21 Novembre 2024

3.08. LA SEGRETERIA DI LONGO

Per una presentazione organica di Luigi Longo lasciamo la parola a Alexander Höbel194:
«“Nella vita di Longo si riflette la storia del Partito”. Così scriveva Palmiro Togliatti sull’Unità, in occasione del sessantesimo compleanno del “comandante Gallo”. E nel discorso commemorativo tenuto nel 1980, Berlinguer ribadiva: “Del Partito comunista italiano Longo è stato costruttore e figlio al medesimo tempo, testimoniando che cosa sia e debba essere un vero comunista e un autentico rivoluzionario”. L’intreccio tra la vita di Longo e la storia del PCI è in effetti strettissimo, tanto che in diversi momenti i due percorsi sembrano addirittura sovrapponibili. Dal Congresso di Livorno al dibattito sulla “svolta” del 1929, dalla politica di fronte popolare alla guerra di Spagna, dalla Resistenza alla costruzione del “partito nuovo”, fino all’assunzione della Segreteria del Partito nel 1964, Gallo è presente con un ruolo di protagonista in tutti i passaggi-chiave della storia del PCI.
Longo si iscrive alla Gioventù socialista nel 1920, all’indomani del rientro a Torino dopo l’esperienza della leva militare, che gli ha rivelato nel modo più evidente quella realtà della divisione in classi della società che già aveva avuto modo di intravedere nell’infanzia passata a Fubine e negli anni adolescenziali trascorsi a Torino, nella zona operaia di Barriera di Milano. La Prima guerra mondiale, la Rivoluzione d’Ottobre e l’influsso della propaganda socialista nelle fila stesse dell’esercito, contribuiscono alla presa di coscienza di Longo, che quindi si iscrive alla Fgsi. A Torino egli ha modo di conoscere Gramsci: come giovane socialista, lo scorta spesso nel percorso tra la Camera del Lavoro e la redazione dell’Ordine Nuovo, e ha modo quindi di ascoltarne le riflessioni. Tuttavia su Longo – che intanto è diventato segretario del gruppo studentesco torinese – è forte l’influenza delle posizioni di Bordiga, viste come “taglio netto” rispetto a quella tradizione socialista che nella vicenda dell’occupazione delle fabbriche ha rivelato tutta la sua inadeguatezza. A Torino peraltro la collaborazione tra ordinovisti e bordighiani è molto stretta. Longo aderisce quindi naturalmente alla frazione comunista del Psi, ed è Giovanni Parodi, uno dei leader operai più noti e amati del capoluogo piemontese, a proporlo nella delegazione torinese al Congresso di Livorno.
2. Longo assiste quindi in prima persona alla fondazione del Partito comunista d’Italia, il 21 gennaio di 92 anni fa. In quella occasione, la stragrande maggioranza della Federazione giovanile socialista si schiera per la nascita del nuovo partito, di cui costituirà il principale “scheletro organizzativo”, dando al Pcd’I anche un carattere di rottura generazionale. Longo entra quindi nel Comitato centrale della Federazione giovanile comunista. Di fronte allo squadrismo fascista che avanza, promuove in Piemonte la formazione di squadre di difesa proletarie. È in questi mesi, dinanzi alla marea nera che dilaga con la complicità dello Stato senza trovare una risposta adeguata da parte del movimento operaio, che Longo matura il distacco dalle posizioni della sinistra bordighiana, cui imputa l’incapacità di concepire una politica di alleanze di stampo leninista, che consenta di opporsi al fascismo e riprendere il processo rivoluzionario. Fin da ora, egli sottolinea l’importanza dellavoro di massa, e di un approccio di massa, non settario, della politica del Partito, che parta dalle condizioni materiali dei lavoratori e dalle loro esigenze vitali. In questo quadro, la politica di “fronte unico” varata dall’Internazionale lo trova più che concorde. Il primo viaggio a Mosca, nell’ottobre 1922, lo mette a contatto con la realtà internazionale del movimento comunista. Longo è tra i delegati della Fgcd’I al IV Congresso del Comintern. Tornato in Italia, assieme alla sua compagna Teresa Noce assume la direzione del giornale della gioventù comunista, Avanguardia, iniziando la sua vita di “rivoluzionario di professione”. Il Partito intanto, colpito dalla repressione fascista e infine messo fuori