1.4. IL FASTIDIO PER IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
In una lettera del 16 febbraio 1938 indirizzata alle edizioni “Djestisdat” (Edizioni del libro per bambini) accanto al Komsol, Stalin, interpellato in proposito, si oppone alla pubblicazione di un libro dedicato alla sua persona. Ecco il testo della lettera:
«Mi oppongo energicamente alla pubblicazione del Racconto sull'infanzia di Stalin. Questo libro contiene innumerevoli affermazioni che non corrispondono ai fatti, deformazioni, esagerazioni e lodi immeritate. Gli autori finiscono per confondere i lettori, sono bugiardi (seppur, forse, in buona fede) e adulatori. So che queste considerazioni risulteranno dolorose per loro, ma un fatto resta un fatto. E non è questo il punto il più importante. Il punto il più importante è che il libro tende ad instillare nella coscienza dei bambini sovietici (e degli uomini in generale) il culto della personalità, il culto del dirigente, il culto degli eroi che non sbagliano mai. Ciò è pericoloso e nocivo. La teoria degli “eroi” e della “massa” non è una teoria bolscevica, ma una teoria dei socialdemocratici. Gli eroi danno risalto al popolo, lo trasformano da una massa in un popolo - affermano i socialdemocratici. È il popolo a dare risalto agli eroi – rispondono i bolscevichi ai socialdemocratici. Ogni libro di questo tipo aiuterà il lavoro dei socialdemocratici, e danneggerà l'insieme del nostro lavoro bolscevico».Stalin disapprova comportamenti e atteggiamenti di sottomissione nei confronti della sua persona (così come nei confronti di ogni uomo) considerandoli cosa inutile, retorica intellettuale e non comunista. Così si legge nella Lettera al compagno Schatunowski, del 1930: «Lei parla della sua “devozione” alla mia persona. Forse queste parole le sono sfuggite per caso. Forse. Se non è così, allora le consiglio di sradicare il principio stesso della “devozione” nei confronti delle persone, perché ciò non ha nulla a che vedere con il pensiero bolscevico». Anni dopo, il 23 febbraio 1946, scrive al colonnello dell’Armata Rossa professor Dr. Rasin, che aveva lodato con esaltazione l’operato di Stalin nel respingere gli attacchi della Wehrmacht nazista all'Unione Sovietica: «Persino l’orecchio è ferito per le lodi a Stalin, è semplicemente penoso leggerle».8 Sintomatico poi che nel 1949 Stalin blocchi l'iniziativa di Berija tesa a pubblicare le sue opere letterarie giovanili (principalmente poesie) sotto l'egida di Boris Pasternak e altri traduttori.9 Leggiamo inoltre quanto riporta Losurdo10 sul momento storico in cui Stalin è all'apice della popolarità internazionale. Siamo nel 1945, dopo la vittoria sul nazismo:
«Subito dopo la parata della vittoria, un gruppo di marescialli prende contatto con Molotov e Malenkov: essi propongono di solennizzare il trionfo conseguito nel corso della Grande guerra patriottica, conferendo il titolo di “eroe dell'Unione Sovietica” a Stalin, il quale però declina l'offerta. Dall'enfasi retorica il leader sovietico rifugge anche in occasione della Conferenza di Potsdam: “Sia Churchill che Truman si presero il tempo di passeggiare tra le rovine di Berlino; Stalin non mostrò tale interesse. Senza far rumore, arrivò col treno, ordinando persino a Žukov di cancellare qualsiasi eventuale piano di dargli il benvenuto con una banda militare e una guardia d'onore”. Quattro anni dopo, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, si svolge al Cremlino un colloquio che vale la pena di riportare:Leggiamo ora quanto ha scritto lo scrittore tedesco di origine ebraica Lion Feuchtwanger:
“Egli [Stalin] convoca Malenkov e lo ammonisce:
-Non si faccia venire in testa di onorarmi di nuovo con una 'stella'.
-Ma, compagno Stalin, un tale anniversario! Il popolo non capirebbe.
-Non si richiami al popolo. Non ho l'intenzione di litigare. Nessuna iniziativa personale! Mi ha capito?
-Ovviamente, compagno Stalin, ma i membri del politbjuro sono dell'opinione...
Stalin interrompe Malenkov e dichiara che la questione è chiusa”.»
«Di tutti gli uomini potenti che ho conosciuto, Stalin è il più semplice. Parlai con lui francamente del culto smisurato e privo di gusto dedicato alla sua persona ed egli rispose altrettanto francamente. Mi disse che gli dispiaceva dover perdere tanto tempo per i suoi doveri rappresentativi. Ciò può essere facilmente creduto; perché Stalin, come mi è stato dimostrato con molti esempi documentati, è incredibilmente attivo e si occupa di ogni particolare, di modo che non gli resta effettivamente tempo per le cortesie e gli omaggi superflui. Su cento telegrammi di omaggio che gli pervengono, fa rispondere in media ad uno. Personalmente è molto positivo, fin quasi alla scortesia e gli piace che il suo interlocutore sia altrettanto positivo. Egli scrolla le spalle sulla mancanza di gusto dell'esagerata adorazione della sua persona. Scusa i suoi contadini ed operai che avrebbero avuto troppo da fare per poter occuparsi anche del gusto e scherza sulle centomila immagini enormemente ingrandite di un uomo con baffi che nelle dimostrazioni passano sotto i suoi occhi. Gli faccio notare che uomini di indubbio cattivo gusto pongono statue e busti di Stalin anche dove proprio non ci vorrebbero, ad esempio alla esposizione di Rembrandt. Allora diventa serio. Egli sospetta che dietro simili esagerazioni stia lo zelo di uomini che si siano convertiti tardi al regime ed ora tentino di dimostrare la loro fedeltà con aumentata intensità. Anzi, egli ritiene possibile che dietro ad essa sia nascosta l'intenzione di sabotatori e che in tal modo cerchino di screditarlo. “Un pazzo servile” dice irritato, “produce più danno di cento nemici”. Se tollera tutto quel fracasso, dichiara egli, lo fa perché sa quanta ingenua gioia il baccano festivo procura a coloro che lo hanno preparato e che non è dedicato alla sua persona, ma al rappresentante del principio che la ricostruzione dell'economia socialista nell'Unione Sovietica è più importante della rivoluzione permanente. I comitati del partito di Mosca e di Leningrado hanno nel frattempo preso decisioni con le quali viene giudicata severamente “la falsa pratica di omaggi superflui e privi di buon senso ai dirigenti del partito” e dai giornali sono scomparsi gli esagerati telegrammi d'omaggio. Tutto considerato, non si può trascurare con una scrollata di spalle la nuova Costituzione democratica che Stalin ha dato all'Unione Sovietica. Se i mezzi impiegati da lui e dai suoi collaboratori possono esser sembrati spesso equivoci l'astuzia era per la loro lotta altrettanto indispensabile quanto il coraggio. Stalin è sincero quando, come sua meta finale, indica la realizzazione della democrazia socialista».11
8. Le citazioni sono tratte da Le bugie sull'URSS al tempo di Stalin (1924-1953), Communisme-bolchevisme.net, testo apparso in Gegen Die Stömung, organizzazione per la costruzione di un Partito comunista rivoluzionario tedesco, luglio/agosto 1996, in francese maggio 1998.
9. S. S. Montefiore, Before the terror, The Guardian, 19 maggio 2007.
10. D. Losurdo, Stalin, cit., pp. 44-45.
11. L. Feuchtwanger, Mosca, Mondadori-Noicomunisti.wordpress.com, Milano 1946 [1° edizione originale 1937].