21 Novembre 2024

4.2. UN ASSASSINIO CHE HA MOLTE RAGIONI

Il 20 ottobre 2011 a Sirte viene barbaramente ucciso Mu'ammar Gheddafi. L'imperialismo occidentale è in prima fila nel sostenere gli integralisti islamici nel suo assassinio:
«L’attacco militare alla Libia da parte del triumvirato imperiale di Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e dei riluttanti “volenterosi” non ha nulla di “umanitario”. È una guerra, punto e basta. Le motivazioni addotte da leader politici e opinionisti per questo intervento, invocando scopi “umanitari”, sono inesistenti, perché ogni ricorso alla violenza militare viene da sempre giustificata, anche dai peggiori mostri come Hitler, per autoconvincersi della verità di quanto asseriscono». (Noah Chomsky)25
Leggiamo ora quanto ha scritto sul regime di Gheddafi il camerunense Jean-Paul Pougala, docente a Ginevra di Sociologia e Geopolitica nel suo breve saggio Le vere ragioni della guerra in Libia26, di cui riportiamo alcuni estratti:
«È la Libia di Gheddafi che offre a tutta l’Africa la sua prima vera rivoluzione dei tempi moderni: assicurare la copertura universale del continente per la telefonia, la televisione, la radiodiffusione e per molteplici altre applicazioni, come la telemedicina e l’insegnamento a distanza. Per la prima volta diventa disponibile una connessione a basso costo su tutto il continente, fino alle più sperdute zone rurali, grazie al sistema di ponti radio WMAX. La storia inizia nel 1992, quando 45 paesi africani creano la società RASCOM per disporre di un satellite africano che faccia abbassare i costi delle comunicazioni nel continente. Telefonare da e verso l’Africa presentava all’epoca le tariffe più care al mondo, perché esisteva un’imposta di 500 milioni di dollari che ogni anno l’Europa incassava sulle conversazioni telefoniche, anche all’interno di uno stesso paese africano, per il passaggio delle comunicazioni sui satelliti europei come Intelsat. Un satellite africano veniva a costare 400 milioni di dollari da sborsare una volta sola, eliminando così il versamento annuale di 500 milioni per avere in affitto i satelliti europei. Quale banchiere non finanzierebbe tale progetto? Ma l’equazione più difficile da risolvere era: come può lo schiavo affrancarsi dallo sfruttamento del suo padrone sollecitando proprio l’aiuto di quest’ultimo per ottenere la sua liberazione? Per 14 anni la Banca Mondiale, il FMI, gli USA, l’UE avevano fatto intravedere la possibilità del finanziamento creando aspettative nei paesi africani. Nel 2006, Gheddafi mette fine a queste inutili richieste caritatevoli ai presunti benefattori occidentali che praticano prestiti a tassi da usurai: la guida libica mette così sul tavolo 300 milioni di dollari, la Banca Africana per lo Sviluppo mette 50 milioni e la Banca dell’Africa Occidentale per lo Sviluppo 27 milioni. E così, il 26 dicembre 2007, l’Africa ha iniziato a gestire il suo primo satellite per le comunicazioni della sua storia. Su questa scia si sono poste la Cina e la Russia che hanno ceduto la loro tecnologia permettendo quindi il lancio di nuovi satelliti (Sudafrica, Nigeria, Angola, Algeria), e la messa in orbita nel luglio del 2010 di un secondo satellite africano. Per il 2020 è prevista la costruzione del primo satellite frutto al 100% della tecnologia africana, costruito sul suolo africano, esattamente in Algeria. Si prevede che questo satellite sarà in grado di fare concorrenza ai migliori satelliti del mondo con costi dieci volte inferiori. Una vera sfida! Ecco come un semplice gesto simbolico di 300 piccoli milioni ha cambiato la vita di tutto un continente. La Libia di Gheddafi ha fatto perdere all’Occidente non solo 500 milioni di dollari all’anno, ma i miliardi di dollari di debiti e di interessi che questo debito permetteva di generare all’infinito e in modo esponenziale, contribuendo anche a mantenere in vita il meccanismo occulto di spoliazione dell’Africa. […] I 30 miliardi di dollari sequestrati da Obama appartengono alla Banca Centrale Libica ed erano previsti quale contributo finanziario libico alla costruzione della Federazione Africana attraverso tre progetti guida:
a) la Banca Africana di Investimenti a Sirte in Libia;
b) la creazione nel 2011 del Fondo Monetario Africano (FMA) con un capitale di 42 miliardi di dollari, con sede a Yaoundé in Camerun;
c) la Banca Centrale Africana, con sede a Abuja in Nigeria, la cui prima emissione della moneta africana decreterà la fine del Franco CFA, la moneta con cui Parigi mantiene il controllo su alcuni paesi africani da oltre 50 anni.