legge dal regime, inizia la sua attività clandestina. Per militanti e dirigenti è un cambiamento di non poco conto. Metodi organizzativi e modalità dell’iniziativa politica cambiano inevitabilmente; ogni quadro assume uno o più pseudonimi: da questo momento Longo è “Gallo”. A partire dal 1926, Longo – ormai pienamente conquistato alle posizioni gramsciane – è responsabile del Centro estero della Fgcd’I, con Secchia alla guida del Centro interno. In questa veste trascorrerà vari mesi a Mosca come membro dell’Esecutivo dell’Internazionale giovanile comunista e componente della delegazione del Pcd’I presso il Comintern. Ed è proprio nelle discussioni che si sviluppano a Mosca e poi a Parigi sulla linea che il Partito deve adottare dinanzi alla fascistizzazione crescente del paese, che matura la politica della “svolta”. Assieme a Secchia, Longo va a costituire una “nuova sinistra”, molto diversa da quella bordighiana, nell’ambito del gruppo dirigente. Prendendo le mosse dal “fallimento dell’Aventino” e dall’inesistenza in Italia di forze che possano lottare per una Assemblea costituente, Gallo chiede di abbandonare tale parola d’ordine, lanciata da Gramsci due anni prima: occorre “legare all’avanguardia proletaria per la lotta rivoluzionaria le masse che seguivano l’Aventino” – osserva – e a ciò “risponde la parola d’ordine del Governo operaio e contadino”. Come ricorderà lo stesso Longo, lui e Secchia “avevano la sensazione […] che qualcosa stava radicalmente mutando nella situazione del paese e che, perciò, piuttosto che appellarsi alla continuità di una linea politica” e a parole d’ordine poco mobilitanti, occorreva porre al centro il tema del potere, ribadire l’obiettivo di un cambiamento radicale, e soprattutto “mettere in primo piano la presenza organizzata del partito” in Italia, ferma restando l’esistenza del Centro estero e della stessa Segreteria oltre confine. Sebbene in una prima fase queste posizioni restino in minoranza, Longo diviene membro candidato dell’Ufficio politico del Pcd’I, tra i responsabili del nuovo Centro interno, e infine membro della Segreteria. In Italia, intanto, i primi effetti della crisi economica stanno stimolando una nuova “combattività delle masse”, una disponibilità, soprattutto “della gioventù operaia, studentesca, a una più attiva partecipazione alla lotta”. Di qui la necessità che il Partito raccolga e diriga questa spinta. “Bisogna – dice Longo nel suo progetto di documento sulle questioni organizzative – che tutto l’apparato del partito […] sia decisamente orientato verso il ritorno in Italia non solo come lavoro (il che è sempre stato) ma anche come sede”. Il dibattito si trascina a lungo, ma il mutare della situazione italiana, assieme alla “svolta a sinistra” dell’Internazionale, che erroneamente prefigura l’inizio di una nuova fase offensiva nelle lotte del proletariato, fanno pendere la bilancia dalla parte di Longo, anche grazie alla capacità di Togliatti di tenere sempre “dentro” il dibattito del gruppo dirigente le posizioni di Gallo, e alla capacità di quest’ultimo di criticare senza rompere, conservando sempre uno stile di rapporti franco e leale.
Con l’appoggio di Secchia, ma anche di Ercoli, di Grieco e della Ravera, dunque, la svolta passa. Su questo si consuma la rottura con Tresso, Leonetti e Ravazzoli. Ma sarà proprio questa politica – pur con i suoi errori di valutazione sulla radicalizzazione delle masse e con gli alti costi umani che implicherà – a consentire quella capillare presenza dei comunisti nel paese, e quell’emergere di una nuova leva di quadri, che saranno alla base della loro egemonia nella lotta antifascista e poi nella Resistenza. All’inizio del 1930, quindi, a Longo è affidata la responsabilità dell’Organizzazione. Nelle sue direttive egli esorta a riprendere il proselitismo fra gli operai, rafforzare la Cgdl clandestina, costituire comitati di lotta e “squadre di difesa” antifasciste, agendo al tempo stesso – come suggerito da Ercoli – all’interno dei sindacati fascisti. Nei mesi seguenti, i risultati non mancheranno, anche se la repressione poliziesca colpirà duramente il quadro attivo.
