21 Novembre 2024

6.8. IL RAPPORTO REAZIONARIO CON SOLIDARNOSC

Pubblichiamo stralci di un articolo molto interessante di Marius Heuser e Peter Schwarz del 200538 che, nonostante una banalizzazione del giudizio e del discorso per ciò che riguarda le vicende del campo del socialismo reale (di qui il fiorire di una terminologia evidentemente semplificatoria e anticomunista), è utile per ricostruire il ruolo reazionario avuto da papa Giovanni Paolo II nei rapporti con Solidarność, il sindacato che ha messo in crisi il governo polacco dagli anni '70 in poi, con gravi conseguenze per tutto il blocco del socialismo reale. Approfondiremo la vicenda di Solidarność dei suoi legami “sospetti” con diverse realtà imperialiste nel capitolo riguardante l'Europa Orientale e in particolar modo la Polonia.
«Al tempo dell’elezione papale, il conflitto fra la classe lavoratrice e il regime stalinista in Polonia si era esacerbato drasticamente. […] Nel 1970, un’onda di scioperi contro gli aumenti dei prezzi forzò le dimissioni del capo di governo e di partito Wladyslav Gomulka. Il suo successore, Edward Gierek, dovette revocare gli aumenti di prezzi. Nel 1976, Gierek tentò di nuovo un aumento dei prezzi, causando scioperi, manifestazioni di massa e lotte di barricata. Negli anni successivi, venivano formati il Comitato per la Difesa dei Lavoratori ed altri comitati fondatori di sindacati, e nel 1980 — dopo una nuova ondata di scioperi contro il rialzo dei prezzi — queste organizzazioni si fusero per dare vita al sindacato Solidarność, che vinse il seguito di milioni di lavoratori. Il fenomeno emergente di un potente movimento operaio in Polonia fu seguito con grande preoccupazione dai governi ad Est e ad Ovest. La diffusione del movimento polacco nell’Unione Sovietica ed in altri paesi dell’Est non solo avrebbe minacciato i regimi stalinisti, ma avrebbe ispirato nuove lotte militanti fra i lavoratori dell’Ovest. Un’onda di lotte simili era stata ridotta appena alla metà degli anni ’70 dall’unione dei burocrati socialdemocratici e sindacalisti. Non dovrebbe sorprendere che il Cancelliere Tedesco Helmut Schmidt, socialdemocratico, supportò consistentemente il governo di Gierek contro i lavoratori polacchi. Schmidt mantenne addirittura un’amicizia personale con Gierek. Giovanni Paolo II era ben consapevole del pericolo di una violenta rivoluzione in Polonia e nei paesi dell’Est. Cercò di assicurare che il regime stalinista venisse sovvertito da destra, non da sinistra, dando supporto ad una leadership pro-imperialista all’interno della classe lavoratrice polacca. In tale direzione, venne aiutato non solo dalla CIA, ma anche dalle varie operazioni estere della AFL-CIO (unione di sindacati americani) che erano alleate con la CIA e con il Dipartimento di Stato statunitense. L’ostilità di Giovanni Paolo II e della Chiesa allo stalinismo è equiparata dai mass media ad una devozione per la democrazia. Questa è una distorsione grottesca della realtà. Il papa presiedeva un’istituzione che aveva intransigentemente opposto la democrazia per più di 500 anni, risalendo alla Riforma, quando la Chiesa Cattolica cercò di mantenere saldo il potere e la ricchezza del clero come classe feudale. Il pregiudizio della Chiesa verso lo stalinismo non mirava a lottare contro la politica antidemocratica e classista della burocrazia stalinista—tutto ciò anzi coincideva con le operazioni interne della Chiesa stessa come istituzione. La gerarchia ecclesiastica è di per sé una casta, originata in una società pre-capitalista ed oggi radicata nelle relazioni sociali capitaliste. La Chiesa