9.2. GLI INTERVENTI STATUNITENSI
La lista degli interventi e delle interferenze statunitensi (e non solo) è molto lunga anche per quanto riguarda il Medio Oriente, non fermandosi solo ai casi di Egitto e Iran, sul secondo dei quali comunque ci soffermeremo. Dopo la “parentesi” di Mossadeq del 1953, il campanello d'allarme risuonato a partire dal 1956, l'anno della crisi di Suez e dell'avvio del panarabismo. In questo contesto per gli USA diventa inaccettabile qualsiasi forma di “neutralismo” e nel mirino viene messa la Siria, l'unico Stato dell'area a rifiutare aiuti economici o militari da parte degli Stati Uniti. Il timore della CIA è dettato anche dall'attività politica legale del Partito della Resurrezione Socialista Araba (Ba'ath) e del Partito Comunista Siriano, visti come pericoli per la pace e la stabilità della regione, nonostante non vi siano da parte loro progetti di conquista violenta del potere, quanto piuttosto richieste di «rafforzare l'appoggio alle politiche sovietiche e l'opposizione alle politiche occidentali». La CIA cerca quindi nel biennio 1956-57 di organizzare un colpo di Stato per portare al potere Adib Shishakly, ex dittatore di destra della Siria, che viveva clandestinamente in Libano. È un «complotto particolarmente maldestro della CIA» (parole dell'ambasciatore americano in Siria, Charles Yost) che fallisce perché alcuni ufficiali dell'Esercito denunciano la corruzione in atto, il che porta all'espulsione dal paese di diversi diplomatici e funzionari dell'ambasciata e della CIA.123 La Siria viene a quel punto definita un «paese satellite» da Washington, per aver deciso di stabilire relazioni diplomatiche, militari ed economiche con l'URSS. Gli USA reagiscono mandando armi a Giordania, Libano, Iraq e Turchia, fomentando quest'ultima, secondo il governo siriano, ad ammassare truppe sul confine per favorire l'inizio di una guerra rovinosa. L'obiettivo è provocare il governo siriano affinché attacchi un altro paese arabo, che a quel punto avrebbe chiesto aiuto agli statunitensi. In questo contesto, mentre Egitto e Siria, sul punto di riunificarsi nella Repubblica Araba Unita, denunciano otto cospirazioni diverse (messe in atto da Arabia Saudita, Iraq e USA secondo le accuse) il cui scopo è la deposizione dei rispettivi governi, l'URSS entra in campo diplomatico con una proposta spiazzante: firmare una dichiarazione congiunta delle quattro grandi potenze (URSS, USA, Gran Bretagna e Francia) con cui si rinunci all'uso della forza e all'intromissione negli affari interni delle nazioni del Medio Oriente. Si propone la smilitarizzazione della regione attraverso un embargo di armi e il ritiro totale di tutte le truppe e basi straniere. Nessuna delle tre potenze imperialiste occidentali accetta la proposta. Nel 1958 gli USA intervengono in Libano, «senza dubbio il più fedele alleato degli Stati Uniti», il cui presidente, eletto nel 1952, Camille Chamoun aveva goduto di un ampio supporto finanziario da parte della CIA.
Chamoun viene però accusato da molti libanesi di aver «comprato il Parlamento per modificare la Costituzione e permettergli di ripresentarsi l'anno successivo per un altro mandato di sei anni». Le proteste popolari contro la corruzione presidenziale e l'eccessivo filoamericanismo spingono i movimenti nazionalisti arabi a protestare veementemente; gli USA rispondono rifornendo Chamoun di equipaggiamenti militari per reprimere ogni tipo di protesta. Il decano della CIA John Foster Dulles ribadisce la dottrina Eisenhower, affermando: «Si tratta senza dubbio di un mandato che ci impone di fare qualcosa ogni volta che riterremo che la pace e i nostri interessi fondamentali siano messi in pericolo da un qualunque soggetto ostile». Nei mesi successivi gli USA fanno sbarcare 14 mila unità militari in Libano («più di tutto l'esercito libanese e di tutta la gendarmeria») per soffocare le proteste, su richiesta dello stesso Chamoun, nonostante non vi sia la minima traccia di cospirazioni comuniste o sovietiche. La rabbia contro gli statunitensi sarebbe esplosa in Libano all'inizio degli anni '80 in un conflitto religioso tra musulmani e cristiani in cui gli USA si gettano con Reagan dopo aver dato supporto al presidente Gemayel (presto ucciso da un'autobomba) e aver iniziato a sganciare bombe sui musulmani d'accordo con Israele.
