6.6. I “MIRACOLI” FILOFASCISTI E ANTICOMUNISTI DEL PAPA “BUONO” RONCALLI
«La notizia più grave del giorno è il ritiro di Mussolini dal potere. L'accolgo con molta calma. Il gesto del Duce lo credo atto di saggezza, che gli fa onore. No, io non getterò pietre contro di lui. Anche per lui sic transit gloria mundi. Ma il gran bene che lui ha fatto all'Italia resta. Il ritirarsi così è espiazione di qualche suo errore. Dominus parcat illi (Dio abbia pietà di lui)». (Angelo Giuseppe Roncalli – il futuro Papa “buono” Giovanni XXIII – nel luglio 1943, dopo l'arresto di Mussolini)Angelo Giuseppe Roncalli (25 novembre 1881 - 3 giugno 1963) è passato alla storia come il papa dell'aggiornamento e dell'apertura al comunismo ma, contraddizione delle contraddizioni, lui, proprio lui, non Pio XII o Innocenzo III, proprio lui ha scritto in difesa della tradizione della lingua latina e per l'inasprimento delle censure contro i comunisti. Giovanni XXIII ha scritto l'atto più solenne della storia della Chiesa: la costituzione apostolica Veterum Sapientia, con cui il Papa ribadisce la necessità della lingua sacra, affrancata dalla schiavitù dell'uso corrente che con il passar del tempo ne altera i significati; riafferma la dignità indiscussa e la somma utilità del latino e del greco (le lingue «cattoliche», come le chiama) e auspica che nei seminari i corsi siano tenuti in tali lingue; riafferma che la ratio studiorum ecclesiastica riacquisti la propria originalità fondata sullo specifico dell'homo clericus, e quindi che si riduca al minimo l'incidenza delle scienze profane. Circa il comunismo non si limita a rinnovare la scomunica lanciata da Pio XII nel 1949, ma il 25 marzo 1959 la estende persino a coloro che votano per tali partiti. Lo storico Alberto Melloni ha pubblicato un documento vaticano dell'ottobre 1946, avallato da Pio XII, dedicato ai «piccoli giudei» che «se battezzati, devono ricevere un'educazione cristiana». In tempi in cui è ancora prepotente l'antisemitismo all'interno della Chiesa colui che avrebbe dovuto seguire le indicazioni vaticane a proposito dei bambini ebrei altri non era se non il futuro Giovanni XXIII, che trascrisse una sintesi in francese delle direttive romane per reindirizzarla ai subordinati. D'altronde alcuni opinionisti si sono chiesti: come mai Roncalli non ha annotato, nelle agende cui affidava i suoi pensieri, nemmeno una riga sulla questione delle persecuzioni naziste, né tanto meno sulla sorte dei «piccoli giudei»? Perché, quando osa manifestare le sue perplessità alla Santa Sede durante la Shoah, è soltanto a proposito dell'emigrazione degli ebrei in Palestina e della pericolosa utopia sionista, cioè la ricostruzione del «regno d'Israele»? Lo storico Pier Giorgio Zunino ha portato alla luce alcuni documenti sorprendenti su Giuseppe Roncalli. Sono lettere spedite ai familiari in due periodi diversi quando era nunzio apostolico in Turchia: nel 1940 e tre anni più tardi. Nel '40 il futuro Papa dichiara la sua ammirazione non solo per Mussolini, ma anche per la Germania, che ai suoi occhi ha dato prova di ammirevole compattezza nazionale al momento della fulminea vittoria sulla Francia. La società tedesca, commenta, è fatta di uomini «pronti e forti», ben meritevoli di imporsi sulla «sfibrata democrazia francese». Di più: con un incauto parallelismo evangelico paragona i tedeschi di Hitler alle «vergini sagge» che conservano l'olio della fede, mentre i francesi aggrediti gli appaiono simili alle «vergini stolte»; i passi più delicati verranno significativamente soppressi nella prima edizione dell'epistolario giovanneo, curato da monsignor Loris Capovilla nel '68.
