21 Novembre 2024

3.03. L'ATTEGGIAMENTO DI STALIN VERSO IL PCI DAL 1947 IN POI

«Nel 1954, polemizzando con Norberto Bobbio, Togliatti contrappone la carica universalistica del movimento comunista alle persistenti clausole d'esclusione proprie del mondo borghese: “Quando mai e in quale misura sono stati applicati ai popoli coloniali quei principi liberali su cui si disse fondato lo Stato inglese dell'Ottocento, modello, credo, di regime liberale perfetto per coloro che ragionano come Bobbio?” La verità è che la “dottrina liberale […] è fondata su una barbara discriminazione tra le creature umane”». (Domenico Losurdo)167
Cosa pensava Stalin di una possibile insurrezione in Italia e della guida di Togliatti?
Facciamo con Davide Spagnoli168 un piccolo passo indietro, tornando alla fine del 1947, dopo “la strigliata del COMINFORM” ma prima dell'attentato a Togliatti:
«Dal 12 al 14 dicembre 1947 Pietro Secchia, all'epoca Vicesegretario del PCI e responsabile dell'Ufficio Organizzazione, è a Mosca per una serie di incontri con 'danov e con Stalin. Il 1947 è un anno estremamente duro per il PCI. Il I maggio, come abbiamo visto, avviene la strage di Portella della Ginestra, il 2 giugno De Gasperi espelle i comunisti dal governo. Sempre in giugno continua l’attacco armato nei confronti del PCI e delle sue sedi in Sicilia, in luglio viene formata una fitta rete di organizzazioni reazionarie parafasciste, e falsi raggruppamenti comunisti e socialisti che hanno lo scopo di fare da agenti provocatori contro la sinistra.
Il nuovo governo De Gasperi fa piazza pulita di tutti i partigiani entrati nella pubblica amministrazione e in novembre viene rimosso il prefetto di Milano Ettore Troilo, l’ultimo proveniente dalla Resistenza. In tutta Italia i comunisti vengono espulsi dai luoghi di lavoro e gli ex fascisti tornano ad occupare i posti che già detenevano durante il regime di Mussolini. Si moltiplicano anche gli atti di violenza della polizia – nella quale sono fortemente presenti gli ex fascisti - nei confronti degli operai in lotta. Quindi quando Secchia giunge a Mosca il PCI è sottoposto da mesi ad un forte attacco. Durante i colloqui moscoviti Secchia, il 12 dicembre 1947, interroga Stalin chiedendogli “[…] Voi ritenete che adesso la situazione internazionale sia tale che si debba evitare nel momento attuale di trasformare la lotta in guerra civile?”.
Vale la pena leggere con attenzione quanto Stalin risponde a Secchia due giorni dopo, il 14 dicembre, “Noi riteniamo che adesso non si debba adottare la linea dell'insurrezione, ma bisogna essere pronti, nel caso il nemico attacchi. Sarebbe bene rafforzare le organizzazioni dei partigiani italiani, accumulare più armi. Sarebbe bene avere un proprio servizio di informazioni, che possa procurare notizie sui piani del nemico. Bisogna farlo, in modo che il nemico non colpisca a sorpresa. Bisogna introdurre qualcuno nei quartier generali e negli organi dirigenti dell’avversario. Se questo è difficile, allora si deve stringere conoscenza con persone che hanno notizie sul lavoro dei quartier generali e degli organi dirigenti dell’avversario. In una parola, bisogna non essere ciechi, ma avere occhi, avere un servizio di informazioni. […] Il compagno Stalin ripete che, così, in primo luogo bisogna avere un servizio di informazioni, preparare i quadri ad esso necessari, e in secondo luogo bisogna avere un servizio di sicurezza. Dal servizio di sicurezza, in seguito, può svilupparsi una forza armata, se sarà necessario. Inoltre bisogna avere propri uomini nelle forze armate del governo e nella polizia. […]” Stalin, che di insurrezioni s’intende per davvero e conosce profondamente il PCI e i suoi dirigenti, dice apertamente a Secchia che i comunisti italiani sono troppo lontani dall’avere la struttura, l’organizzazione e la massa critica anche solo per poter pensare all’insurrezione. Il Partito comunista di Togliatti, come abbiamo visto, è proiettato in direzione opposta, e infatti Stalin sottolinea come siano deboli le organizzazioni dei partigiani e scarse le armi, inesistenti il servizio informazione, la penetrazione negli apparati dello Stato e il servizio di sicurezza. Quindi la svolta di Salerno, e con essa il Partito nuovo, non sono un espediente propagandistico finalizzato a nascondere le vere intenzioni insurrezionali dei comunisti, ma rappresenta la reale e concreta trasformazione del PCI che si appresta a difendere la fragile democrazia conquistata con le armi, dandosi, per prima cosa, quella prospettiva politica di lungo respiro che farà del PCI il grande difensore della Repubblica nata dalla Resistenza. Altro che insurrezione, dice Stalin a Secchia, in questo dando un implicito riconoscimento di grande capacità politica a Togliatti, il futuro campo di battaglia per i comunisti italiani sarà la difesa della democrazia, costata al popolo italiano e alle forze democratiche e al PCI in particolare, un prezzo enorme. E nonostante la repressione e le provocazioni di De Gasperi, il Partito comunista sarà il vero fulcro dello sviluppo della democrazia italiana. Dunque anche sul piano militare il PCI non aveva preparato niente per la prospettiva dell’ora x dell’insurrezione armata».
