«Il regime del Kuomintang non fu soltanto un regime conservatore; fu un regime reazionario nel senso preciso della parola, cioè un regime impegnato nella lotta ininterrotta (e armata) contro le spinte di forze rivoluzionarie che si proponevano di rovesciarlo e che alla fine giunsero appunto a questo risultato. Nei dieci anni intercorsi dal 1927 al 1937 le vittime della repressione violenta - cioè non di cause naturali come la fame e le inondazioni, ma degli assassinii e dei massacri - furono 3 milioni almeno: un decimo giovani studenti ed intellettuali; un sesto comunisti, due terzi contadini delle “basi rosse”». (Enrica Collotti Pischel)11
Per quanto riguarda i rapporti con l'URSS, il Comintern e la lotta anti-giapponese
12:
«dal 1923 al 1927, si stabilì un'alleanza tra l'Unione Sovietica ed i rivoluzionari nazionalisti uniti, nonostante le loro differenze, sotto le bandiere del Kuomintang e del partito comunista: i due partiti si proponevano, entrambi, di rovesciare con la rivoluzione il governo allora esistente in Cina e di ottenere l'indipendenza dall'imperialismo straniero. Con la vittoria dell'ala destra del Kuomintang e la creazione del governo di Nanchino, quest'ultimo raggiunse un compromesso con l'imperialismo e ruppe le relazioni con l'URSS. Dal 1927 al 1933 l'Unione Sovietica fu, quindi, isolata completamente dalla Cina ed il governo di Nanchino cercò di erigere un baluardo contro l'influenza russa. Verso la fine del 1933, Mosca riallacciò le relazioni diplomatiche con il governo di Nanchino, mentre continuava la guerra civile fra quest'ultimo ed i comunisti cinesi che durò fino agli inizi del 1937, quando venne stipulato un accordo parziale fra comunisti e Kuomintang. Il succedersi di questi avvenimenti, dimostra che il movimento dei soviet e l'Armata Rossa cinese nacquero spontaneamente, sotto una direzione puramente cinese e furono riconosciuti dall'Internazionale dopo il VI Congresso nel 1928. In realtà, i comunisti cinesi hanno combattuto col minor sostegno straniero rispetto a qualsiasi altro esercito nella storia della Cina moderna».
È entrata nella leggenda la famosa “Lunga Marcia”, che si svolge tra l'autunno 1934 e l'ottobre 1935. Cerchiamo di capire meglio di cosa si parli con Ferdinando Dubla
13:
«militarmente fu una ritirata, iniziata dai superstiti della disfatta della “quinta campagna di accerchiamento” delle truppe del Kuomintang contro le basi rivoluzionarie dei Soviet cinesi: una ritirata naturalmente organizzata magistralmente, per conservare la compattezza centrale delle forze dell’esercito rosso e del Partito Comunista, al prezzo di gravissime perdite, causa in particolare le avverse condizioni naturali, un succedersi di alte montagne e di ghiacciai, via via che ci si dirigeva verso il nord fino alla Grande Muraglia (la linea sud-nord era bloccata dal nemico). Ma la grande forza dell’esercito rosso fu il supporto dei contadini e l’estrema duttilità delle tattiche impiegate […]. Il PCC lanciò un accorato appello alla resistenza antigiapponese il 1° agosto 1935; rivolto a tutti i cinesi, esso ebbe vasta eco tra i giovani e gli intellettuali, destinati ad ingrandire le fila dell’esercito rosso: lotta di classe contadina e spinta rivoluzionaria delle masse erano per Mao gli ingredienti necessari per la vittoria finale e i comunisti dovevano prevalere innanzitutto nelle regioni principali della Cina, quelle rurali, acquisendo il consenso dei contadini a favore della rivoluzione. Senza quel consenso, e senza le profonde motivazioni ideali che muovevano i quadri dell’esercito rosso, sarebbe stato impossibile superare tutte le prove crudeli, le privazioni, le indicibili sofferenze patite durante la “lunga marcia” […]: arrivarono in poco più di 7000 dai 90 mila partiti dal Kiangsi».