3. Sul modo di intendere la politica delle alleanze permarrà peraltro una differenza di approccio rispetto a Ercoli, di cui la corrispondenza del 1932-33 fra i due dirigenti – Longo a Mosca come rappresentante del Pcd’I presso il Comintern e Togliatti a Parigi al vertice del Partito – è una testimonianza di grande interesse. A partire dal 1934, però, le distanze tornano ad attenuarsi, e sulla base della correzione di rotta operata dal Comintern rispetto alla linea del “socialfascismo”, Gallo è protagonista della politica dei fronti popolari. Rientrato a Parigi, Longo firma assieme a Nenni un primo manifesto unitario coi socialisti, contro il fascismo e la guerra, base del patto di unità d’azione tra i due partiti. Alla vigilia dell’aggressione fascista all’Etiopia, egli pone al gruppo dirigente del Pcd’I la prospettiva della creazione di un fronte popolare in Italia, ma anche l’obiettivo del “partito unico operaio”. “Il proletariato unito” – afferma – “è condizione per il raggruppamento attorno ad esso di tutti gli strati malcontenti della popolazione, di tutti quelli che vogliono farla finita con il […] fascismo”. Per Gallo, dunque – ora è lui a venire sulle posizioni di Togliatti – la rivoluzione italiana deve essere una “rivoluzione popolare antifascista”, in cui il proletariato sia alla testa di un fronte di alleanze più vasto. Il Patto consente inoltre ai comunisti italiani che operano in Francia di rafforzare la dimensione di massa della loro iniziativa; e Cerreti ricorderà Longo come “il più entusiasta” di ogni “iniziativa che ci faceva uscire dai confini del lavoro cospirativo”. La politica di fronte popolare peraltro non si ferma ai socialisti, ma mira a un dialogo costruttivo anche con repubblicani, Giustizia e Libertà ecc. Gallo – da sempre tra i più critici verso Gl – polemizza vivacemente con Rosselli, ma un incontro che ha luogo tra i due dirigenti consente di avviare un dialogo più costruttivo. In breve Longo si convince che, nonostante le differenze di fondo che separano i comunisti da Giustizia e Libertà, quest’ultima dev’essere parte integrante del “fronte popolare” da costruirsi in Italia. Tuttavia il suo obiettivo resta quello del “partito unico del proletariato”, col Psi “ufficiale” e col Partito massimalista. Longo intanto coglie il processo di internazionalizzazione del fenomeno fascista, ed è tra i più tenaci nel tentare di contrastarlo. All’indomani dell’aggressione all’Etiopia da parte dell’Italia, è tra gli organizzatori del Congresso di Bruxelles contro la guerra e il fascismo. Alla fine di agosto del ’36, poco dopo la sollevazione di Franco e lo scoppio della guerra civile, è già in Spagna, dove organizza la componente italiana di quelle Brigate internazionali che – dopo l’appello di Stalin a favore del governo repubblicano e sotto la spinta del Comintern – diventano un fenomeno di massa. In Spagna il “comandante Gallo” diventa leggendario e – come ha scritto Spriano – si rivela, “per il suo spirito pratico e per le sue doti umane”, l’uomo adatto a risolvere le situazioni più delicate. Il suo ruolo di ispettore generale delle Brigate internazionali, che raccolgono circa 50.000 volontari di 52 paesi, è innanzitutto un ruolo di direzione politica, che egli alterna ai frequenti rientri a Parigi per organizzare nuove partenze di volontari verso il fronte. Longo avverte la necessità di chiarire al massimo l’impostazione politica delle Brigate internazionali, che intende come parte integrante dell’esercito repubblicano spagnolo; al tempo stesso è molto attento al terreno della comunicazione e della propaganda. Non è un caso se anche sotto il suo impulso inizia una serie di trasmissioni radiofoniche dedicate alle Brigate. Nel discorso inaugurale Gallo sottolinea l’importanza della solidarietà internazionalista che si sta sviluppando, ma lancia anche un primo messaggio agli italiani che combattono sul fronte opposto, “ingannati” dalla “demagogia fascista”; un messaggio che rilancerà nel corso della battaglia di Guadalajara, che metterà di fronte italiani ad altri italiani: in quella occasione saranno lanciati nelle linee nemiche migliaia di volantini, i cui testi saranno anche letti e diffusi tramite altoparlante, con un approccio “pedagogico” e comunicativo che trasformerà quella battaglia in una enorme vittoria politica.