Va aggiunto che la critica di Stalin va a colpire in questo caso direttamente Pietro Secchia, all'epoca vice segretario del PCI e responsabile dell'Ufficio quadri, colui insomma che controlla tutta la dirigenza intermedia del PCI. Quando Stalin gli dice che non ci sono le condizioni per andare avanti, si riferisce al suo operato, visto il grado e il ruolo che Secchia ricopre nel PCI. Secchia, non va dimenticato, ha commissariato tutte le federazioni dell'Emilia-Romagna, escludendo dal ruolo e dal grado tutti i segretari coinvolti nella Resistenza. La federazione di Forlì ad esempio è stata commissariata dal 1947 al 1956, con decisione presa proprio da Secchia, che resterà nei ruoli sopra citati fino all'inizio del gennaio 1955.169 La constatazione di Stalin del fatto che ormai, nonostante le critiche mosse dal COMINFORM sui tempi passati, il PCI non avesse la preparazione sufficiente per lanciare un processo rivoluzionario, può certamente essere stata fatta per ragioni politiche, ma sembra rientrare piuttosto nella logica di ritenere ormai superata dal nuovo contesto italiano e internazionale la possibilità di mettere in atto una simile decisione. Ciò non fa mancare al PCI il soddisfacimento delle richieste di supporto, come denunciato polemicamente e ipocritamente dalla borghesia italiana, che dimentica le mazzette degli USA alla DC, un sostegno economico-finanziario assai più cospicuo con cui si corrompono per decenni i funzionari statali e i vertici politici del paese. Dal verbale170 della conversazione di Stalin con Secchia (presenti anche 'danov e Malenkov):
«Il compagno Stalin dice che l’avversario ha le sue spie nel partito comunista italiano, e nonostante sia un partito ben organizzato, le spie ci sono. Anche nel nostro partito bolscevico c’erano spie. Ne abbiamo smascherate molte, ma il compagno Stalin non pensa che tutti siano stati smascherati. Il compagno Stalin dice che bisogna avere anche una propria piccola guardia composta da persone fidate. L’avversario cercherà di uccidere i migliori dirigenti del partito. Bisogna avere guardie in grado di impedirlo. […] Il compagno Stalin ripete che, per questa ragione, bisogna avere in primo luogo un servizio di spionaggio, e che a questo scopo bisogna addestrare i quadri. Secondo, bisogna avere le guardie. Dai miliziani si potrà arrivare a un esercito, se sarà necessario. Oltre a questo, bisogna avere i propri uomini nelle truppe di governo e nella polizia. Ora per quanto riguarda l’assistenza finanziaria i comunisti italiani chiedono 600.000 dollari.171 Il compagno Stalin dice che li possiamo dare anche subito e che il compagno Secchia li può portare lui stesso. Il compagno Secchia ringrazia, ma dice che bisogna discutere il mezzo di trasporto. Il compagno Stalin osserva che si tratta di 2 sacchi del peso di 40-50 chilogrammi. Il compagno Secchia risponde che il problema non è tanto nel peso, quanto nell’impossibilità per lui di trasportare legalmente questi soldi. Il compagno Stalin chiede se il compagno Secchia sia partito legalmente dall’Italia. Il compagno Secchia risponde di sì. Il compagno Stalin chiede che cosa ne pensa il compagno Secchia del mezzo di trasporto di questa somma in Italia. Il compagno Secchia risponde che, secondo lui, ci sono due strade: la prima, attraverso l’ambasciata sovietica in Italia; la seconda, attraverso qualche altro paese, per esempio, la Jugoslavia. Il compagno Secchia aggiunge che secondo Togliatti sarebbe meglio spedire i soldi con la posta diplomatica all’ambasciata sovietica in Italia, da dove i comunisti italiani potrebbero ritirarli. Il compagno Stalin dice che spedire i soldi attraverso i canali diplomatici è pericoloso perché qualcuno potrebbe lasciarsi scappare il segreto, spifferare. Se si verrà a sapere, ci saranno brutte conseguenze per i comunisti italiani. Noi non abbiamo paura, ce ne infischiamo, ma per il pc italiano sarà un danno. Cominceranno a dire che i comunisti italiani prendono i soldi dall’ambasciatore sovietico. Non è opportuno. […] Il compagno Stalin dice che sarà