4.03. L'EVOLUZIONE DELLA CONDIZIONE DELLE DONNE NELLE DUE GERMANIE
Anche per questo capitolo ci aiutiamo con l'analisi svolta da Floriana Giudice42:
«La Germania è un altro paese interessante da analizzare non solo per il suo ruolo di leader nell'attuale UE, ma anche perché è il risultato dell'unificazione tra due zone che sono rimaste divise politicamente per oltre 40 anni, durante i quali la condizione femminile è evoluta in maniera differenziata, a seconda del campo di appartenenza nello scenario della guerra fredda. Mentre la parte occidentale (Repubblica Federale Tedesca, RFT) ha seguito un percorso similare con quello degli altri paesi occidentali, la parte orientale (Repubblica Democratica Tedesca, RDT) ha seguito il modello sovietico, mostrandosi però presto tra i paesi relativamente più autonomi da Mosca, specie per l'articolazione di un livello di protezione sociale assai elevato. Naturalmente anche qui era diffusa la fede marxista nella necessità di “emancipare” le donne in conformità agli obiettivi della collettività, specie in riferimento ad un paese che usciva disastrato dalla guerra, con una sovrarappresentazione demografica femminile per l'elevato numero di uomini morti durante il conflitto. Di conseguenza qui fu particolarmente necessaria e sentita la partecipazione femminile in ogni settore del mercato del lavoro. La parità fu sancita dalla Costituzione del 1949, che prevedeva che uomini e donne avessero uguali diritti, tra cui quello di lavorare e di percepire pari salario a parità di lavoro. Nel 1950, la legge per la protezione della madre e del bambino e dei diritti della donna introdusse nuove misure di sostegno pratico. L'istituzione di asili nido e di svariate strutture per l'assistenza dei bambini, il miglioramento dei servizi medici e ospedalieri, il diritto al lavoro e l'aumento dei sussidi finanziari, tutto sottolineava il sostegno dello stato alla donna. Peter Molloy sottolinea che “in pratica, questa emancipazione delle donne della Germania Est era vera solo fino a un certo punto. Tuttavia, il fatto che alcune donne ricoprissero ruoli di responsabilità e posizioni di potere nella vita professionale e pubblica, e che gli uomini riuscissero ad accettare l'autorità di una donna sul lavoro, e che altri si lasciassero mantenere dalla moglie, tutto contribuiva a ridefinire il rapporto tra i due sessi”.
[…] Nella RFT la legge di uguaglianza dei diritti venne varata nel 1957: tale provvedimento cancellò la supremazia maschile e definì i doveri dei coniugi come equivalenti, ma legati rispettivamente al sesso: al marito toccava il lavoro remunerato, alla moglie la famiglia (secondo un principio simile a quello fissato anche nella costituzione della cattolica Irlanda nel 1937). La moglie quindi, diversamente dal marito, poteva esercitare una sua attività solo se, dal punto di vista del marito, essa non contrastava con i suoi doveri familiari. Con ciò veniva fissato non solo il predominio maschile, ma anche il doppio lavoro femminile […]. Inoltre la Corte suprema federale tedesca del lavoro dichiarò incostituzionale nel 1955 la tradizionale deduzione per le donne, per la quale i salari femminili erano calcolati in percentuale ai salari maschili. In relazione a tale decisione molti imprenditori introdussero nuove tariffe per i cosiddetti lavori leggeri, formalmente fondate sulla forza fisica piuttosto che sul sesso del lavoratore, ma in realtà riservate alle lavoratrici. Questa forma indiretta di discriminazione resistette per lungo tempo sia nell'intervento legale sia in quello giudiziale […]. Nel frattempo nella DDR veniva festeggiata, come fine del “sistema imperialistico”, la trasformazione del diritto di famiglia in senso paritario (1965). Nella Germania occidentale fu decisiva la riforma del diritto matrimoniale del 1976: era affare dei coniugi decidere sulla divisione del lavoro all'interno della famiglia e fuori di essa (la stessa libertà e uguaglianza venne fissata nel 1976 anche dalla costituzione portoghese, appena uscita dalla dittatura di Salazar durata mezzo secolo). Si consideri