4.03. 1991: LA GUERRA DEL GOLFO
Proseguiamo con Losurdo:
«Due anni dopo, nel 1991, interveniva la prima guerra del Golfo. Un coraggioso giornalista statunitense ha chiarito in che modo si è verificata “la vittoria del Pentagono sui media” ovvero la “colossale disfatta dei media a opera del governo degli Stati Uniti”. Nel 1991 la situazione non era facile per il Pentagono (e per la Casa Bianca). Si trattava di convincere della necessità della guerra un popolo su cui pesava ancora il ricordo del Vietnam. E allora? Accorgimenti vari riducono drasticamente la possibilità per i giornalisti di parlare direttamente coi soldati o di riferire direttamente dal fronte. Nella misura del possibile tutto dev’essere filtrato: il puzzo della morte e soprattutto il sangue, le sofferenze e le lacrime della popolazione civile non devono fare irruzione nelle case dei cittadini degli USA (e degli abitanti del mondo intero) come ai tempi della guerra del Vietnam. Ma il problema centrale e di più difficile soluzione è un altro: in che modo demonizzare l’Iraq di Saddam Hussein, che ancora qualche anno prima si era reso benemerito, agli occhi degli USA, aggredendo l’Iran scaturito dalla rivoluzione islamica e antiamericana del 1979 e incline a far proseliti nel Medio Oriente. La demonizzazione sarebbe risultata tanto più efficace se al tempo stesso si fosse resa angelica la vittima. Operazione tutt’altro che agevole, e non solo per il fatto che dura o impietosa era in Kuwait la repressione di ogni forma di opposizione. C’era qualcosa di peggio. A svolgere i lavori più umili erano gli emigrati, sottoposti a una “schiavitù di fatto”, e a una schiavitù di fatto che assumeva spesso forme sadiche: non suscitavano particolare emozione i casi di “serbi scaraventati giù dal terrazzo, bruciati o accecati o picchiati a morte”. E, tuttavia… Generosamente o favolosamente ricompensata, un’agenzia pubblicitaria trovava un rimedio a tutto. Essa denunciava il fatto che i soldati iracheni tagliavano le “orecchie” ai kuwaitiani che resistevano. Ma il colpo di teatro di questa campagna era un altro: gli invasori avevano fatto irruzione in un ospedale “rimuovendo 312 neonati dalle loro incubatrici e lasciandoli morire sul freddo pavimento dell’ospedale di Kuwait City” […]. Sbandierata ripetutamente dal presidente Bush sr., ribadita dal Congresso, avallata dalla stampa più autorevole e persino da Amnesty International, questa notizia così orripilante ma anche così circostanziata da indicare con assoluta precisione il numero dei morti, non poteva non provocare una travolgente ondata di indignazione: Saddam era il nuovo Hitler, la guerra contro di lui era non solo necessaria ma anche urgente e coloro che a essa si opponevano o recalcitravano erano da considerare quali complici più o meno consapevoli del nuovo Hitler!
La notizia era ovviamente un’invenzione sapientemente prodotta e diffusa, ma proprio per questo l’agenzia pubblicitaria aveva ben meritato il suo denaro. La ricostruzione di questa vicenda è contenuta in un capitolo del libro qui citato dal titolo calzante: Reclamizzare i neonati (Selling Babies). Per la verità, a essere “reclamizzati” non furono soltanto i neonati. Proprio agli inizi delle operazioni belliche veniva diffusa in tutto il mondo l’immagine di un cormorano che affogava nel petrolio sgorgante dai pozzi fatti saltare dall’Iraq. Verità o manipolazione? A provocare la catastrofe ecologica era stato Saddam? E ci sono realmente cormorani in quella regione del globo e in quella stagione dell’anno? L’ondata dell’indignazione, autentica e sapientemente manipolata, travolgeva le ultime resistenze razionali».28
28. Ibidem.