Cattolica è, dopo tutto, il pù grande singolo proprietario di beni nel mondo. Ecco perché la Chiesa diede supporto a dittatori sanguinari dell’America Latina, i quali difendevano la proprietà capitalista, ma opponevano regimi stalinisti nell’Unione Sovietica e nei paesi dell’Est basati su proprietà nazionalizzata. Su questa base fondamentalmente reazionaria, la Chiesa Cattolica supportò apertamente Solidarność. Meno di otto mesi dopo la sua nomina, il nuovo papa si cimentava nel suo primo “viaggio di pellegrinaggio” in Polonia, seguito da ulteriori visite nel 1983 e nel 1987. A gennaio del 1980, Giovanni Paolo II concesse un’udienza ad una delegazione di membri di Solidarność guidati da Lech Walesa. Racimolando da varie fonti, il Vaticano riuscì a collettare almeno 50 milioni di dollari in supporto al sindacato per gli anni successivi. L’obiettivo del Vaticano, tuttavia, non era quello di aiutare la causa dei lavoratori e le loro richieste sociali. Piuttosto, mirava a mantenere il movimento sotto l’influenza reazionaria dell’ideologia cattolica e del nazionalismo polacco, assicurando che tale movimento non si sviluppasse in una minaccia internazionale all’ordine esistente. La gerarchia cattolica, la cui esperienza nel difendere l’autorità e l’ordine spazia in un millennio e mezzo, era ben consapevole che un movimento popolare come quello sviluppatosi in Polonia non si sarebbe controllato imbrigliandola passivamente, ma doveva essere influenzato attivamente e dirottato verso una direzione diversa.
La nomina di un papa polacco già di per sé significava una stabilizzazione del Cattolicesimo in Polonia. Wojtyla non si stancava mai di fare riferimento alle sue radici polacche, lusingando il nazionalismo polacco e presentando la Polonia come la nazione cattolica per eccellenza. Davanti ad una folla giubilante in Piazza della Vittoria a Varsavia, lodava il contributo fatto da “la nazione polacca allo sviluppo dell’umanità”, che poteva essere compreso e apprezzato solo attraverso Cristo. Il suo discorso culminava con la frase “non ci può essere un’Europa giusta senza una Polonia indipendente sulla mappa dell’Europa!
Senza l’intervento del papa in Polonia, gli eventi non avrebbero preso il corso disastroso che alla fine condusse a disoccupazione di massa ed estrema povertà per i lavoratori polacchi. All’inizio, all’interno del movimento di Solidarność esistevano tendenze non solo cattoliche, ma anche fortemente secolari e socialiste. […] L’intervento del Vaticano contribuì sostanzialmente alla sottomissione del movimento al controllo dell’ala cattolico-nazionalista intorno a Lech Walesa — un uomo che combinava la sua reputazione di leader operaio militante al cantiere navale Lenin con una generosa dose di bigottismo cattolico. Lo stesso Walesa ha riconosciuto apertamente il ruolo del papa. Nel 1989, dichiarava: “L’esistenza del sindacato Solidarność e di me stesso sarebbero inconcepibili senza la figura di questo grande polacco e grande uomo, Giovanni Paolo II”.
Mentre il papa dava aiuti politici e finanziari a Solidarność, cercava di mantenerlo al di fuori di un conflitto aperto contro il regime. In ripetute occasioni chiese di mantenere la moderazione e la calma. Mentre gli scontri con il governo divenivano più violenti, Solidarność interveniva più frequentemente per tenere a bada e controllare i lavoratori. Walesa costantemente stressava che Solodarność non stava perseguendo il potere:
Non vogliamo governare, piuttosto vogliamo essere riconosciuti dal governo, e vogliamo controllarli quando ci governano per assicurarci che facciano il loro lavoro”.
