3.1. IL MARESCIALLO TITO
Josip Broz nasce a Kumrovec il 7 maggio 1892, in Croazia, regione che si trova in quegli anni sotto il dominio dell'Impero asburgico. I suoi genitori sono di due nazionalità diverse: il padre è croato, la madre è slovena. Il giovane Josip svolge numerose mansioni: si fa le ossa come apprendista fabbro, poi dai 12 ai 18 anni lavora in una fabbrica metallurgica slovena.
Successivamente diventa Sergente Maggiore e poi Ufficiale. Nel corso della prima guerra mondiale combatte nelle file dell'esercito austriaco contro la Serbia. Nel 1914 viene chiamato sul fronte russo, in Galizia e rimane gravemente ferito nel corso di un combattimento in Bukovina. Dopo qualche mese il suo battaglione viene sconfitto e tutti i soldati diventano prigionieri dei russi. Nel 1916 è condannato ai lavori forzati in un campo degli Urali. Nel 1917 viene arrestato per avere capeggiato una protesta portata avanti dai prigionieri di guerra. Broz riesce a fuggire a San Pietroburgo, unendosi ai manifestanti. Viene nuovamente rinchiuso in carcere per quasi un mese in Finlandia. Nel 1918 viene ammesso nel Partito bolscevico russo. Nel 1920 Josip Broz partecipa alla fondazione del Partito comunista tenutasi a Zagabria. Nel 1928 è nuovamente arrestato perché in possesso di armi clandestine. Finita la sua detenzione in carcere, torna nel suo paese natale, Kumrovec, operando in clandestinità sotto lo pseudonimo di Tito. Poco tempo dopo Tito torna a Mosca, con l'obiettivo successivo di far operare il Partito comunista jugoslavo legalmente nella vita politica del paese. Josip Broz torna in Jugoslavia nel 1937 alla testa di un gruppo di qualche migliaio di uomini. Il 6 aprile 1941 la regione jugoslava è invasa dalle truppe italo-tedesche (con l'appoggio di truppe ungheresi) che conducono le peggiori efferatezze possibili. Il 22 giugno (giorno del lancio dell'Operazione Barbarossa contro l'Unione Sovietica), nella foresta di Brezovica presso la città di Sisak, in Croazia, i partigiani jugoslavi formano la famosa Prima Brigata Partigiana di Sisak, per la maggior parte composta da croati della vicina città, una delle prime formazioni militari antifasciste in Europa. Lo stesso giorno 49 uomini della Brigata attaccano un treno della riserva tedesca. Il 4 luglio, in una riunione del Comitato Centrale, Tito viene nominato Comandante Militare dell'Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia e lancia la mobilitazione generale per la resistenza. I partigiani comunisti iniziano un'estesa e vittoriosa campagna di guerriglia, liberando intere regioni del paese. Le attività dei partigiani provocano diverse ritorsioni dei tedeschi e degli ustascia (nazionalisti croati, collaborazionisti) insediatisi in Croazia, contro i civili, che sfociano in eccidi feroci (100 civili uccisi per ogni soldato tedesco morto; 50 per ogni tedesco ferito). Tito intuisce che queste tremende rappresaglie degli occupanti possono costituire un'opportunità, un importante fattore di aggregazione e di mobilitazione dell'intera popolazione a favore della resistenza armata. In questa area balcanica il tradizionale dovere della vendetta è infatti fattore più efficace rispetto al culto di una patria inesistente. È la vendetta a mobilitare la popolazione contro le forze di occupazione. Tito, incurante delle rappresaglie, colpisce duramente gli invasori, arrecando loro gravi perdite in termini di uomini e di equipaggiamento ed obbligandoli a distogliere soldati da altri fronti. Forte infine dell'esercito partigiano più forte d'Europa (con oltre 800 mila uomini raggruppati in 4 armate), Tito riesce nell'impresa di liberare l'intera Jugoslavia dalle truppe nazifasciste senza l'aiuto militare diretto di nessun esercito alleato. Durante l'intero periodo dell'occupazione si calcola che muoiano circa un milione di jugoslavi, a fronte di assai più ridotte perdite militari di tedeschi e italiani. Non stupisce che al termine della guerra si diffondano violenze verso i responsabili delle atrocità di guerra, quanto meno verso quelli che non hanno fatto in tempo a scappare. Le prime libere elezioni decretano la vittoria del leader del Partito comunista jugoslavo che, forte della carica di Primo Ministro e Presidente della Jugoslavia dal 1953 al 1980, inaugura un'epoca di stabilità politico-sociale, ponendo termine alle diffuse violenze e all'instabilità strutturale della regione, costruendo quella Repubblica Jugoslava Socialista che per oltre 30 anni ha garantito una crescita costante dell'economia e un crescente benessere tra la popolazione.25