La reazione sarà sanguinosa: il 23 ottobre 1983 un attentato uccide 241 marines statunitensi all'aeroporto di Beirut. Tornando al 1958; in Iraq viene rovesciata dai militari la monarchia filo-statunitense di Nuri Said. Anche la CIA è colta di sorpresa. Secondo Weiner «il nuovo regime, guidato dal generale Abdel Karim Qasim, frugò negli archivi del vecchio governo. Lì si conservavano le prove del fatto che la CIA aveva intrattenuto stretti rapporti con il governo dell'Iraq monarchico, corrompendo i leader della vecchia guardia».
Qasim comincia allora «ad autorizzare l'arrivo di delegazioni politiche, economiche e militari sovietiche» per premunirsi da nuove destabilizzazioni. Gli USA tentano di rovesciare il nuovo governo iracheno poco gradito, ma il golpe è sventato dalla minaccia sovietica di intervenire militarmente. Due anni dopo gli USA iniziano comunque «a finanziare i guerriglieri curdi in Iraq che combattevano per ottenere una qualche forma di autonomia». Il motivo di tale interventismo è che il governo iracheno aveva cominciato a lavorare per creare un ente internazionale in grado di contrastare il potere dei monopoli petroliferi occidentali: «l'organizzazione si sarebbe chiamata OPEC, e la notizia non fu certo allegra per alcuni circoli economici occidentali». Ci vogliono altri tre anni ma alla fine la CIA riesce «ad appoggiare un colpo di Stato in Iraq che fu coronato dal successo». Il che non costituisce un fattore di sostanziale progresso per gli USA, dato che il potere passa nelle mani del partito Ba'ath, che all'inizio degli anni '70 stringe rapporti diplomatici di amicizia e cooperazione con l'URSS, arrivando a nazionalizzare la Iraq Petroleum Company, consorzio di proprietà occidentale (per il 23,75% statunitense), facendo iniziare una stagione d'oro per il paese che conosce allora secondo Mohammed Hassan
Chamoun viene però accusato da molti libanesi di aver «comprato il Parlamento per modificare la Costituzione e permettergli di ripresentarsi l'anno successivo per un altro mandato di sei anni». Le proteste popolari contro la corruzione presidenziale e l'eccessivo filoamericanismo spingono i movimenti nazionalisti arabi a protestare veementemente; gli USA rispondono rifornendo Chamoun di equipaggiamenti militari per reprimere ogni tipo di protesta. Il decano della CIA John Foster Dulles ribadisce la dottrina Eisenhower, affermando: «Si tratta senza dubbio di un mandato che ci impone di fare qualcosa ogni volta che riterremo che la pace e i nostri interessi fondamentali siano messi in pericolo da un qualunque soggetto ostile». Nei mesi successivi gli USA fanno sbarcare 14 mila unità militari in Libano («più di tutto l'esercito libanese e di tutta la gendarmeria») per soffocare le proteste, su richiesta dello stesso Chamoun, nonostante non vi sia la minima traccia di cospirazioni comuniste o sovietiche. La rabbia contro gli statunitensi sarebbe esplosa in Libano all'inizio degli anni '80 in un conflitto religioso tra musulmani e cristiani in cui gli USA si gettano con Reagan dopo aver dato supporto al presidente Gemayel (presto ucciso da un'autobomba) e aver iniziato a sganciare bombe sui musulmani d'accordo con Israele.
La reazione sarà sanguinosa: il 23 ottobre 1983 un attentato uccide 241 marines statunitensi all'aeroporto di Beirut. Tornando al 1958; in Iraq viene rovesciata dai militari la monarchia filo-statunitense di Nuri Said. Anche la CIA è colta di sorpresa. Secondo Weiner «il nuovo regime, guidato dal generale Abdel Karim Qasim, frugò negli archivi del vecchio governo. Lì si conservavano le prove del fatto che la CIA aveva intrattenuto stretti rapporti con il governo dell'Iraq monarchico, corrompendo i leader della vecchia guardia».