meglio spedire i soldi in Jugoslavia, da dove i comunisti italiani potrebbero importarli illegalmente. […] Il compagno 'danov osserva che il compagno Togliatti ha buoni rapporti con Kardelj. Il compagno Stalin chiede se il compagno Secchia non può prendere i soldi con sé fino a Belgrado, tanto più che parte con un aereo sovietico, e consegnarli a Kardelj per l’ulteriore spedizione. Il compagno Secchia accetta. Il compagno Stalin chiede quali tagli di banconote servono agli italiani, da 200 o da 25 dollari, oppure di qualche altro taglio. Il compagno Secchia risponde che sarebbe meglio avere biglietti da 100 dollari. Il compagno Stalin dice che domani, 15 dicembre, il compagno Secchia potrà ricevere questi soldi. Il compagno Secchia esprime grande gratitudine al compagno Stalin a nome del pc italiano per questo aiuto finanziario e per i consigli assai preziosi. Il compagno Stalin risponde: “Di niente”».
Segue una serie di domande con cui il leader sovietico si rassicura sulla salute di Togliatti, invitando il resto del gruppo dirigente italiano a prendersene cura. Interessante leggere anche il prosieguo del discorso, concernente la modalità organizzativa del Partito e le preferenze sulla gestione dei rapporti commerciali tra URSS e Italia:
«Il compagno Secchia chiede il permesso di fare una domanda. La direzione del pc italiano vorrebbe conoscere l’opinione del compagno Stalin a proposito della dimensione del partito: bisogna limitarne la crescita quantitativa (ora il partito conta 2 milioni e 300 mila membri) e creare un partito di quadri, oppure bisogna orientarsi verso la creazione di un largo partito di massa? Il compagno Stalin chiede se per iscriversi al pc italiano occorre passare un periodo di prova, oppure se ci si può iscrivere direttamente.
Il compagno Secchia risponde che oggi l’ammissione al partito è diretta. Prima esisteva per i candidati un periodo di prova, ma è stato abolito nel V congresso del partito del 1945. Il compagno Stalin dice che quando al partito si iscrive molta gente, bisogna impostare bene l’attività di educazione marxista, dal momento che tra i nuovi membri ci sono numerosi elementi “crudi”. Il periodo di prova presenta il vantaggio di poter preparare i quadri. Noi adesso rallentiamo l’ammissione al nostro partito. Sono stati ammessi troppi nuovi membri e non facciamo in tempo a prepararli. Ma abbiamo soltanto un partito, non ce ne sono altri. In quei paesi dove ci sono altri partiti, i comunisti non possono rallentare troppo a lungo l’iscrizione al partito dal momento che la gente può scegliere un altro partito. La situazione in Italia è questa e dunque i comunisti italiani non possono ostacolare l’iscrizione al partito, ma al tempo stesso devono rafforzare il lavoro politico tra i membri del partito. Il compagno Secchia è completamente d’accordo con il compagno Stalin. Il compagno Stalin dice che il ministro italiano Sforza si è rivolto a noi due volte con la richiesta di aprire negoziati commerciali. Noi abbiamo deciso di cominciare a trattare con il governo italiano che probabilmente ci chiederà grano e qualche merce in cambio di impianti industriali. Il compagno Stalin chiede l’opinione del compagno Secchia se vale la pena di aprire i negoziati commerciali con il governo italiano. […] Il compagno Secchia risponde che tali negoziati sono negli interessi del pc italiano e lo aiuteranno nel suo lavoro. Questo porrà fine a tutte le dichiarazioni false che circolano in alcuni strati della popolazione italiana secondo cui l’Italia può ricevere gli aiuti solo dall’America e che l’Urss, anche se volesse, non sarebbe in grado di prestare aiuti all’Italia perché non ha grano neanche per se stessa. Inoltre, i negoziati serviranno anche a denunciare la posizione del governo italiano che giustifica di fronte alle masse la sua vicinanza all’America con il fatto che l’Italia dipende economicamente dagli Usa e perciò il governo italiano non ne può fare a meno. Il compagno Stalin risponde che anche lui la pensa così e che dunque bisogna iniziare le trattative».
