21 Novembre 2024

5.4. LA QUESTIONE DEI DISSIDENTI

Nel rapporto presentato alla riunione solenne tenuta a Mosca in occasione del 100° anniversario della nascita di F.E. Dzeržinskij (9 settembre 1977), Yuri Andropov, direttore del Kgb dal 1967 al 1982, spiega così la questione dei “dissidenti”60:
«Compagni, nel momento in cui il nostro paese si volge verso il passato per commemorare il sessantesimo anniversario della Rivoluzione socialista d’ottobre, non possiamo dimenticare che la formidabile attività creativa del popolo sovietico si è svolta nel contesto di una lotta incessante contro le forze che si frapponevano sulla via dello sviluppo socialista della nostra patria, tentando in tutti i modi di impedirci di costruire la vita nuova, sforzandosi di strangolare il paese dei Soviet. Ingerenze, blocco economico, complotti controrivoluzionari, aggressione nazista, ricatto economico: ecco alcune sfide che abbiamo raccolto e affrontato vittoriosamente. La realtà ha mostrato l’invincibilità del sistema sovietico, la volontà inflessibile del popolo sovietico di difendere le conquiste della Rivoluzione d’ottobre. Tuttavia, i nemici del socialismo non hanno ancora rinunciato ai loro tentativi di boicottare il nuovo regime, o per lo meno di complicare il suo sviluppo, visto che è diventato impossibile abbatterlo con la forza delle armi. Essi combattono il socialismo nella politica e nell’economia, nonché con i loro servizi segreti, usando lo spionaggio e fomentando il deviazionismo, compreso quello ideologico.
I servizi speciali dell’imperialismo tentano di travisare in modo vergognoso gli scopi e la natura stessa della politica del PCUS e dello Stato sovietico e di nuocere alla realtà sovietica. Essi svolgono in campo ideologico azioni di sabotaggio, puntando sul cosiddetto deviazionismo ideologico. Vogliono erodere e smantellare la convinzione comunista dei sovietici, imporci punti di vista e una morale estranei al socialismo e tentare infine di ottenere cambiamenti politici e sociali nella società sovietica, a vantaggio dell’imperialismo. Tutto ciò fa purtroppo parte del mondo così duro in cui viviamo. Ecco perché anche oggi dobbiamo essere molto vigili e prendere tutte le misure indispensabili per neutralizzare le azioni di sabotaggio dei nemici del socialismo. Il partito considera questo un dovere non solo degli organi di sicurezza dello Stato, ma anche di tutte le organizzazioni sociali di Stato, di tutti i comunisti e di tutti i cittadini del nostro paese. Abbiamo motivi validi per considerare una conquista fondamentale l’unità ideologica e politica della società sovietica. La storia non aveva mai conosciuto un sistema sociale come il nostro, in grado di far convivere quasi in un’unica famiglia tutte le classi e tutti i gruppi sociali di una società, tutte le nazionalità e le etnie di un paese. Questo si è verificato perché l’unità ideologica e politica è divenuta una delle principali fonti di forza della società sovietica. Da qui si spiegano gli attacchi violenti da parte degli avversari del socialismo a questa unità. Da qui anche l’incredibile chiasso organizzato dalla propaganda occidentale intorno alla famosa questione “dei diritti e delle libertà”, alla questione detta dei “dissidenti”. Lo stesso termine di “dissidente” (colui che la pensa in un modo diverso) è un’abile trovata propagandistica, che mira a indurre in errore l’opinione pubblica. Utilizzando questo termine, la propaganda borghese spera di dare a intendere che il sistema sovietico non lascia ai suoi cittadini la libertà di pensarla come vogliono e perseguita tutti coloro “che la pensano diversamente”, vale a dire che dissentono dalla linea ufficiale. Questo quadro non ha assolutamente nulla a che vedere con la realtà. Nel corso di un recente intervento, il compagno Leonid Brežnev ha chiaramente enunciato la posizione del partito a questo proposito. “Non è proibito da noi pensare diversamente dalla maggioranza, né valutare in maniera critica questi o quegli aspetti della vita sociale”, ha detto. “Siamo riconoscenti ai compagni che muovono critiche fondate con il fine di far progredire le cose. Coloro che muovono critiche sbagliate vengono da noi considerati semplicemente persone fuorviate”.