che nel 1974 le casalinghe della Germania occidentale erano sei milioni, cioè meno della metà di tutte le donne fra i 18 e i 54 anni […]. Nella Germania Est veniva corrisposto un premio alla nascita del terzo figlio e di ogni figlio successivo e, dalla metà degli anni Settanta, fu introdotto un anno di congedo pagato per le madri dal secondo figlio in poi (era così anche nell'URSS), mentre la Germania Ovest seguì il nuovo modello occidentale, rivalutando la paternità: dal 1986 alla madre o al padre oppure a turno spettano ferie pagate per dedicarsi alla cura e all'educazione dei figli (all'inizio si trattava di 10 mesi che poi vennero estesi fino a 3 anni). Nella Germania Est invece il lavoro domestico e per la famiglia rimase affidato alle donne, ma l'ideale sociale era quello della donna lavoratrice a tempo pieno, con la famiglia o senza, e questo a causa delle esigenze dell'economia, dei salari bassi e dell'ideologia dell'emancipazione per mezzo del lavoro extradomestico. Quell'ideale fu realizzato tramite la graduale istituzione di asili (spesso per bambini dai due mesi in poi). La quota ufficiale del lavoro femminile nel 1989 era del 91% anche se in realtà, secondo i criteri validi in Occidente, la quota non superava l'81% (contro il 55% della Germania federale). Altra differenza interessante è l'approccio verso il lavoro part-time: nella RFT essa andò di pari passo con la terziarizzazione dell'economia e fu incentivata per le donne, di modo da consentire loro di proseguire anche il loro ruolo in famiglia. Nella RDT invece il part-time si affermò tra molti contrasti e dibattiti ideologici, ma nonostante sia stato introdotto sull'idea di agevolare l'ingresso delle donne nel lavoro a tempo pieno sembra piuttosto che sia stato sfruttato da molte donne per uscirne e diminuire il proprio sovraccarico di lavoro […]. Dalla riunificazione della Germania (è del 1989 la caduta del famoso muro di Berlino) ad oggi continua a permanere una certa divisione delle condizioni tra donne dell'area occidentale e orientale, dovute allo squilibrio complessivo che tuttora sussiste tra le due aree in seguito alla “conversione” del settore orientale all'economia capitalistica, con tutte le conseguenze che abbiamo già visto essersi verificate nel complesso dell'Europa dell'est […]. Nonostante i progressi avvenuti su scala locale ed europea sono rimaste alcune problematiche anche nella Germania unita. Nel 1998 ad esempio, se le donne ammontavano a un quarto dei parlamentari, erano presenti in misura inferiore al 3% tra i vertici direttivi delle 70 mila maggiori aziende del paese […]. Secondo un'indagine Eurostat del 2007 in Germania le donne, calcolando lavoro domestico ed extradomestico, lavoravano in media sei ore in più al giorno rispetto agli uomini […]. Nelle ultime analisi risulta che il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è oggi al 67,7%, inferiore di circa 10 punti percentuali rispetto agli uomini. Quasi la metà (il 45,1%) delle donne lavora con un contratto part-time (mentre gli uomini che hanno tale contrattualità sono il 9,1%), il che contribuisce a rendere alto il gender gap retributivo, attestato al livello elevato del 23,1%. La segregazione orizzontale si manifesta anche qui già nel settore dell'istruzione (che ricordiamo: non prevede programmi educativi fondati su progetti gender), con una sovrarappresentazione di donne nei settori tipicamente femminili (educazione, salute e medicina, discipline umanistiche) e una sottorappresentazione in quelli tipicamente maschili come l'ingegneria e nel complesso delle discipline scientifiche. La segregazione orizzontale è leggermente più accentuata rispetto alla media dell'UE-27 a livello settoriale, mentre la differenza aumenta se si considera il livello professionale. Assai forte anche la segregazione verticale dove tuttora le donne ai vertici dell'economia rappresentano la percentuale del 16%».
42. F. Giudice, La condizione femminile odierna fra parità formale e disuguaglianza sostanziale, cit. In questo caso si fa riferimento al capitolo 3.5 La Germania.