2.02. I PRIMI SINDACATI E L'IWW
Nel tracciare questa breve storia del sindacalismo operaio diamo spazio ad un’elaborazione di Serena Capodicasa7, utile soprattutto per mettere a fuoco una delle sue manifestazioni più avanzate, gli IWW, e le sue problematiche:
«Chicago, giugno 1905: “La classe operaia e la classe dei datori di lavoro non hanno nulla in comune”, con queste parole si apriva il manifesto approvato dal congresso che dava vita agli “Industrial Workers of the World” (IWW, Lavoratori industriali del mondo). Due le idee alla base della loro fondazione: unità del proletariato americano in un unico sindacato d’industria e lotta di classe per l’abbattimento del sistema capitalista; due idee forti, semplici e rivoluzionarie, alla base di un’esperienza che, sebbene breve e pionieristica, lasciò un segno indelebile nella storia del movimento operaio statunitense. A dare battesimo agli IWW, noti anche con il soprannome di “wobblies”, tra gli altri, Eugene Debs, Mother Jones, Big Bill Haywood: nomi che radicavano la nuova organizzazione nelle grandi lotte degli ultimi anni del XIX secolo. […] L’alba della lotta di classe statunitense fu caratterizzata da un’asprezza che andava di pari passo con il rapidissimo sviluppo del capitalismo industriale del paese […]. La formazione di grandi cartelli e la concentrazione di enormi profitti nelle mani di un manipolo di magnati si rifletteva infatti in modo esplosivo nello sfruttamento dei lavoratori e nello sviluppo di una lotta di classe contro la quale la classe dominante si dotò di tutti i mezzi possibili: dal massiccio ricorso al crumiraggio e ad agenzie private che infiltravano spie e provocatori negli scioperi, alla repressione aperta, con truppe federali, forze di polizia locali, guardia nazionale che attaccavano militarmente, deportavano e imprigionavano i lavoratori, in barba ad ogni simulacro di diritto civile. Allo stesso tempo veniva lasciato spazio di manovra ad una forma di sindacalismo “addomesticato” rappresentato dall’American Federation of Labor (AFL), una confederazione sindacale che promuoveva la conciliazione tra interessi padronali e proletari e basava la sua organizzazione su sindacati di mestiere che accoglievano solo operai specializzati, mantenendo separati i lavoratori di una stessa fabbrica o di uno stesso ramo industriale a seconda delle mansioni. A questo modello di sindacalismo di mestiere, alcuni sindacati cominciarono però ad opporne uno alternativo: un sindacalismo industriale che organizzava insieme tutti i lavoratori di uno stesso ramo. È ciò che fecero l’American Railway Union (ARU) che nel 1894, sotto la direzione di Eugene Debs, guidò in Illinois lo sciopero alla Pullman (che produceva vagoni letto) e la Western Federation of Miners (WFM), di cui Big Bill Haywood era segretario, con lo sciopero dei minatori di Cripple Creek (Colorado) del 1903.
“One big union”, un solo grande sindacato, era lo slogan che cominciò ad emergere da queste lotte e che portò intere organizzazioni sindacali a rispondere ad un appello lanciato nell’autunno del 1904 dai membri di alcune di esse per trovarsi “in riunione segreta per discutere modi e finalità di un’unione dei lavoratori d’America sulla base di corretti principi rivoluzionari”. […] Il 27 giugno 1905 si aprì a Chicago il congresso di fondazione degli IWW alla presenza di 186 delegati. […] Eugene Debs era presente a titolo individuale. La sua figura non era solo legata alle lotte condotte tra i ferrovieri con la ARU ma anche alla sua militanza nel Socialist Party (SP), per il quale fu candidato alle elezioni presidenziali cinque volte tra il 1904 e il 1920. […] Il ruolo che i militanti socialisti giocarono nella fondazione degli IWW non esprimeva però un legame organico con i loro partiti, anzi, il già citato manifesto recitava: “Tra le due classi deve essere ingaggiata una lotta fino a quando gli sfruttati si uniscano sia sul fronte politico che su quello industriale, e si approprino di quanto producono con il loro lavoro attraverso un’organizzazione economica della classe operaia, senza affiliazione con alcun partito politico”.