Sull'episodio dell'attentato a Togliatti del 1948 Stalin manda il 15 luglio (il giorno dopo) un telegramma alla direzione del PCI:
«Il Comitato centrale del Partito comunista (bolscevico) dell'URSS, è indignato per il brigantesco attentato compiuto da un essere che è al di fuori del genere umano contro la vita del capo della classe operaia di tutti i lavoratori d'Italia, il nostro amato compagno Togliatti. Il Comitato centrale del Partito comunista (bolscevico) è contristato dal fatto che gli amici del compagno Togliatti non siano riusciti a difenderlo dal vile attentato a tradimento».
Secchia ribadirà, per tale episodio:
«Insisto a dire che conoscevamo da tempo la posizione dell'Unione Sovietica. Ricordo in proposito un colloquio che ebbi con Ševljagin nell'aprile del '47 alla vigilia della crisi che ci estromise dal governo. “Compagno” gli dissi “se la crisi equivale a una messa al bando del partito e noi insorgiamo voi ci aiuterete?” “No, non possiamo, non contate su di noi”. “Eppure, compagno, non possiamo cedere così, senza la minima resistenza, alcune posizioni dovremo difenderle”. “Fate quel che volete” disse lui “ma noi non interveniamo”».
Né più né meno che il ribadire insomma la piena autonomia del PCI sulla decisione di un esito insurrezionale.171 Mentre il clima internazionale peggiora sensibilmente, con l'intensificazione delle tensioni belliche della Guerra Fredda, Togliatti il 22 agosto 1950 rimane coinvolto in un incidente automobilistico in Valle d'Aosta, uscendone con ferite di una sufficiente gravità da suscitare l'allarme tra la dirigenza italiana e sovietica.
In questo contesto viene invitato a Mosca a curarsi. Leggiamo ancora da Bocca173:
«Longo e Togliatti non pensano a una politica diversa da quella di Togliatti per il tempo di pace, e se ne è avuta la conferma il 14 luglio del 1948 dopo l'attentato; ma i sovietici potrebbero preferirli come dirigenti per un tempo di guerra o di tensione accresciuta. È con l'appoggio di Stalin che Secchia è diventato il padrone dell'organizzazione legale e illegale. I due non sono a capo di una frazione: sono la direzione di riserva».
Un diverso giudizio esprime invece Ferdinando Dubla174:
«Togliatti coniuga magistralmente due elementi che non necessariamente potevano coniugarsi: la concezione della “democrazia progressiva” e quella del “partito nuovo”. In cosa consistevano, e come li legge Secchia nella sua analisi e nel suo concreto operare? Nella visione di Togliatti, non vi era solo l’accettazione del terreno della democrazia parlamentare come spazio di contesa tra forze sociali contrapposte, ma la sfera istituzionale come prioritaria e preminente per la mutazione dei rapporti di forza. E conseguentemente il partito doveva organizzarsi intorno alla centralità politica della dialettica sociale, cessando (gradualmente) la funzione d’avanguardia leninista. Per Secchia, e lo si evince già dal memorandum che scrive per i sovietici e Stalin alla fine del ’47, la nuova democrazia parlamentare - frutto anche del ruolo progressivo avuto dalle forze popolari - era un terreno avanzato ma assolutamente insufficiente per spostare i rapporti di forza tra le classi, dovendosi preferire la centralità della lotta sociale che non poteva non avere benefiche ripercussioni nella sfera del politico. Il partito, dunque, nella sua concezione, doveva conservare la sua funzione d’avanguardia, ma questa doveva essere riconosciuta dalle masse con una linea di massa e un radicamento capillare di massa; l’organizzazione non poteva essere la ferrea compartimentazione tipica del periodo clandestino, ma la ramificazione nella società di quelle che Gramsci aveva chiamato “trincee” e “casematte”. In questo senso, la ricezione della lezione gramsciana si ha maggiormente nell’operato e nella riflessione di Secchia che non in Togliatti, sebbene sia stato quest’ultimo, che conosceva gli scritti di Gramsci molto di più di tutti gli altri dirigenti comunisti, a fregiarsi del titolo di “continuatore di Gramsci”».
