5.2. L'AIUTO DEL BLOCCO SOCIALISTA CONTRO I CONTRAS DELLA CIA
A questo punto diamo la parola a Andrew e Gordievskij41 per mostrare l'atteggiamento del blocco socialista: «Malgrado l'appoggio cubano […] Mosca non si precipitò a soccorrere i sandinisti. Apprezzava il loro sostegno morale» riguardo all'azione sovietica
I sandinisti hanno spiegato così la sconfitta alle elezioni del 1990:
«dell'Afghanistan, e trovava di suo gusto il loro inno nazionale che stigmatizzava gli yankees come “nemici dell'umanità”. Tuttavia il Cremlino continuò per due anni a nutrire la speranza che il conformista partito comunista nicaraguense potesse prendere il posto dei meno ortodossi sandinisti come forza dominante del nuovo regime. Alla fine del 1981 Castro e i rapporti del KGB avevano convinto Mosca della genuinità dello spirito rivoluzionario dei sandinisti […]. Con l'assistenza dei cubani e dei sovietici, i sandinisti potenziarono l'esercito del Nicaragua portandone gli effettivi da 5.000 a 119.000, facendone pertanto la maggiore forza militare nella storia dell'America centrale. (Malgrado il sostegno americano, gli inetti guerriglieri antisandinisti Contras non superarono mai, neppure nelle stime più ottimistiche, la forza complessiva di 20.000 unità) Il Centro di Mosca fu svelto a concludere un accordo con i servizi d'informazione di Managua e mandare alcuni ufficiali del Ventesimo Dipartimento a stabilire il contatto con “i nostri amici nicaraguensi” […] il direttore del servizio [di intelligence del Nicaragua, ndr] era un ufficiale della DGI cubana che usava lo pseudonimo di Renan Montero. Il Centro mandò settanta consiglieri e istituì in Nicaragua una scuola per la sicurezza dello Stato. […] il Nicaragua permise ai sovietici di installare sul suo territorio quattro basi per la sigint».Manovre ingiustificate? Forse no, visto
«l'aiuto degli USA ai Contras (guerriglieri antisandinisti) e la rivelazione, nel 1984, che la CIA aveva collaborato a minare i porti nicaraguensi e alla distruzione dei serbatoi di petrolio nel porto di Corinto sulla costa del Pacifico. […] Nell'America latina, e anche altrove, si alzò un'ondata di sdegno contro gli Stati Uniti, facendo convergere la solidarietà internazionale sulla lotta antisandinista contro l'imperialismo americano. Malgrado la popolarità personale di Reagan, i suoi appelli per maggiori finanziamenti ai Contras non convinsero né il Congresso né l'opinione pubblica americana. Gli aiuti ai Contras cessarono ufficialmente nel 1984. I tentativi di continuarli in forma ufficiosa invischiarono la Casa Bianca».Dunque il supporto offerto dall'URSS e da Cuba, pienamente accettato dal governo nicaraguense, è determinante per proteggere il Nicaragua dai tentativi golpisti degli USA, che in questo caso perdono per il resto del periodo della guerra fredda un tassello del puzzle del Centro America. I supporti sovietici proseguono anche dopo, così come la guerra sotterranea degli USA (solo nel 1986 il Congresso degli Stati Uniti approverà lo stanziamento di cento milioni di dollari per finanziare i contras) prosegue finché non otterrà la vittoria delle elezioni nella prima tornata elettorale pluripartitica del 1990, che porta al potere l'Unione Nazionale di Opposizione, ampiamente finanziata con milioni di dollari dagli USA. Nel frattempo però, nel 1987, il leader sovietico Michail Gorbaciov ha proposto di sospendere gli aiuti militari sovietici al Nicaragua se gli USA avessero interrotto l'appoggio militare ai contras: «non esistono indicazioni di sorta che il presidente abbia dato alcun seguito alla proposta».