Questa presa di distanza dai partiti politici non limitava tuttavia lo scopo della nuova organizzazione alla mera lotta sindacale, la creazione di un unico sindacato industriale della classe operaia era infatti alla base di una missione ben più ambiziosa, sintetizzata nelle parole con cui Big Bill aprì il congresso: “È questo il congresso continentale della classe operaia. Siamo qui per riunire i lavoratori di questo paese in un’organizzazione operaia che avrà per fine l’emancipazione della classe dalla schiavitù del capitalismo”.
I primi anni di vita della nuova organizzazione furono caratterizzati da un intenso dibattito tra i sostenitori della necessità di affiancare il lavoro sindacale con l’attività politica di partito (in primis Debs e De Leon) e i fautori dell’“azione diretta” slegata da qualsiasi altra organizzazione, tra cui spiccavano Vincent St. John e lo stesso Big Bill. […] I cosiddetti oppositori dell’azione politica prendevano di mira in particolare il parlamentarismo che, in quanto arena concessa dallo stesso sistema capitalista, era considerato inutile e dannoso perché foriero di illusioni riformiste, così come i partiti che accettavano di muoversi in questo terreno. Il metodo rivoluzionario doveva quindi porsi al di fuori e percorrere la strada dello “sciopero generale e della rivolta”. De Leon replicava che il terreno parlamentare non poteva essere inteso solo come quello delle urne, ma anche come ambito di propaganda e agitazione politica finalizzate al reclutamento di quanti più lavoratori possibile: “l’agitazione politica fa sì che la rivoluzione possa essere predicata apertamente, e quindi fa sì che la rivoluzione possa essere portata alle masse”; “come possono le fila degli IWW, dell’esercito rivoluzionario porsi l’obiettivo di prendere il controllo dei mezzi di produzione, reclutare le forze per l’impegnativo atto finale della rivoluzione, se partono dal rifiuto del metodo civile di risolvere i conflitti offerto dalla piattaforma politica, e invece si basano esclusivamente sul principio della lotta fisica?” Al di là di una visione alquanto idealizzata del carattere “civile” e “pacifico” dell’attività politica che ricorreva più volte nei suoi contributi, De Leon toccava una questione fondamentale per le avanguardie rivoluzionarie: come conquistare le masse, senza le quali la rivoluzione non può avere gambe? La più compiuta risposta a questa domanda arrivò da parte di Lenin qualche anno dopo, nel 1920, quando cercò di correggere gli errori di settarismo dei dirigenti dei partiti comunisti, che si erano da poco formati. A questi, che ritenevano il parlamentarismo “politicamente superato”, Lenin rispondeva: “il problema consiste appunto nel non ritenere ciò che è superato per noi come superato per la classe, come superato per le masse. […] Avete il dovere di considerare con sobrietà lo stato reale della coscienza e della maturità di tutta la classe (e non solo degli elementi d’avanguardia)”. […] L’epilogo di questa discussione si consumò durante il quarto congresso, nel 1908, con la scissione della frazione di De Leon (Debs invece non si espose più di tanto in questa polemica e si allontanò un po’ alla volta dall’organizzazione), che permise alla linea di St. John di imporsi stabilmente. […]
Nella loro lotta contro il capitalismo, gli IWW ebbero sempre un approccio internazionalista (espresso tra l’altro dal loro stesso nome) che si manifestò conseguentemente nella posizione che assunsero alla vigilia dell’entrata degli USA nella Prima guerra mondiale: “Noi ci dichiariamo apertamente decisi oppositori di ogni campanilismo nazionalistico, o patriottismo, del militarismo predicato e sostenuto dal nostro unico nemico, la classe capitalista”. Una posizione che dava voce nel nuovo continente a quello stesso autentico internazionalismo proletario che ruppe con lo sciovinismo dei partiti socialdemocratici europei dando vita ai partiti comunisti e alla Terza Internazionale. Questo fu il pretesto per la classe dominante statunitense per condurre un attacco senza precedenti contro chiunque si ponesse fuori dal coro dell’isteria patriottica, un attacco che per gli IWW ebbe conseguenze irreversibili.