Qasim comincia allora «ad autorizzare l'arrivo di delegazioni politiche, economiche e militari sovietiche» per premunirsi da nuove destabilizzazioni. Gli USA tentano di rovesciare il nuovo governo iracheno poco gradito, ma il golpe è sventato dalla minaccia sovietica di intervenire militarmente. Due anni dopo gli USA iniziano comunque «a finanziare i guerriglieri curdi in Iraq che combattevano per ottenere una qualche forma di autonomia». Il motivo di tale interventismo è che il governo iracheno aveva cominciato a lavorare per creare un ente internazionale in grado di contrastare il potere dei monopoli petroliferi occidentali: «l'organizzazione si sarebbe chiamata OPEC, e la notizia non fu certo allegra per alcuni circoli economici occidentali». Ci vogliono altri tre anni ma alla fine la CIA riesce «ad appoggiare un colpo di Stato in Iraq che fu coronato dal successo». Il che non costituisce un fattore di sostanziale progresso per gli USA, dato che il potere passa nelle mani del partito Ba'ath, che all'inizio degli anni '70 stringe rapporti diplomatici di amicizia e cooperazione con l'URSS, arrivando a nazionalizzare la Iraq Petroleum Company, consorzio di proprietà occidentale (per il 23,75% statunitense), facendo iniziare una stagione d'oro per il paese che conosce allora secondo Mohammed Hassan
«uno sviluppo industriale senza precedenti. Ma anche sociale. Lo stato è stato diretto da un’alta borghesia nazionalista, ma che ha costruito delle scuole e delle università. L’Unicef ha riconosciuto che l'Iraq ha praticamente sradicato l'analfabetismo e spinto la scolarizzazione ad uno dei tassi più elevati del Medio Oriente (l’87% dei giovani di 12 a 17 anni andavano a scuola prima del 1991). L'Iraq ha investito nell'agricoltura, nell'elettrificazione e nella sanità. L'Iraq sostiene anche la Siria, nel 1967 e nel 1973, contro le guerre israeliane».Dal 1958 al 1984 l'Iraq non ha praticamente alcuna relazione diplomatica con gli USA, i quali anzi cercano di indebolire tale regime sostenendo attivamente, d'accordo con l'alleato iraniano (prima che questo avviasse la propria rivoluzione teocratica anti-statunitense nel 1979), i curdi iracheni di Barzani come fattore di destabilizzazione del paese. In effetti anche Gordevskij conferma che «la politica sovietica nel Medio Oriente durante l'era di Breznev mirava alla costituzione di un blocco “antimperialistico” contro Israele e il suo protettore americano. Per la maggior parte degli anni '70 i rapporti più stretti di Mosca furono quelli con l'Iraq», anche se «la relazione speciale con i servizi segreti iracheni subì un duro colpo nell'aprile 1979, quando il dittatore Saddam Hussein cominciò ad arrestare e giustiziare un gran numero di comunisti iracheni. […] Le relazioni tra Iraq e URSS si complicarono ancora di più nel settembre 1980, quando Saddam Hussein attaccò l'Iran dando inizio alla Guerra del Golfo». In questi anni Mosca finanzia e aiuta militarmente sia la Siria che la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen del Sud, dichiaratamente marxista, costituita dopo l'uscita degli inglesi da Aden nel 1968; un paese quest'ultimo che soffre di una forte conflittualità interna al Partito. Molte cose nel Medio Oriente cambiano nel 1979, con l'avvento al potere in Iraq di Saddam Hussein e in Iran con la rivoluzione islamica. A questo punto occorre però raccontare la storia di come gli USA abbiano sottomesso per anni il più importante Stato della regione: l'Iran.124
123. W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., pp. 128-134.
124. Fonti usate: W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., pp. 135-149, 359-362; T. Weiner, CIA, cit., p. 135-137, 374-375; C. Andrew & O. Gordievskij, La storia segreta del KGB, cit., pp. 579-581; D. Pestieau (a cura di, per il Parti du travail de Belgique), Perché gli USA volevano tanto Saddam Hussein?, Ptb.be-CCDP, 23 dicembre 2003.