Proseguiamo con Bocca175:
«A chi lo interroga, oggi, sull'opinione che i sovietici potevano avere di Togliatti nel 1950, Secchia risponde con una domanda retorica: “Voi credete che i sovietici fossero davvero d'accordo sulla politica di Togliatti? Non pensate che potessero desiderare una guida più ferma, più rigorosa?”»
Arriviamo all'invito fatto a Togliatti di recarsi a Mosca per curarsi a seguito dell'incidente automobilistico, pretesto per offrirgli la guida del COMINFORM. Bocca176:
«Stalin ha deciso di fare la prima mossa, di invitarlo per un periodo di cura nell'Unione Sovietica. Compiono la non facile ambasceria (sanno che Togliatti gradisce pochissimo i soggiorni in Russia) Longo, Secchia e D'Onofrio e gli accennano all'incarico che Stalin vorrebbe affidargli nel COMINFORM. Togliatti sembra più infastidito che preoccupato: non sospetta che Stalin voglia proporgli un incarico sostitutivo della segreteria e del partito. Secchia è già al corrente che si tratta di altro? Di togliere a Togliatti la direzione effettiva del partito? Pensiamo di sì. “Io sapevo di certo” dirà Secchia “che Stalin vedeva nella via italiana al socialismo una politica di cedimento, sapevo che non gli piaceva”. Di sicuro, Secchia appoggia la tesi sovietica secondo cui Togliatti, in Italia, corre il pericolo di nuovi attentati […].
La direzione del partito al gran completo accompagna alla stazione il leader che parte per Mosca il 17 dicembre 1950 […]. Parte con Togliatti anche Luigi Amadesi, il segretario. […] all'ingresso nella zona sovietica nell'Austria occupata, si capisce che si tratta di un viaggio particolare: un picchetto d'onore presenta le armi, poi due ufficiali sovietici in alta uniforme salgono sulla vettura e si mettono in guardia. Togliatti e Amadesi […] sanno che nella Russia di Stalin i capi dei partiti comunisti esteri possono essere equiparati, negli onori, ai capi di governo stranieri; possono e non possono, a seconda di come decide Stalin, e questa volta gli onori ci sono. […] in tutte le stazioni, anche le minori, si vedono reparti armati che presentano le armi e i dirigenti locali, impellicciati, sotto la neve, in fila sui marciapiedi. Sono proprio lì per Togliatti, si avvicinano alla vettura, rendono silenzioso omaggio. […] Alla stazione di Mosca c'è mezzo Comitato centrale, ci sono Suslov e Ševljagin, mai visti così cordiali. Si va subito a Barvika, la migliore casa di cura per i dirigenti, e i migliori medici sovietici ripetono la visita già compiuta a Vienna da uno specialista di neurochirurgia. La seconda sera che è a Barvika, mentre, in pigiama, sta dettando una lettera, Togliatti viene avvisato per telefono che Stalin in persona sta arrivando per rendergli visita. C'è da trasecolare: l'onnipotente Stalin è venuto fino a Barvika ed ora è lì nella stanza, affettuoso, simpatico, cordiale che si informa sulla salute di Togliatti, scherza […] Che cosa succede? Che cosa vuole? […] La curiosità ha termine alla Vigilia di Natale: il dittatore [l'uso del termine conferma il sostanziale anticomunismo di Bocca, nda] lo convoca al Cremlino e in due ore di colloquio a tu per tu gli espone il suo progetto. Egli è rimasto, così dice, molto turbato per la mancata vigilanza dei compagni italiani nei due attentati. No, Togliatti non dica che il secondo è stato un incidente; lui non sa a quali diaboliche astuzie possa arrivare il nemico. La vita del compagno Togliatti è preziosa, e non solo per il partito italiano; è l'intero movimento operaio che ha bisogno della sua esperienza internazionale. La situazione sta peggiorando, l'imperialismo americano prepara nuove aggressioni, forse una guerra; bisogna tenere in pugno i partiti comunisti dell'Europa occidentale e ricucire lo scisma jugoslavo. Chi meglio di Togliatti può farlo? Chi se non lui ha prestigio e capacità per farlo?»