È quindi comprensibile, una volta di più, la rabbia di Parigi contro Gheddafi. Il FMA dovrebbe sostituire in toto le attività sul territorio africano del FMI, che con soli 25 miliardi dollari di capitale ha messo in ginocchio tutto il continente con privatizzazioni discutibili, come l’obbligo per i paesi africani di passare da forme di monopolio pubblico a monopoli privati. Persino gli stessi paesi occidentali hanno bussato alla porta per essere ammessi come membri del FMA. Però, il 16-17 dicembre 2010 a Yaoundé, all’unanimità gli africani hanno respinto questa bramosia, stabilendo che solo i paesi africani potevano essere membri di questo FMA. […] Ciò che muove la bramosia di tutti i paesi che stanno bombardando la Libia e che li accomuna, è che sono tutti dal punto di vista finanziario in fallimento. Gli USA da soli hanno un debito di 14 mila miliardi di dollari; la Francia, la Gran Bretagna e l’Italia hanno ciascuna quasi 2 mila miliardi di debito pubblico, quando i 46 paesi dell’Africa nera hanno in totale un debito pubblico inferiore a 400 miliardi di dollari. Creare conflitti con falsi pretesti in Africa, nella speranza di trovare l’ossigeno per continuare nella loro apnea economica, ma che invece peggiorerà la loro situazione, porterà gli occidentali a sprofondare nel loro declino che è partito nel 1884 dopo la famosa Conferenza di Berlino. Perché, come aveva predetto l’economista americano Adam Smith nel 1865 a sostegno di Abraham Lincoln per l’abolizione della schiavitù: “L’economia di tutti i paesi che praticano oggi la schiavitù dei neri sta innescando una discesa agli inferi, che sarà terribile il giorno che inizierà il risveglio delle altre nazioni”. […] Per destabilizzare e distruggere l’unità africana, che va pericolosamente (per l’Occidente) verso la costruzione degli Stati Uniti d’Africa con Gheddafi capofila, l’UE ha tentato sin dall’inizio senza riuscirci di giocare la carta della creazione dell’Unione per il Mediterraneo (UPM). Era assolutamente necessario separare nettamente il nord Africa dal resto del continente, portando avanti le medesime tesi razziste proprie del XVIII-XIX secolo, secondo le quali le popolazioni africane di origine araba sarebbero più evolute, più civilizzate di quelle del resto dell’Africa. Questa creazione dell’UPM è fallita perché Gheddafi ha rifiutato di entrarvi. Egli aveva compreso subito il gioco, a partire dal momento in cui si parlava dell’UPM associandovi solo alcuni paesi africani senza includervi l’UA, ma invitando tutti i 27 paesi dell’UE. L’UPM senza il motore principale della Federazione Africana è fallita ancor prima di iniziare, un nato-morto con Sarkozy come presidente e Mubarak come vice-presidente. È ciò che Alain Juppé tenta di rilanciare scommettendo naturalmente sulla caduta di Gheddafi. Ciò che i dirigenti africani non comprendono è che, fino a che sarà l’UE a finanziare l’UA, si sarà sempre al punto di partenza, perché in queste condizioni non si realizzerà mai una effettiva indipendenza. In questa stessa direzione, l’UE ha incoraggiato e finanziato in Africa raggruppamenti regionali. È evidente che la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO) che ha un’ambasciata a Bruxelles e che riceve la parte essenziale dei suoi finanziamenti dall’UE, è un importante ostacolo contro la Federazione Africana. Questo è ciò che Lincoln aveva combattuto con la Guerra di Secessione negli USA, perché dal momento in cui un gruppo di paesi si raggruppano in un’organizzazione politica regionale, questo non può che rendere fragile l’organizzazione centrale. Questo è ciò che l’Europa voleva, e quello che gli africani non hanno ben compreso creando uno dopo l’altro il Mercato Comune dell’Africa Orientale e meridionale (COMESA), la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale (UDEAC), la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) e il “Grande Maghreb” non ha mai funzionato ancora una volta grazie a Gheddafi che lo aveva ben capito. […]
Gheddafi è nel cuore di pressoché tutti gli africani come un uomo molto generoso e umanitario per il suo sostegno disinteressato alla battaglia contro il regime razzista del Sudafrica. Se Gheddafi fosse stato un uomo egoista nulla l’avrebbe obbligato ad attirare su di sé i fulmini degli occidentali per il suo sostegno finanziario e militare all’African National Congress (ANC) nella lotta contro l’apartheid. Per questo motivo, il 23 ottobre 1997, appena liberato dopo 27 anni di prigionia, Nelson Mandela decide di rompere l’embargo dell’ONU contro la Libia. A causa di questo embargo anche aereo, per cinque lunghi anni nessun aereo aveva potuto atterrare direttamente in Libia; per arrivarci occorreva prendere un aereo per la Tunisia, arrivare a Djerba, viaggiare in macchina per cinque ore verso Ben Gardane, attraversare la frontiera e dopo tre ore di strada nel deserto si arrivava a Tripoli. Oppure bisognava passare per Malta e compiere la traversata di notte su naviglio poco affidabile sino alla costa libica. Un calvario per tutto un popolo solo per punire un unico uomo. Mandela decise di spezzare questa ingiustizia e rispondendo all’ex presidente USA Bill Clinton, che aveva giudicato questa visita “illegale”, insorse affermando: “Nessuno Stato può arrogarsi il ruolo di gendarme del mondo, e nessuno Stato può dire agli altri ciò che devono fare”. Ed aggiunse: “Coloro che ieri erano amici dei nostri nemici hanno oggi la sfrontatezza di propormi di non visitare il mio fratello Gheddafi, ci consigliano di essere ingrati e di dimenticare i nostri amici di ieri”».
25. P. Lombroso, Libia, Chomsky: “Un intervento neo imperiale”, Il Manifesto-Infoaut.org, 8 aprile 2011.
26. J. P. Pougala, Le vere ragioni della guerra in Libia, Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia, Civg.it, 28 marzo 2011.

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