4.10. LIBERTÀ DI STAMPA NEGLI USA: IL CASO DI SEYMOUR HERSH
Possibile, d’altronde, che tutti i giornalisti siano venduti o conniventi con questa “fabbrica del falso”? Proponiamo un esempio illustre di come faccia l’imperialismo a mantenere il controllo mediatico anche in presenza di coraggiosi dissenzienti che rifiutino la versione ufficiale. Leggiamo, attraverso uno spezzone di articolo di Zoltan Zigedy50, del caso del giornalista statunitense Seymour Hersh:
«ha vinto ben più di una dozzina dei più prestigiosi premi giornalistici degli Stati Uniti, tra cui il Pulitzer e cinque premi Polk. Responsabile delle rivelazioni sulle atrocità di My Lai e Abu Ghraib, Hersh è stato inserito dal 2013 nella lista nera dell’editoria Usa. I suoi resoconti della guerra siriana e dell’assassinio di Osama Bin Laden per mano statunitense, sono stati pubblicati all’estero nella London Review of Books, dal momento che il suo precedente editore, The New Yorker, e altre testate degli Stati Uniti rifiutarono di accettarli. Sorprendentemente nessuna tra le associazioni e organizzazioni giornalistiche o sostenitori della “libertà di stampa” ha levato un segno di protesta contro questo ostracismo verso uno dei suoi più stimati colleghi. Appaiono regolarmente sul New York Review of Books o come annunci a pagamento sul New York Times, lettere di protesta collettiva sulla presunta repressione dei media nei paesi socialisti o nei paesi critici verso la politica degli Stati Uniti; eppure questi stessi giornalisti indignati, esperti e accademici restano in assordante silenzio quando si tratta di Seymour Hersh. Ancora più scandalosa è la mancanza di qualsiasi serio sforzo da parte della stampa di confermare o confutare le affermazioni di Hersh.
La sua contro informazione sulla morte di Bin Laden in contrasto con quella ufficiale dell’amministrazione Obama, ben pubblicizzata e opportunista a un livello imbarazzante, potrebbe essere facilmente valutata seguendo i fili del ragionamento di Hersh. Invece, la stampa ha intervistato un manipolo di funzionari di governo e sostenitori di Obama e ha lasciato intatta la versione ufficiale. Ancora più eclatanti, da alcune indagini indipendenti di Hersh sul gas sarin, affiorano elementi che suggeriscono fortemente come possa aver ragione nell’imputare la gasificazione di civili ad alleati degli Stati Uniti nella crociata anti-Assad. Sia l’agenzia delle Nazioni Unite che una commissione turca hanno contestato le affermazioni sensazionali di questa presunta barbarie del governo siriano, argomentazione usata dagli Stati Uniti per pretendere un cambiamento di regime. Tuttavia, nessun grande mezzo di comunicazione degli Stati Uniti ne ha parlato: un affronto vergognoso all’integrità giornalistica».
Un affronto aggravato dal tentativo di sottrarre ogni tipo di valore e integrità professionale a Hersh, attraverso una sistematica denigrazione poggiante su accuse di incompetenza, complottismo e altre affermazioni tese a screditarne l’operato51. Sotto accusa è soprattutto la sua versione alternativa della morte di Bin Laden. Cosa diceva Hersh a riguardo? Secondo Hersh l’intelligence pachistana aveva catturato Bin Laden fin dal 2006 e lo teneva nascosto ad Abbottabad, non lontano dall’accademia militare, con la complicità e il sostegno del governo saudita, per usarlo come arma di ricatto in negoziati futuri. Ma quando un alto ufficiale pachistano ha rivelato agli statunitensi la verità su Bin Laden, il governo di Islamabad ha proposto a Washington un accordo: voi organizzate un finto blitz per uccidere il capo di Al Qaeda e noi faremo finta di nulla. In cambio, l’amministrazione Obama avrebbe dato al Pakistan più aiuti militari e un ruolo politico maggiore nel futuro dell’Afghanistan. Il non detto in questo discorso è che gli USA avrebbero avuto ancora anni (Bin Laden venne ufficialmente ucciso il 2011) per giustificare la propria presenza militare in Afghanistan e Iraq.