6.3. LA SVOLTA DEL XX SECOLO: LA BATTAGLIA DI STALINGRADO
«Fame e macerie sotto i mortai
Come l'acciaio resiste la città
Strade di Stalingrado di sangue siete lastricate
Ride una donna di granito su mille barricate
Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa
D'ora in poi troverà Stalingrado in ogni città».(Stormy Six, Stalingrado, 1975)
«La disfatta dell'Asse a Stalingrado fu una svolta della guerra perché fu una catastrofe da cui la Germania e la Wehrmacht non riuscirono più a riprendersi». (David Glantz e Jonathan House, da Endgame at Stalingrad, 2014)
«Stalingrado fu la prima e sinora l'unica grande battaglia vinta dalla Russia annientando nel contempo notevoli forze nemiche. Nessuno dei suoi alleati della scorsa guerra può vantarsi di una vittoria del genere». (Hans Doerr, generale tedesco)
Il 31 gennaio 1943, dopo 163 giorni di lotta, il generale tedesco Friedrich Paulus viene catturato a Stalingrado. La sua VI armata è chiusa in una sacca, perduta. Il 2 febbraio 1943 gli ultimi nuclei tedeschi nella sacca settentrionale, nell'area delle grandi fabbriche, al comando del generale Karl Strecker, si arrendono definitivamente. Stalingrado non è una città come le altre; una volta superato questo baluardo Hitler può accedere alle risorse petrolifere del Caucaso, compromettendo per sempre le sorti dell'Unione Sovietica e della seconda guerra mondiale. Il 28 luglio 1942, ad assedio appena iniziato, gli ordini di Stalin sono semplici: «Non un solo passo indietro». Così Stalingrado si era preparata a resistere: i lavoratori delle fabbriche avevano imbracciato i fucili e smesso di lavorare, la fabbrica di trattori era stata trasformata in fabbrica per macchine da guerra e dalla Siberia, dove erano state spostate e ricostruite le fabbriche delle città sotto assedio, si aspettavano nuovi aerei, carri armati T-34, cannoni, mitragliatrici. I primi bombardamenti a tappeto, contrastati dalle aviatrici dell'Armata Rossa conosciute dai nazisti col nome di “streghe di Stalingrado”, cominciano a fine agosto (alla fine saranno in tutto più di 2000, e verranno sganciate tutte le bombe disponibili per l'operazione); a metà settembre l'esercito di Hitler riesce ad entrare in città, dando vita ad una logorante guerriglia urbana.
Alla fine di ottobre la città è divisa in due: le posizioni difese dai sovietici si sono ormai ridotte a lembi di territorio non più larghi di 200 metri e la VI Armata tedesca del generale Friedrich Von Paulus, dopo aver tenacemente circondato Stalingrado, si ritiene ormai ad un passo dalla vittoria, nonostante le gravi perdite che contrassegnano ogni giornata di battaglia.
A novembre però il malessere dilaga tra le file naziste: le vittorie non sono mancate ma ogni soldato vede morire più commilitoni che nemici da quando la battaglia si è spostata nel centro cittadino; i rifornimenti tardano ad arrivare, le azioni di sabotaggio lungo il Volga sono costanti e il lungo inverno russo non lascia tregua durante le pause tra un'offensiva e l'altra.
Nel frattempo, tra le file sovietiche è maturato il piano definitivo per il contrattacco, organizzato e guidato nel massimo segreto dai comandanti Žukov e Vasilevskij e dal maresciallo d'artiglieria Voronov. L'operazione Urano consiste semplicemente nello scardinare il fronte settentrionale dell'esercito di Von Paulus in modo da costringerlo a indietreggiare verso il Volga, per poi circondarlo con un'impressionante spiegamento di forze: dieci armate sovietiche, più di un milione di soldati, 1500 carri armati, 15000 pezzi d'artiglieria prodotti nelle fabbriche sovietiche della Siberia, degli Urali e del Kazakistan. Il piano, coadiuvato dall'operazione Saturno, ha inizio il 19 novembre e appena quattro giorni dopo gli eserciti sovietici si riuniscono accerchiando 22 divisioni di fanteria corazzata nazista (3000 uomini).