Signori ideologi borghesi, vorremmo attirare la vostra attenzione sull’articolo 49 della nuova Costituzione dell’Unione Sovietica. Vi si trova chiaramente enunciato il diritto dei cittadini dell’Unione Sovietica a muovere critiche e a proporre suggerimenti. Vi è detto molto esplicitamente che le vessazioni nei confronti di chi muove delle critiche sono proibite. La cosa è diversa quando un pugno di individui che si sono estraniati dalla nostra società si impegnano in attività antisovietiche, violano le leggi, forniscono informazioni calunniose all’Occidente, diffondono dicerie infondate e tentano di provocare comportamenti antisociali. Questi rinnegati non possono godere di nessun appoggio all’interno del paese. Per questo motivo non si azzardano a intervenire nelle fabbriche, nei kolchoz e nelle amministrazioni. Se lo facessero, verrebbero subito allontanati. I “dissidenti” sono nemici del socialismo che hanno fatto appello alla stampa occidentale, ai servizi diplomatici, ai servizi segreti o simili. Tutti sanno che esiste una professione di “dissidente” generosamente remunerata con valuta pregiata e altre elemosine: il che, alla fine, non è molto diverso dal sistema con cui i servizi segreti imperialisti retribuiscono i loro agenti. Alcuni esponenti occidentali pongono questa domanda che credono sottile: Come spiegate l’esistenza di “dissidenti” dopo sessant’anni di potere sovietico? Questa domanda è “sottile” solo a prima vista. In effetti, sarebbe aberrante supporre che tra i sovietici (più di 260 milioni di persone) non vi fosse nessuno che, su questo o quel problema, la pensa diversamente dalla grande maggioranza. Gli scritti di Marx e di Lenin, e la realtà, ci insegnano che l’educazione dell’uomo nuovo richiede moltissimo tempo e moltissimi sforzi, che è molto più facile realizzare mutamenti sociali ed economici anche profondi. Ma l’elemento più importante è un altro: l’educazione dell’uomo nuovo nei paesi socialisti non si fa sottovuoto, ma nel contesto di una lotta ideologica e politica sempre più aspra in campo internazionale. Sessant’anni di vita nuova sono poca cosa rispetto a millenni trascorsi sotto il segno di una mentalità e di una morale scaturita dalla proprietà privata; non è dunque il caso di stupirsi se esistono nella nostra società persone che non si adattano ai princìpi collettivi del socialismo. Abbiamo il diritto di considerare un successo che queste persone siano sempre più rare. Che ogni decisione fondamentale in materia di politica interna ed estera (il nuovo progetto di Costituzione, per esempio) sia oggetto di un dibattito nazionale; che la politica del partito venga intesa dal popolo sovietico come una questione che gli attiene profondamente; che praticamente il 100% degli elettori voti in favore di questa politica; tutto questo non è forse una testimonianza eloquente dell’unità ideologica e politica della nostra società? Questo non significa che nel socialismo avanzato non possano esservi individui le cui azioni non si inscrivono né nell’ambito morale, né in quello giuridico, della società sovietica. Le ragioni del fenomeno sono diverse: smarrimento politico o ideologico, fanatismo religioso, deviazionismo nazionalista, rancori e fallimenti personali – vissuti come sottovalutazione da parte della società dei meriti e delle possibilità di un singolo individuo – infine instabilità psichica. Abbiamo a che fare con tutti questi casi. L’edificazione della nuova società, della nuova civiltà comunista è un processo complesso e difficile. Non potrebbe essere altrimenti. Come abbiamo già detto, noi ci sforziamo di aiutare coloro che sbagliano, di far loro cambiare opinione e di portarli a correggere i loro errori. Ma quando alcuni di questi “dissidenti” intraprendono azioni che violano le leggi sovietiche, è necessario utilizzare altri metodi. Anche se poco numerose, queste persone esistono ancora nel nostro paese, così come esistono, purtroppo, ladri, colpevoli di concussione, speculatori e altri tipi di delinquenti comuni. Tutti costoro danneggiano la nostra società e per questo devono essere puniti conformemente alle leggi sovietiche. E che non ci si rimproveri di mancare di umanità in questi casi. Noi riteniamo che dar prova di umanità significhi difendere gli interessi della società e porre termine all’attività criminale di coloro che impediscono ai sovietici di vivere e lavorare con tranquillità e nella sicurezza. Devo dire a questo proposito che nel nostro paese i cittadini condannati per attività antisovietiche non sono stati mai così poco numerosi come oggi, da quando esiste il potere sovietico. Si tratta di eccezioni. Questa situazione è il logico riflesso dei processi politici e socio-economici di rafforzamento dell’unità della società sovietica. Ecco in che cosa consiste realmente la questione dei “dissidenti”. Differisce dal quadro che ne dà la propaganda borghese come il giorno dalla notte».
60. Y. Andropov, Sulla strada del socialismo, Mondadori, Milano 1984, pp. 229-233.

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