4. Terminata la guerra civile spagnola con la sconfitta della Repubblica, nel settembre 1939, con l’invasione tedesca della Polonia, inizia la seconda guerra mondiale. L’Urss, al fine di guadagnare tempo, ha appena siglato un patto di non aggressione con la Germania. Per la Francia invece l’attacco tedesco è imminente. Per i comunisti che si trovano nel paese la situazione è molto difficile; Longo viene arrestato lo stesso giorno dell’attacco tedesco alla Polonia. Dopo un mese di carcere, è recluso prima nello stadio Rolland Garros, poi nel campo di internamento del Vernet, dove rimarrà fino all’autunno del ’41. All’inizio del ’42 l’Italia fascista ottiene la sua estradizione. Confinato a Ventotene, Gallo ritrova molti altri dirigenti comunisti, da Pietro Secchia a Camilla Ravera. Il confino durerà fino alla caduta del fascismo, nell’estate 1943. Appena libero, Gallo è tra i principali promotori della Resistenza: il suo Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale contro l’occupazione e la minaccia di colpi di mano da parte dei tedeschi è il documento fondativo del movimento di liberazione. Assieme a Secchia, Gallo promuove e organizza le Brigate Garibaldi. Contemporaneamente è il principale dirigente del PCI nell’Italia occupata. Ancora una volta la dimensione politica e di massa di un’iniziativa che è anche militare è affermata da Longo con grande forza. E anche qui egli insiste sulla necessità di un’organizzazione unitaria sul piano militare, che consenta di coordinare fino in fondo le forze, accantonando – sia pure temporaneamente – le differenze politiche. È con questo spirito che Gallo guiderà il Corpo volontari della libertà assieme a Parri e Cadorna; e la costituzione stessa del Cvl è una vittoria della politica sostenuta da lui e in generale dal PCI. È questa impostazione, assieme alla lotta costante contro ogni forma di passività e attendismo, che consente ai comunisti di essere la forza egemone della Resistenza, e a quest’ultima di risultare vittoriosa.
5. Dopo la Liberazione, Longo è tra i massimi dirigenti del partito nuovo. È tra i pochi a insistere sul tema della pianificazione di settori strategici dell’economia, esaltando forme di controllo dal basso e chiedendo la nazionalizzazione delle industrie chiave. Al V Congresso tiene una relazione sulla prospettiva del “partito unico della classe operaia”, che non sia la mera sommatoria di PCI e Psi, ma la base di una più ampia unificazione di tutte le forze “sinceramente democratiche e progressive”. Subito dopo, è eletto vicesegretario di Togliatti, con Secchia responsabile dell’Organizzazione. Negli anni seguenti, sarà deputato, alla Costituente e poi alla Camera. Rappresentante del PCI nella riunione costitutiva del Cominform, tiene testa alle critiche di Zdanov. Dopo le elezioni del ’48, Longo rilancia l’idea di un’ampia alleanza delle forze progressiste di fronte a una situazione in cui “lo Stato italiano torna ad essere in modo pieno e aperto lo strumento dei gruppi industriali e agrari più reazionari”. Siamo ormai all’inizio della guerra fredda e del duro confronto coi governi centristi. In quegli anni Longo è tra l’altro il principale animatore del giornale Vie Nuove che rappresenta un primo, avanzato tentativo di usare i mezzi di comunicazione di massa in termini popolari, divulgativi ma al tempo stesso con quell’intento di pedagogia politica e civile che caratterizzava il PCI. Dopo la strage di Modena, Longo chiede il divieto dell’uso di armi da fuoco da parte della polizia. Al VII Congresso denuncia la gravità della reazione antipopolare in atto e propone la nascita di “un largo fronte del lavoro”, che alle lotte per la pace e la difesa della Costituzione affianchi la lotta per l’attuazione del Piano del lavoro proposto dalla CGIL. L’attenzione di Longo, dunque, è sempre rivolta alla tenuta democratica del paese e ai suoi possibili progressi. Alla vigilia dell’VIII Congresso, è lui a definire la Costituzione come “il programma stesso del partito”, asse fondamentale della “via italiana al socialismo”.