Il 21 dicembre il fronte è distrutto e l'accerchiamento comprende 250000 soldati oltre a mezzi corazzati e divisioni di artiglieria, senza che Von Paulus tenti in alcun modo di sfondare. A Natale i tedeschi mangiano la loro miseria: ad ognuno di loro è riservato un pezzo di pane e dalle venti alle trenta munizioni al giorno. La situazione della VI armata è senza speranze. L'8 gennaio i sovietici propongono ai tedeschi la resa garantendo la vita ai prigionieri e la possibilità di indossare le loro onorificenze e i gradi conseguiti. Von Paulus declina l'offerta.
Il 9 novembre Hitler aveva dichiarato: «Ho voluto raggiungere il Volga nella città stessa che porta il nome di Stalin». La VI armata tedesca controllava in quel momento nove decimi della città. Il 23 novembre, in seguito alla controffensiva voluta da Stalin, da Berlino Hitler urla: «Non lascerò mai il Volga». La VI armata è condannata dall'ostinazione del suo Führer. Il 24 gennaio 1943 Paulus chiede a Hitler l'autorizzazione a capitolare ma questi il 30 risponde nominandolo feldmaresciallo e ricordandogli: «Mai un maresciallo tedesco si è arreso». Da lui si attende il suicidio. Paulus glielo nega e si arrende ai Sovietici.
Il 31 la lotta è finita. Sulla tragedia di Stalingrado cala il sipario.
È la svolta decisiva della seconda guerra mondiale, e con essa, dell'intero Novecento.42
A novembre però il malessere dilaga tra le file naziste: le vittorie non sono mancate ma ogni soldato vede morire più commilitoni che nemici da quando la battaglia si è spostata nel centro cittadino; i rifornimenti tardano ad arrivare, le azioni di sabotaggio lungo il Volga sono costanti e il lungo inverno russo non lascia tregua durante le pause tra un'offensiva e l'altra.
Nel frattempo, tra le file sovietiche è maturato il piano definitivo per il contrattacco, organizzato e guidato nel massimo segreto dai comandanti Žukov e Vasilevskij e dal maresciallo d'artiglieria Voronov. L'operazione Urano consiste semplicemente nello scardinare il fronte settentrionale dell'esercito di Von Paulus in modo da costringerlo a indietreggiare verso il Volga, per poi circondarlo con un'impressionante spiegamento di forze: dieci armate sovietiche, più di un milione di soldati, 1500 carri armati, 15000 pezzi d'artiglieria prodotti nelle fabbriche sovietiche della Siberia, degli Urali e del Kazakistan. Il piano, coadiuvato dall'operazione Saturno, ha inizio il 19 novembre e appena quattro giorni dopo gli eserciti sovietici si riuniscono accerchiando 22 divisioni di fanteria corazzata nazista (3000 uomini).
Il 21 dicembre il fronte è distrutto e l'accerchiamento comprende 250000 soldati oltre a mezzi corazzati e divisioni di artiglieria, senza che Von Paulus tenti in alcun modo di sfondare. A Natale i tedeschi mangiano la loro miseria: ad ognuno di loro è riservato un pezzo di pane e dalle venti alle trenta munizioni al giorno. La situazione della VI armata è senza speranze. L'8 gennaio i sovietici propongono ai tedeschi la resa garantendo la vita ai prigionieri e la possibilità di indossare le loro onorificenze e i gradi conseguiti. Von Paulus declina l'offerta.
Il 9 novembre Hitler aveva dichiarato: «Ho voluto raggiungere il Volga nella città stessa che porta il nome di Stalin». La VI armata tedesca controllava in quel momento nove decimi della città. Il 23 novembre, in seguito alla controffensiva voluta da Stalin, da Berlino Hitler urla: «Non lascerò mai il Volga». La VI armata è condannata dall'ostinazione del suo Führer. Il 24 gennaio 1943 Paulus chiede a Hitler l'autorizzazione a capitolare ma questi il 30 risponde nominandolo feldmaresciallo e ricordandogli: «Mai un maresciallo tedesco si è arreso». Da lui si attende il suicidio. Paulus glielo nega e si arrende ai Sovietici.
Il 31 la lotta è finita. Sulla tragedia di Stalingrado cala il sipario.
È la svolta decisiva della seconda guerra mondiale, e con essa, dell'intero Novecento.42
42. Fonti usate: M. De Vincentiis, La battaglia di Stalingrado (recensione dell'opera omonima di A. Caruso), Anpi.it, 17 dicembre 2012; G. Bufardeci, Battaglia di Stalingrado, Arsbellica.it, 25 luglio 2013; Wikipedia, Battaglia di Stalingrado.