È l'inizio della riscossa:
«tra la fine del 1936 e l'inizio del 1937, i comunisti cinesi fecero una serie di aperture verso il Kuomintang per ottenere che quest'ultimo si impegnasse nella resistenza all'invasore e rinunciasse alla repressione anticomunista. In effetti, il Kuomintang, per i primi anni di guerra, rinunciò alla repressione anticomunista aperta e su larga scala ed accettò l'accreditamento a Nanchino di una missione comunista, ma non concesse nulla di sostanziale sul piano della trasformazione sociale, di un governo di coalizione, della democrazia e di una valida resistenza all'invasore. Da parte loro, i comunisti non fecero a loro volta concessioni sostanziali, né, soprattutto, liquidarono nulla della loro forza, che anzi crebbe di anno in anno. Durante il periodo bellico dal 1937 al 1945 si verificarono, in Cina, sviluppi politici destinati a mutare completamente il quadro della situazione ed a gettare le basi del processo rivoluzionario che portò alla vittoria del Partito Comunista nella guerra contro il Kuomintang. I comunisti cinesi riuscirono, durante la resistenza contro il Giappone, ad inserire capillarmente la loro spinta d'avanguardia nella lotta dei contadini per la sopravvivenza, a mobilitare la millenaria violenza rurale per il compimento di una trasformazione sociale e politica moderna, diretta da una forza nuova, dotata di una visione ideologica capace di superare i limiti e le carenze del tradizionale ribellismo contadino. La lotta nazionale contro il Giappone raccolse attorno al Partito Comunista ed integrò nella sua azione gruppi e forze che non muovevano dalle stesse istanze di classe dei contadini: gli studenti che avevano animato il movimento del 9 dicembre, migliaia di intellettuali che affluirono a Yenan dal 1937 in poi con la specifica volontà di dare forma ad una nuova concezione dell'arte e della letteratura. Uno dei fattori dello sfacelo del Kuomintang e della sua perdita di prestigio fu il suo atteggiamento di passività e di corresponsabilità di fronte alla invasione giapponese. I piani statunitensi di sistemazione dell'Asia orientale e la decisione del Kuomintang di mantenere in Cina un regime fondato sulla repressione sociale furono sconvolti dalla nascita, nel corso della guerra, di una nuova società ed un nuovo potere politico in vaste regioni rurali. La natura delle intenzioni del Kuomintang e degli USA fu immediatamente chiara al momento della resa del Giappone, quando fu ordinato a Chu Teh di tenere ferma la VIII Armata e di non intraprendere l'occupazione di zone tenute dai giapponesi, ed a 1.283.000 giapponesi ancora presenti in Cina di arrendersi soltanto alle forze del Kuomintang assicurando, nel frattempo, il mantenimento dell'ordine nelle zone da loro occupate. I guerriglieri, ormai un milione di soldati regolari e più di due milioni di miliziani, cercarono di rinsaldare il controllo sulla Cina del Nord, eliminando le fratture fra le varie zone di guerriglia, senza, tuttavia puntare a prendere e tenere le città e le principali linee di comunicazione. Nel periodo dal settembre 1945 al giugno 1946 il Kuomintang, col massiccio aiuto militare degli USA, si preparò all'assalto su larga scala alle zone tenute dai guerriglieri. In questa situazione i comunisti, con alcuni brevi ordini del giorno alle truppe firmati da Chu Teh e da Mao Tse-tung, dichiararono che le forze popolari non avrebbero attaccato per prime le divisioni del Kuomintang ma che, se attaccate, avrebbero difeso con tutte le loro capacità la popolazione, i suoi beni ed il regime da essa creato. Nell'estate 1946, il Kuomintang si ritenne abbastanza forte e, dopo sterili trattative tese ad accreditare terze forze come determinanti degli equilibri postbellici, scatenò l'attacco generale contro tutte le zone tenute dai guerriglieri».14
Non riuscendo però ad avere la meglio sulle forze comuniste.