Wojciech Jaruzelski, il quale nel dicembre del 1981 dichiarò la legge marziale ed arrestò migliaia di lavoratori e leader di Solidarność, successivamente riconobbe apertamente il controllo dimostrato dal papa. In un’intervista televisiva in occasione della morte del papa, disse: “Il papa si astenne dall’incitare emozioni sociali a quel tempo”.
In seguito, il papa apparve progressivamente sempre più preoccupato dalla rapidità in cui, dopo il collasso del regime stalinista, Solidarność perdeva credibilità di fronte alla classe lavoratrice quando i leader del sindacato assunsero il potere e assicurarono la reintroduzione del capitalismo. Giovanni Paolo II temeva, con una certa ragione, che l’influenza della Chiesa Cattolica potesse risentirne come risultato, e che il nuovo ordine venisse compromesso. Durante visite al suo paese nel 1991 e 1993 si dichiarava contrario ad una copia del capitalismo occidentale. Durante il suo ultimo viaggio in Polonia nel 2003, fu persino più esplicito. Quando ci si dimentica del prezzo pagato per la libertà, disse, non si è lontani dall’“anarchia”. Fece un discorso a Solidarność consigliando di mantenersi al di fuori della politica, e puntò alle ovvie ingiustizie in Polonia - salari non pagati, piccole imprese spazzate via, lavoratori a cui venivano negati ferie e congedi per ragioni familiari. […]
La decisione della Chiesa Cattolica di nominare un papa polacco era strettamente connessa con un cambio di rotta della politica estera americana verso l’Unione Sovietica. Sotto il presidente Jimmy Carter e, ancora più apertamente, sotto il suo successore Ronald Reagan, un periodo di détente aprì la strada a un vero confronto. Come arcivescovo di Cracovia, Wojtyla aveva già mantenuto un intenso scambio epistolare con il polacco Zbigniew Brzezinski, il quale prese la carica di consigliere di sicurezza nazionale durante il governo Carter. Brzezinski, il quale aveva partecipato al funerale del predecessore di Wojtyla come rappresentante ufficiale degli USA, rimase a Roma per l’intero periodo delle elezioni papali del 1978 che collocarono Wojtyla a capo della Chiesa. Questa collaborazione si intensificò durante la presidenza Reagan. A proposito di quel periodo, l’allora ambasciatore al Vaticano James Nicholson, racconta di una “alleanza strategica” tra Washington e il Vaticano contro l’Unione Sovietica. Secondo le informazioni raccolte dai giornalisti Carl Bernstein e Marco Politi, che scrissero un libro sulla diplomazia segreta del Vaticano, il direttore della CIA William Casey e il vice-direttore Vernon Walters cominciarono ad avere discussioni riservate con il papa a partire dal 1981. L’argomento principale era l’appoggio finanziario e logistico a Solidarność. La burocrazia al potere a Mosca reagí contro il crescere della pressione esterna e di quella sociale interna dando inizio alla politica della restaurazione capitalista. Le radici della salita al potere di Mikhail Gorbačev alla guida del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, anche se ciò sembrerebbe ironico, si trovano negli stessi cambiamenti oggettivi che portarono Wojtyla alla santa sede a Roma. Gli eventi della Polonia avevano scosso fortemente la burocrazia del Kremlino. Essa tentò di evitare simili sviluppi nell’Unione Sovietica creando una nuova base per il suo dominio tramite l’introduzione della proprietà capitalista. Fu questo il significato essenziale della perestroika di Gorbačev. Nel dicembre del 1989, Gorbačev divenne il primo ed unico segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica ad avere un’udienza al Vaticano. Tre anni più tardi, Gorbačev lodava il ruolo del papa con le seguenti parole: “Tutto ciò che avvenne in quegli anni nell’Europa dell’Est sarebbe stato impossibile senza la presenza di questo papa”.»
38. M. Heuser & P. Schwarz, Papa Giovanni Paolo II: un obituario politico, Wsws.org, 16 aprile 2005.

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