«Pio XII e Giovanni XXIII certamente odiavano ugualmente il peccato comunismo ed amavano ugualmente i peccatori comunisti, ma non c'è dubbio che Pio XII dando l'impressione di odiare di più il comunismo ha dato anche l'impressione di amare meno i peccatori comunisti, e Giovanni XXIII dando l'impressione di amare di più i peccatori comunisti ha dato l'impressione, sia pure errata, di indulgere di più con il comunismo». (Angelo Costa)
Tre anni più tardi, fra il luglio e l'agosto del '43, quando dunque le notizie sugli orrori della guerra e dello sterminio ebraico si sono ormai diffusi, Roncalli raccomanda ancora ai familiari di mantenere «fiducia immutata» nel regime fascista, con l'aggiunta dell'esortazione: «Voi lavorare, pregare, soffrire, obbedire, e tacere tacere tacere». C'è qualcosa di cui meravigliarsi? Certamente no, secondo Pier Giorgio Zunino, convinto che «la visione religiosa di cui era imbevuto e portatore, l'età già avanzata e l'alto grado nella gerarchia ecclesiastica, la sua stessa cultura lo portavano a sposare l'idea di una Chiesa capace di acquisire il maggior numero possibile di fedeli e di anime».
Per quanto riguarda l'appoggio al nazismo e al fascismo?
«È l'esempio di una tradizione culturale che vedeva nell'obbedienza assoluta all'autorità, qualunque fosse, un valore assoluto. Dunque, una società gerarchica, in cui tenere nettamente separati gli obblighi di chi comanda e chi deve obbedire». Per cui, afferma Zunino, il messaggio di Roncalli ai familiari durante la guerra si può sintetizzare così: non preoccupatevi delle scelte politiche italiane, c'è chi ha scelto per voi. Si profila, dunque, un Roncalli «perfettamente inserito nella cultura cattolica di maggioranza, allineato al fascismo, estimatore della Controriforma (di cui era stato uno studioso), pronto a riconoscere alla Germania il ruolo di nazione guida dell'Europa, nemico del comunismo sovietico ma anche sospettoso delle democrazie occidentali, considerate anticattoliche».
E come si spiega il suo chiudere gli occhi di fronte alle persecuzioni naziste degli ebrei? «La domanda non trova risposta sulla base dei documenti. Del resto, pochissime personalità cattoliche furono coscientemente antifasciste». Cesare Cavalleri, direttore di Studi cattolici, ricorda che «tutti i documenti dottrinali e gli interventi di Giovanni XXIII attestano la sua stretta e rigorosa ortodossia». Tanto è vero che «il Concilio era stato affidato, nella fase preparatoria, al più che ortodosso cardinale Ottaviani» e nelle intenzioni del Papa tutto avrebbe dovuto concludersi «entro Natale». Gli eventi sono andati diversamente: lo Spirito ha soffiato ed è nato il mito del «Papa buono», con il contorno pittoresco di piatti, scialli e statuette che riproducono un Roncalli pacioso e gioviale mentre stringe la mano a John Kennedy, l'uomo della nuova frontiera, o riceve nel suo studio il direttore della sovietica Izvestija. «Mito fasullo e posteriore – secondo Cavalleri – di cui finì col restare prigioniero quando era ancora in vita. E dire che la sua abilità diplomatica, molto poco campagnola, si era già vista a Parigi, quando aveva messo in campo mondanità, diplomazia e persino alta gastronomia (aveva assunto il miglior cuoco di Parigi) per servire la causa vaticana».36
36. Fonti usate: D. Fertilio, Il vero volto di Roncalli al tempo della Shoah, Corriere della Sera (web), speciale 2005; Rafminimi, La “bontà” di Giovanni XXIII, Salpan.org, dove si potrà constatare che il pezzo è accompagnato da un adeguato impianto di note.