Messi praticamente fuori legge dalle misure repressive dell’Espionage Act, il 5 settembre 1917 le loro sedi furono assaltate in tutto il paese dalle squadre del Dipartimento di Giustizia e centinaia di attivisti arrestati, costringendo l’organizzazione a concentrare, da questo momento in poi, tutta la sua attività sulla difesa dei compagni in prigione, mentre oltreoceano, a partire dalla Russia, la guerra dispiegava le sue conseguenze rivoluzionarie. Secondo le stime di St. John, nel solo 1912 i wobblies avevano organizzato scioperi per una durata complessiva di 74 settimane, coinvolgendo oltre 75 mila lavoratori, di questi 1.446 furono arrestati.Si stima che non ebbero mai più di 150-200 mila iscritti contemporaneamente ma in oltre 3 milioni si contano le tessere distribuite negli anni. Il loro radicamento rimase concentrato prevalentemente tra i lavoratori stagionali dell’Ovest e non riuscì mai a sfondare negli insediamenti industriali degli Stati orientali, dove era abbastanza comune la pratica della doppia affiliazione agli IWW e all’AFL da parte di lavoratori che, pur simpatizzando per i wobblies, ritenevano la AFL uno strumento migliore per organizzarsi nel proprio posto di lavoro. Se nel 1897 l’AFL contava 265mila iscritti, nel 1904 questa cifra era già salita a 1.675.000, nel 1911 aveva superato i due milioni e nel 1920 sfiorava i quattro milioni. L’atteggiamento dei wobblies di fronte a questa dinamica fu di totale chiusura: “gli IWW negano che il movimento sindacale di mestiere sia movimento operaio. Neghiamo che possa diventare o che diventerà movimento operaio”. Quando nel 1912 William Z. Foster propose agli IWW di entrare nell’AFL per portare avanti una lotta di opposizione al suo interno, Big Bill rispose: “Le 28 mila sezioni dell’AFL sono 28 mila uffici di rappresentanza della classe capitalistica”. “Devono i rivoluzionari lavorare nei sindacati reazionari?”, un intero capitolo dell’Estremismo di Lenin fu dedicato a questa questione: “Non lavorare all’interno dei sindacati reazionari significa abbandonare le masse operaie arretrate o non abbastanza evolute all’influenza dei capi reazionari, degli agenti della borghesia, dell’aristocrazia operaia”, “non c’è dubbio che i signori Gompers (dirigente dell’AFL tra il 1886 e il 1924, ndr), Henderson, Jouhaux, Legien sono molto riconoscenti a questi rivoluzionari 'di sinistra' che, come l’opposizione tedesca 'di principio' (Dio ci scampi da questa 'fedeltà ai principi') o come alcuni dei rivoluzionari americani degli IWW, predicano l’uscita dai sindacati reazionari e il rifiuto di lavorare in essi”. […] Gli IWW non si ripresero mai dall’ondata repressiva scatenata con la prima guerra mondiale. […] Nel 1920 il comitato esecutivo della Terza Internazionale inviò una lettera agli IWW per invitarli a collaborare, ma la nuova dirigenza non raccolse l’invito, anzi, nel rapporto citato, Cannon scriveva che erano diventate una pratica le espulsioni dagli IWW dei membri che simpatizzavano con l’Internazionale comunista. Così, rifiutandosi di convergere con i movimenti e i partiti rivoluzionari che si erano sviluppati in Europa all’indomani della Prima guerra mondiale, quando negli Stati Uniti la reazione imperversava, gli IWW si condannarono ad un inesorabile isolamento».
7. S. Capodicasa, Dagli IWW al CIO, il sindacalismo industriale negli Stati Uniti tra radicalità e fenomeni di massa, Marxismo.net, 23 settembre 2015.