Successivamente diventa Sergente Maggiore e poi Ufficiale. Nel corso della prima guerra mondiale combatte nelle file dell'esercito austriaco contro la Serbia. Nel 1914 viene chiamato sul fronte russo, in Galizia e rimane gravemente ferito nel corso di un combattimento in Bukovina. Dopo qualche mese il suo battaglione viene sconfitto e tutti i soldati diventano prigionieri dei russi. Nel 1916 è condannato ai lavori forzati in un campo degli Urali. Nel 1917 viene arrestato per avere capeggiato una protesta portata avanti dai prigionieri di guerra. Broz riesce a fuggire a San Pietroburgo, unendosi ai manifestanti. Viene nuovamente rinchiuso in carcere per quasi un mese in Finlandia. Nel 1918 viene ammesso nel Partito bolscevico russo. Nel 1920 Josip Broz partecipa alla fondazione del Partito comunista tenutasi a Zagabria. Nel 1928 è nuovamente arrestato perché in possesso di armi clandestine. Finita la sua detenzione in carcere, torna nel suo paese natale, Kumrovec, operando in clandestinità sotto lo pseudonimo di Tito. Poco tempo dopo Tito torna a Mosca, con l'obiettivo successivo di far operare il Partito comunista jugoslavo legalmente nella vita politica del paese. Josip Broz torna in Jugoslavia nel 1937 alla testa di un gruppo di qualche migliaio di uomini. Il 6 aprile 1941 la regione jugoslava è invasa dalle truppe italo-tedesche (con l'appoggio di truppe ungheresi) che conducono le peggiori efferatezze possibili. Il 22 giugno (giorno del lancio dell'Operazione Barbarossa contro l'Unione Sovietica), nella foresta di Brezovica presso la città di Sisak, in Croazia, i partigiani jugoslavi formano la famosa Prima Brigata Partigiana di Sisak, per la maggior parte composta da croati della vicina città, una delle prime formazioni militari antifasciste in Europa. Lo stesso giorno 49 uomini della Brigata attaccano un treno della riserva tedesca. Il 4 luglio, in una riunione del Comitato Centrale, Tito viene nominato Comandante Militare dell'Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia e lancia la mobilitazione generale per la resistenza. I partigiani comunisti iniziano un'estesa e vittoriosa campagna di guerriglia, liberando intere regioni del paese. Le attività dei partigiani provocano diverse ritorsioni dei tedeschi e degli ustascia (nazionalisti croati, collaborazionisti) insediatisi in Croazia, contro i civili, che sfociano in eccidi feroci (100 civili uccisi per ogni soldato tedesco morto; 50 per ogni tedesco ferito). Tito intuisce che queste tremende rappresaglie degli occupanti possono costituire un'opportunità, un importante fattore di aggregazione e di mobilitazione dell'intera popolazione a favore della resistenza armata. In questa area balcanica il tradizionale dovere della vendetta è infatti fattore più efficace rispetto al culto di una patria inesistente. È la vendetta a mobilitare la popolazione contro le forze di occupazione. Tito, incurante delle rappresaglie, colpisce duramente gli invasori, arrecando loro gravi perdite in termini di uomini e di equipaggiamento ed obbligandoli a distogliere soldati da altri fronti. Forte infine dell'esercito partigiano più forte d'Europa (con oltre 800 mila uomini raggruppati in 4 armate), Tito riesce nell'impresa di liberare l'intera Jugoslavia dalle truppe nazifasciste senza l'aiuto militare diretto di nessun esercito alleato. Durante l'intero periodo dell'occupazione si calcola che muoiano circa un milione di jugoslavi, a fronte di assai più ridotte perdite militari di tedeschi e italiani. Non stupisce che al termine della guerra si diffondano violenze verso i responsabili delle atrocità di guerra, quanto meno verso quelli che non hanno fatto in tempo a scappare. Le prime libere elezioni decretano la vittoria del leader del Partito comunista jugoslavo che, forte della carica di Primo Ministro e Presidente della Jugoslavia dal 1953 al 1980, inaugura un'epoca di stabilità politico-sociale, ponendo termine alle diffuse violenze e all'instabilità strutturale della regione, costruendo quella Repubblica Jugoslava Socialista che per oltre 30 anni ha garantito una crescita costante dell'economia e un crescente benessere tra la popolazione.25
25. Fonti usate: Encyclopaedia Britannica, Josip Broz Tito, a cura di I. Banac, Britannica.com; Enciclopedia De Agostini, Tito (rivoluzionario e uomo politico), Sapere.it.