6.9. I COMUNISTI ALL'OPPOSIZIONE DI PUTIN
Gli anni di Putin significano per la Russia l'uscita dallo stato di una semicolonia a disposizione dell'imperialismo internazionale, in primo luogo statunitense. Emerge infatti come il nuovo energico Presidente abbia avuto come direttrice prioritaria quello di recuperare la sovranità nazionale persa da parte del paese, evitando gli eccessi nel neoliberismo sfrenato che fanno gli interessi solo degli oligarchi e della finanza. Occorre però ricordare che niente di tutto questo sia stato fatto in un'ottica socialista. Si può ritenere progressivo nel complesso il ruolo svolto dalla Russia in ambito internazionale, sia nel frenare l'espansionismo e gli istinti più bellicosi dell'imperialismo statunitense (ad esempio in Ucraina e Siria), sia nel garantire una sponda commerciale alternativa a paesi del “Terzo Mondo” ancora alle prese con il consueto problema di garantirsi partnership con realtà più avanzate, al fine di uscire dalla dipendenza unilaterale dall'imperialismo occidentale. In tal senso vanno letti ad esempio i buoni rapporti stabiliti con Cuba e Venezuela. Al contempo rimane una politica interna saldamente ancorata al modo di produzione capitalistico. Impossibile parlare di ricostruzione dell'Unione Sovietica, la cui dimensione leggendaria è recuperata da Putin a livello culturale solo in funzione del ruolo da grande potenza internazionale da essa giocato, svuotandola però dei suoi contenuti di classe. Lasciamo spiegare meglio questi aspetti a Zyuganov75, leader del Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) che rimane il principale partito di opposizione in Russia (nelle elezioni Parlamentari del 2011 ha superato il 20% dei votanti, in quelle più recenti del 2016 si è attestato al 13% circa):
«-Giornalista: Il Partito Comunista della Federazione Russa è un partito di opposizione. Voi criticate fortemente molti aspetti della politica interna della Russia, sebbene sosteniate la sua politica estera. In considerazione di ciò, quali sono i vostri rapporti con il presidente della Federazione Russa V. V. Putin?
-Zyuganov: Prima di tutto voglio chiarire un punto. Noi non critichiamo solo singoli aspetti delle politiche socio-economiche liberali del governo di Dmitrij Medvedev. Noi le rifiutiamo completamente. Noi riteniamo che tale politica abbia condotto il paese in un vicolo cieco e che la sua continuazione rappresenti la minaccia di pesanti conseguenze per la Russia. Il blocco economico del governo di fatto non difende gli interessi nazionali, ma serve come veicolo dell'influenza distruttiva dell'Occidente. Questa politica è entrata oggi in grave contraddizione con l'attiva politica estera della Russia. Il nostro paese è costretto a difendere i propri interessi, dal momento che l'Occidente guidato dagli USA sta cercando di isolare la Russia e provoca tensioni alle nostre frontiere. La Cina lo sa molto bene, ad esempio, per quanto riguarda la situazione nel Mar Cinese Meridionale, dove senza tante cerimonie si fanno largo le navi della Settima Flotta degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la Sesta Flotta, in violazione sfacciata della Convenzione di Montreux, sta cercando di installarsi nel Mar Nero al largo della stessa costa russa. Per quanto concerne l'Europa Occidentale, sono le colonne corazzate della NATO a organizzare regolarmente le loro marce dimostrative. Il PCFR in generale approva gli sforzi del nostro servizio diplomatico, che sta cercando di contrastare l'avventuristica politica estera degli USA. Ma allo stesso tempo il nostro partito comprende che contrastare efficacemente l'aggressione dell'imperialismo è possibile solo quando si ha un poderoso retroterra. Come quello che possedeva l'URSS al tempo della lotta contro il fascismo tedesco e il militarismo giapponese. Senza un cambiamento deciso della politica socio-economica sarà difficile poter contare sul successo in politica estera. I comunisti russi sono convinti che la politica liberale dell'attuale governo non riflette le aspirazioni delle grandi masse popolari: gli operai, i contadini, gli intellettuali, i piccoli e medi imprenditori, i giovani e i pensionati. La politica finanziaria ed economica liberale distrugge il complesso economico del paese, stabilisce il diritto degli oligarchi a decidere il destino della Russia, la fa dipendere economicamente dall'Occidente. Noi crediamo che questa linea sia in profonda contraddizione con la politica estera che viene attuata dal presidente Putin. Essa implica la difesa degli interessi nazionali e statali della Russia e la contrapposizione all'egemonia americana nell'arena mondiale. Con lo stesso V.V. Putin mantengo costanti rapporti costruttivi. Tuttavia, il PCFR rileva costantemente che l'attività delle massime autorità statali in Russia è piena di contraddizioni. La politica socio-economica attuata non ci soddisfa assolutamente. Si muove nell'alveo delle stesse politiche attuate da Eltsin e Gaidar negli anni 90. Ed è pure inaccettabile per noi la continuazione dell'orgia antisovietica. In altre parole, il vertice della Russia non si muove in modo uniforme. È composto da forze che seguono direttrici diverse. Nel contesto di questo complesso equilibrio il PCFR aspira a realizzare un contrappeso rappresentato dalle tendenze patriottiche. Questo si propongono i miei incontri personali con Putin e con i membri del governo in carica».