2.11. IL SINDACALISMO DAGLI ANNI '20 AD OGGI
Nel tracciare questo rapido profilo utilizziamo l’elaborazione realizzato dal coordinamento dei lavoratori Chicago8620:
«Con la fine del primo conflitto mondiale e l’eliminazione dell’IWW si chiude un’epoca. Fino ai giorni nostri non ci sarà più un’organizzazione in grado di porsi come antagonista diretta del Capitale; le organizzazioni proletarie perderanno sempre di più la loro autonomia finendo quasi sempre per essere strumenti della lotta tra correnti in seno alla borghesia. Ma ciò nonostante si svolgono processi della massima importanza. In seguito alla continua trasformazione tecnica della produzione che riduce costantemente le figure degli operai professionali a vantaggio di un numero crescente di operai massa, alle violente crisi che l’accumulazione capitalistica conosce tra le due guerre, in particolare nel ‘29, e l’aumento della disoccupazione, l’impianto organizzativo dell’AFL si rivela sempre più inadeguato. L’ostilità verso tutta la forza lavoro non qualificata preclude l’adesione al sindacato di una parte sempre più considerevole dei lavoratori, mentre si riduce costantemente la base sociale su cui questo era cresciuto nei decenni passati. Alla metà degli anni ‘30 si verifica un’importante scissione all’interno del sindacato e alcuni dirigenti costituiscono il Congress for Industrial Organization (CIO). Il principio discriminante di questa nuova organizzazione è la possibilità di adesione per la massa di operai non qualificati. I risultati sono importanti nell’immediato in quanto il CIO acquista una forza e una dimensione considerevoli. Anche in questo caso, però, le mobilitazioni operaie che rappresentano una forte spinta verso la sindacalizzazione divengono parte integrante della politica dell’amministrazione Roosvelt e della realizzazione del New Deal.
Durante il secondo conflitto mondiale, i sindacati americani si allineano alla politica dell’unità nazionale per sostenere lo sforzo bellico. Nel dopoguerra, all’interno del CIO si manifesta una forte tendenza alla ripresa delle lotte; nello stesso tempo lo stato americano accusa apertamente questa organizzazione di essere pesantemente infiltrata dai comunisti. La direzione del sindacato viene messa con le spalle al muro: o accettare di “ripulirsi” o essere considerata un’organizzazione sindacale comunista. Così, nel breve volgere di qualche anno, vengono espulsi parecchi militanti e la politica di questo sindacato perde qualsiasi, pur relativo, connotato di classe. A suggellare questo percorso, nella metà degli anni ‘50, CIO e AFL si riunificano. Prende così corpo un sindacato unico totalmente centrato su una logica corporativa che assume precisi compiti di controllo e repressione di qualsiasi pulsione verso la lotta di classe. Per circa due decenni, cioè fino alla fine degli anni ‘70, questo quadro è sembrato monolitico e un occhio disattento o superficiale poteva interpretare il carattere del sindacato corporativo come un elemento fondante dello stato americano. A partire dalla grandi ristrutturazioni degli anni ‘80 e dall’avvento del reaganismo, la realtà farà piazza pulita di molti ideologismi e presenterà il sindacato americano nella sua concreta dimensione. All’inizio degli anni ‘80, in un lasso tempo molto compresso, la condizione complessiva di benessere, relativo, del proletariato americano viene rudemente messa in discussione. L’ondata di licenziamenti nelle grandi concentrazioni industriali è considerevole. Ovviamente il sindacato non è assolutamente in grado di porre un relativo argine a queste trasformazioni e di conseguenza anche il suo potere contrattuale/corporativo viene notevolmente ridimensionato e il numero degli aderenti crolla. Nei rari casi in cui una Union particolare si oppone alla ristrutturazione interviene pesantemente la repressione (a questo proposito, basti ricordare il caso dei controllori di volo che furono tutti indistintamente licenziati per avere messo in atto un sciopero non concordato con la direzione aziendale). In America il salario è sempre stato indissolubilmente legato alle condizioni della produttività sia per settore (per esempio l’auto) sia per il singolo stabilimento e nella individualizzazione del trattamento economico attraverso il sistema della job-evaluation, producendo un sostanziale indebolimento della forza contrattuale della classe operaia. Per quanto riguarda la copertura per le malattie e il trattamento pensionistico, bisogna considerare che il salario degli occupati delle grandi concentrazione era particolarmente elevato proprio perché era “tutto in busta” in quanto le trattenute previdenziali erano minime; i lavoratori, per assicurarsi una pensione adeguata e una decente protezione in caso di malattia, dovevano rivolgersi alle assicurazioni private. Si era stabilito un accordo neanche tanto tacito tra le direzioni sindacali e il padronato per cui l’ambito di intervento delle singole Union doveva rimanere confinato all’interno di determinate concentrazioni industriali (per esempio, nel settore dell’auto i grandi stabilimenti del Nord-Est di Ford, GM e Chrysler), con il divieto di intervenire in tutto l’indotto o negli stabilimenti fuori da queste aree geografiche. Questa logica si è rivelata una vera e propria mannaia per il sindacato quando, a causa della ristrutturazione, molte case automobilistiche hanno aperto fabbriche al Sud o all’Ovest dove non era presente nessuna forma di organizzazione sindacale perché duramente impedita dalla repressione statale e/o aziendale.
A tutto ciò va aggiunto una legislazione del lavoro che varia molto secondo le aree del paese (Sud e Ovest non hanno mai avuto particolari tutele per i diritti sindacali) con una ulteriore frammentazione determinata dai regolamenti interni delle singole corporation. In sintesi, la forza corporativa del sindacato nasceva da una relativa ridistribuzione dei margini di profitto verso una parte considerevole della forza lavoro occupata negli States che ha funzionato per trenta anni, visto le condizioni favorevoli del ciclo di accumulazione. Tutta la storia del movimento operaio americano e delle sue lotte evidenzia come siano i nudi e crudi rapporti di forza a determinare vittorie e sconfitte. Inizialmente il movimento sindacale ingaggiò una dura lotta per imporsi come interlocutore del padronato, nella fase successiva il sindacato viene cooptato all’interno dello Stato per poi essere trasformato in uno strumento praticamente inutile per i lavoratori. Secondo il movimento “Occupy” di Oakland, nel 2011, la percentuale di lavoratori sindacalizzati negli Stati Uniti era dell’11,8%, circa 14,8 milioni di persone».
20. Chicago 86 - Per il coordinamento dei lavoratori in lotta, Il sindacato americano. Dall'IWW al movimento Occupy, Chicago86.org, 23 aprile 2012.