Togliatti prende tempo e delega la decisione alla Direzione del PCI che, informata da Secchia e Longo, approva a maggioranza l'incarico a Togliatti di trasferirsi a Praga per guidare il COMINFORM. Togliatti però rifiuta clamorosamente l'incarico e dirà ufficialmente sull'argomento in un Comitato Centrale del PCI del 1956:
«Il contrasto più evidente e forse più grave […] ebbe luogo soltanto nel gennaio del 1951. Allora io mi recai a Mosca […] e mi trovai di fronte alla proposta del compagno Stalin che dovessi abbandonare il lavoro di segretario del PCI per assumere l'incarico di segretario generale dell'ufficio di informazione. La mia posizione fu subito contraria, e per molti motivi. Ritenevo che un simile atto, poiché non poteva non significare, davanti alla opinione pubblica, un ritorno all'organizzazione internazionale comunista, non poteva non avere ripercussioni gravi e negative nello sviluppo della situazione internazionale […]. In secondo luogo, ritenevo che non fosse giusto prendere quell'indirizzo per ciò che riguarda l'organizzazione del movimento comunista internazionale. Infine, vi erano contrarie ragioni di ordine personale. Vi furono vivaci dibattiti, ma la cosa venne risolta bene perché il compagno Stalin ritirò la sua proposta».177
Secondo Ferdinando Dubla178 il contrasto creatosi si pone in scia con la differente concezione del partito e delle sue relazioni internazionali:
«Una dialettica [quella tra Secchia e Togliatti, ndr], comunque, che ha un punto di vero e proprio scontro a cavallo tra il ’50 e il ’51, quando Secchia (e Longo) fanno approvare dalla direzione del PCI l’accettazione della richiesta sovietica di un nuovo ruolo per Togliatti come responsabile del Cominform; il che avrebbe significato un nuovo segretario del PCI in quegli anni. Togliatti rifiutò subdolamente l’incarico offertogli direttamente da Stalin ed estromise definitivamente Secchia pochi anni dopo, nel 1954, dopo avergli messo contro anche Longo e Scoccimarro. Fu preparato, insomma, il terreno organizzativo del 1956 e l’inaugurazione della “via italiana al socialismo”».
Scrive Luciano Canfora:
«se De Gasperi si alienò il Vaticano, Togliatti non ebbe vita più facile nel suo campo. È stato osservato che, dopo il rifiuto da lui opposto alla richiesta di Stalin, che lo avrebbe spostato al COMINFORM togliendolo al partito italiano, Togliatti non è più tornato a Mosca, nemmeno per il XIX congresso del PCUS (ottobre 1952), e vi è tornato solo per i funerali di Stalin (marzo 1953). Episodi ancora non del tutto chiari. Una cosa è certa: che la parte cosiddetta “resistenziale” e “insurrezionale” del PCI, rappresentata da Pietro Secchia, ha tentato di mettere in discussione – in un momento particolarmente critico – la leadership togliattiana rivolgendosi direttamente a Stalin, ma ne ricevette un rifiuto. Peraltro, proprio il XIX congresso del PCUS […] segna […] un inopinato riconoscimento della linea di condotta del partito italiano. Stalin ha assistito a quel congresso, per la prima volta però non ha tenuto il rapporto principale […], ma ha pronunciato una breve riflessione finale. In tale breve allocuzione gli unici dirigenti comunisti del mondo occidentale nominati esplicitamente sono Togliatti e Thorez. Togliatti, che non è presente ma ha inviato Luigi Longo con un suo messaggio, viene citato da Stalin come se avesse parlato lì, nel congresso. Entrambi i messaggi, quello francese e quello italiano, hanno fatto riferimento al comportamento “internazionalista” che i comunisti dei due paesi terrebbero in caso di guerra contro l'URSS, Thorez più chiaramente, Togliatti in forma più sfumata. Stalin risponde loro facendo intendere che tale “promessa” non è un regalo ai sovietici: giacché – osserva – l'impegno dei due ad impedire “che i loro popoli combattano contro l'URSS” è in primo luogo un aiuto dato ai Francesi e agli Italiani, “e poi un aiuto allo sforzo pacifico dell'URSS”. Dunque, una replica quasi pungente. Nella seconda parte invece c'è un'apertura molto esplicita verso i programmi progressisti: tali programmi, dunque non quelli di rivoluzione sociale, sono il compito attuale dei comunisti in Occidente. “La bandiera delle libertà democratico-borghesi – dice Stalin – la borghesia l'ha buttata a mare: io credo che tocchi a voi, rappresentanti dei partiti comunisti e democratici, di risollevarla e portarla avanti, se volete raggruppare attorno a voi la maggioranza del popolo”. Se dunque si vuole conquistare la maggioranza – il che resta perciò la via classica per accedere al potere – in Occidente, bisogna lottare “per le libertà democratico-borghesi”, conculcate proprio in Occidente».179
