PCUS, di ignorare le posizioni di decine di partiti comunisti e operai che parlano giustamente del grande ruolo svolto dall'Unione Sovietica e dalla comunità socialista per tutti i popoli, per le loro lotte per liberare l'umanità dal sistema di sfruttamento e di oppressione, per scongiurare una guerra mondiale».49