I sandinisti hanno spiegato così la sconfitta alle elezioni del 1990:
«i dieci anni di guerra su tutti i fronti avevano logorato la popolazione. Temevano che, finché i sandinisti fossero restati al potere, i contras e gli Stati Uniti non avrebbero mai moderato la campagna per rovesciarli. La gente votò per la pace. (Come la popolazione della Repubblica Dominicana aveva votato nel 1966 per il candidato appoggiato dagli Stati Uniti per prevenire un ulteriore intervento militare americano). […] Aquì no se rinde nadie. Per dieci anni la gente del Nicaragua aveva gridato questo slogan: “Qui nessuno si arrende”. Ma nel febbraio 1990, fecero esattamente questo».Si apre così per il paese un periodo di transizione e di assestamento della vita politica, caratterizzato dal contrasto fra gli orientamenti del potere governativo e quelli di istituzioni a predominante composizione sandinista (esercito, sindacati, ecc.), e avvia una politica economica neoliberista. Profondi dissidi si verificano ben presto sia all'interno della coalizione di maggioranza, sia nel Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista (FLNS), che si scinde. La corrente sandinista moderata, capeggiata da Sergio Ramírez si separa nel 1994, dando origine nel 1995 ad un nuovo gruppo politico, il Movimento Rinnovato Sandinista (MRS). Anche le elezioni del 1996 vedono la sconfitta del leader sandinista Daniel Ortega e l'avvento del candidato della destra, il neosomozista Arnoldo Alemán Lacayo, rappresentante della grande proprietà terriera, guardato con simpatia dalle gerarchie ecclesiastiche locali. Assunta la carica nel gennaio 1997, Alemán conferma la politica economica delle privatizzazioni adottata dall'amministrazione precedente e cerca di trovare una soluzione legale alle richieste di quanti, primi fra tutti la famiglia Somoza, si erano visti confiscare le proprietà durante il periodo della rivoluzione sandinista. Trovato un accordo fra la maggioranza e l'opposizione sandinista per la restituzione delle terre espropriate e arresosi l'ultimo movimento di guerriglia attivo nel paese, il Fronte unito di Andrès Castro, il processo di pacificazione nazionale si conclude nel 1997.
La politica neoliberista di Alemán e la drastica riduzione del deficit del paese, attuata per realizzare il rigido programma strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, precipitano il Nicaragua in uno stato di grave recessione economica.
Bisogna aspettare il novembre 2006 per veder tornare i sandinisti, molto moderatisi nel tempo, al potere: nelle elezioni presidenziali vince Daniel Ortega con il 38,07% dei voti; il candidato “liberale” Eduardo Montealegre, appoggiato da Washington, si ferma al 29%. Nel 2011 Ortega viene rieletto con il 62,6% dei consensi. Nel 2014 il Parlamento approva una modifica alla Costituzione che rafforza il potere legislativo del presidente, permettendogli di ricandidarsi per un terzo mandato nel 2016, stravinto addirittura con il 72,44% dei voti. Nonostante alcune critiche giunte da sinistra[1], i motivi della larga riconferma ottenuta da Ortega sono da ricercarsi nelle politiche sociali portate avanti in favore dei meno abbienti, oltre che negli investimenti pubblici nelle infrastrutture, per l’elettrificazione del paese, per la salute e l’educazione. Politiche di sostegno alla cultura e allo sport sono state implementate con forza e convinzione. Da non dimenticare lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione con la Cina, come si evince dai lavori per la realizzazione del canale del Nicaragua che sta attraendo numerosi investimenti nel paese. Tra i messaggi di congratulazioni per questa nuova vittoria ottenuta dal Comandante Ortega, vi sono quello del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro, che parla di «vittoria della Patria Grande in Nicaragua»; così come il leader cubano Raul Castro che afferma come con questa schiacciante vittoria «Nuestra America potrà continuare a contare sul Nicaragua per avanzare verso la giustizia e la prosperità per i nostri popoli».43
41. C. Andrew & O. Gordievskij, La storia segreta del KGB, cit., pp. 593-594.
42. Ad esempio M. Urbano Rodrigues, Daniel Ortega ha tradito la Rivoluzione sandinista, Odiario.info-CCDP, 12 novembre 2016.
43. Fonti ulteriori usate: W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., pp. 431-452; Enciclopedia De Agostini, Nicaragua, Sapere.it; Infoaut, 19 luglio 1979: i sandinisti rovesciano la dittatura di Somoza, Infoaut.org, 19 luglio 2017; Redazione, Nicaragua: nuovo trionfo elettorale per Daniel Ortega e il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, L'AntiDiplomatico, 7 novembre 2016.