6. L’asse con Togliatti-Longo è dunque decisivo per molto tempo, e al momento della morte del segretario, nel 1964, la successione appare naturale e scontata. Eletto segretario del Partito, Longo dà subito un’impronta nuova a questo ruolo, avviando una direzione collegiale in cui egli è una sorta di primus inter pares, e sforzandosi di svolgere una funzione di sintesi fra le diverse letture della “via italiana al socialismo” che subito emergono, polarizzandosi attorno alle figure di Amendola e Ingrao. Più che mediare, Longo cerca di valorizzare gli elementi più vitali delle proposte dei due dirigenti, superandone le unilateralità, e “legittimandone” la circolazione – e dunque la discussione, anche aspra – all’interno del Partito. Al tempo stesso, Longo caratterizza la sua segreteria anche per gesti innovativi dal forte valore politico, dalla decisione di pubblicare il Memoriale di Yalta alla relazione alla conferenza dei Pc europei a Karlovy Vary, con la rivendicazione netta del superamento dei blocchi e di una politica di sicurezza collettiva; e in questo quadro si pongono le prime aperture alla Spd di Brandt. E ancora: il dialogo col movimento studentesco, la ripresa del rapporto unitario con l’area che fa capo a Parri e l’“invenzione” degli indipendenti di sinistra; il sostegno espresso all’esperimento di Dubcek, in cui vede anche un incoraggiamento per la stessa “via italiana”; e infine la condanna dell’intervento del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia, non perché Longo non veda i pericoli che si addensano in quella situazione, ma perché non condivide il modo di affrontarli. Il suo dunque è un nuovo internazionalismo, che raccoglie e sviluppa la riflessione dell’ultimo Togliatti. Ma l’elemento principale dell’impostazione di Longo segretario è il tema della democrazia, inteso sia come lotta contro tutti i tentativi di involuzione autoritaria dello Stato, sia come affermazione del legame inscindibile fra lotta democratica e lotta per il socialismo, fra democrazia rappresentativa e forme di gestione diretta da parte dei lavoratori organizzati nei gangli vitali della società. Specie dopo il 1968, egli rilancia con forza questa tematica, sottolineando ancora una volta la centralità della partecipazione e dell’iniziativa di massa. Colpito da ictus alla fine del 1968, Longo sarà affiancato da Berlinguer come vicesegretario nel febbraio ’69. Comincia allora una nuova fase della vita del Partito e della sua stessa funzione dirigente. Negli anni successivi, Longo non mancherà di far sentire la sua voce, sia nel dibattito sulla Resistenza, sia nella fase della solidarietà nazionale, rispetto a cui prenderà una posizione critica, sottolineando i rischi di quella complessa operazione politica. Qualche parola infine va detta sullo stile di lavoro di Longo, quello che si chiamava il “costume di partito”; un elemento forse sottovalutato, ma che pure è stato decisivo nel fare grande il PCI. Uno stile fatto di modestia, anti-individualismo, fiducia nel lavoro collettivo, capacità di ascolto e di sintesi, critica e autocritica; uno stile sobrio e rigoroso, ma al tempo stesso ricco di fantasia e apertura. Qualcosa da cui i comunisti del XXI secolo hanno ancora molto da imparare».

Pur nel rispetto e nell'omaggio verso il politico, il partigiano, il combattente, si può constatare da questa completa presentazione come anche Longo sia un leader rimasto sulla scia dell'elaborazione togliattiana. È sotto la sua Segreteria però che si verifica un evento importante: la prima netta condanna politica del PCI all'URSS, in occasione dell'intervento cecoslovacco del 1968. Quel che ancora era chiaro nel 1956 non viene qui già più compreso o accettato, andando ad incrinare la coscienza antimperialista e iniziando quel percorso che porterà negli anni successivi al sempre maggiore distacco dall'URSS e dai paesi socialisti, aggravando la crisi del fronte antimperialista in Europa. Si può aggiungere anche come nel famoso volume Dal socialfascismo alla guerra di Spagna, edito nel 1976, Longo abbia accettato ormai integralmente il concetto di “stalinismo”, evidenziando un netto cedimento culturale e smarcandosi ulteriormente, in peggio, da Togliatti.195
194. A. Höbel, Luigi Longo e la storia del PCI, Marx21 (web), 20 gennaio 2013.
195. L. Longo & C. Salinari, Dal socialfascismo alla guerra di Spagna, Teti, Milano 1976, cap. 3 – Lo stalinismo.

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