Questo passo, che certamente giustifica la politica di “democrazia progressiva” di Togliatti, non va inteso come un tradimento degli ideali rivoluzionari, ma rappresenta da parte di Stalin una doppia consapevolezza: da un lato l'accettazione degli schemi strategici gramsciani per la “lotta di posizione” in Occidente negli attuali rapporti dati, essendo ormai sfumata la possibilità di un esito rivoluzionario dopo il rafforzamento delle istituzioni imperialiste; dall'altro, ma strettamente legato al primo punto, la consapevolezza che il rischio di una guerra mondiale “totale” resti all'ordine del giorno, come attesta la guerra in Corea. Nel 1952 l'URSS non sarebbe stata in grado di supportare una rivoluzione in Italia. Le condizioni erano quindi ancora più sfavorevoli rispetto al periodo 1945-48. Resta fermo l'assunto che la posizione autorevole di Stalin non va intesa come un diktat al PCI, né come un'accettazione acritica della “via italiana al socialismo”, che anzi viene implicitamente criticata nella prima parte del discorso, sembrando ribadire piuttosto l'avviso fatto già dal COMINFORM nel 1947 di non far precedere gli interessi nazionali a quelli del movimento comunista internazionale. La concordia delle posizioni tra Stalin e Togliatti rimane in questa fase segnata da un consenso tattico, sottoponibile a continua revisione in caso di nuovi sviluppi interni ed esterni. Non la intenderà però così Togliatti, ma a questo punto peserà come un macigno anche in questo caso la “destalinizzazione” chruščeviana del 1956, anno in cui può prendere ormai avvio indisturbata la “via italiana al socialismo”.
167. D. Losurdo, La lotta di classe, cit., p. 294.
168. Citato in Redazione Noi Comunisti, La posizione di Stalin circa l'insurrezione in Italia dopo il 1945, Nocomunisti.blogspot.it, 20 settembre 2012.
169. Ibidem.
170. Redazione Controhistoria, Pietro Secchia e i 600.000 dollari di Stalin (1947). Un documento degli archivi russi, Controhistoria.wordpress.com, 13 marzo 2017; il documento appare prima in versione ridotta su La Stampa nel 1993 e successivamente nella sua versione completa a pag. 645 del libro di Valerio Riva, Oro da Mosca (Mondadori, 1999), dove viene confermata l’attendibilità del verbale sia dalla rivista russa Istocnik che lo pubblicò nel n° 5-6 del 1993, sia da Rodina, la rivista mensile edita dalla Direzione degli Archivi Russi.
171. Questo non è che uno dei tanti atti di sostegno internazionalista dell'URSS verso il PCI. Ad esempio già qualche mese prima, al termine della prima conferenza del COMINFORM: «La sera stessa in cui si chiude la conferenza gli italiani, che versano in difficili condizioni economiche, chiedono al delegato sovietico Scevliaghlin, che si occupa dei partiti italiano e francese, di procurare un finanziamento per L'Unità, e Stalin per telefono approva l'acquisto da parte russa di 20.000 tonnellate di aranci e limoni: un funzionario jugoslavo verserà la cifra della mediazione al compagno Paolo Robotti, incaricato del PCI per queste delicate operazioni». Citato in G. Bocca, Palmiro Togliatti, cit., p. 439.
172. Ivi, p. 469.
173. Ivi, pp. 485-486.
174. Aginform (a cura di), Aginform intervista Ferdinando Dubla, cit.
175. G. Bocca, Palmiro Togliatti, cit., p. 488.
176. Ivi, pp. 490-493
177. Ivi, pp. 500-501.
178. Aginform (a cura di), Aginform intervista Ferdinando Dubla, cit.
179. L. Canfora, La democrazia. Storia di un'ideologia, cit., pp. 282-283.

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