4.1. 23 AGOSTO 1939: UN CAPOLAVORO DIPLOMATICO
«Lo storico sovietico V. J. Sipols cita, dal diario dell'allora Ministro degli Interni statunitense, H. Ickes, la seguente valutazione riguardo alla posizione assunta dalla Gran Bretagna nel corso delle trattative con l'Unione Sovietica: “La Gran Bretagna sarebbe potuta giungere già da tempo a un accordo con l'Unione Sovietica, ma si è cullata nella speranza di spingere la Russia e la Germania l'una contro l'altra, salvando così la propria pelle”. Di particolare interesse i rapporti forniti dell'ambasciatore polacco a Washington, conte Jerzy Potocki, al ministro degli Esteri di Varsavia, inerenti i colloqui avuti con l'ambasciatore statunitense a Parigi, William Bullit, che in quel momento si trovava a Washington. In un resoconto relativo a un colloquio avuto il 21 novembre del 1938, Potocki riporta in tal modo l'opinione di Bullit: “Il desiderio degli Stati democratici sarebbe che lì, in Oriente, si arrivasse a degli scontri bellici tra il Reich tedesco e la Russia. Poiché fino ad oggi non conosciamo il potenziale delle forze dell'URSS, potrebbe accadere che la Germania si allontani troppo dalle sue basi, condannandosi a una guerra lunga e di logoramento. Solo in quel momento gli Stati democratici, come ritiene Bullit, attaccherebbero la Germania, costringendola alla capitolazione”.
In un'altra relazione di Potocki su un colloquio con Bullit del 16 gennaio 1939, si legge:
“Bullit rispose che gli Stati democratici avevano abbandonato una volta per tutte l'ipotesi di ogni intervento armato in difesa di un qualunque Stato che fosse caduto vittima dell'attacco tedesco”.
Al governo polacco veniva così dichiarato brutalmente e senza ombra di dubbi che sarebbe stato lasciato solo nel caso in cui la Germania nazista avesse deciso di aggredire la Polonia. Ma fu proprio la Polonia a fare tutto quanto in suo potere per evitare un'alleanza militare dell'Inghilterra e della Francia con l'Unione Sovietica, eliminando così l'unica possibilità per il mantenimento della pace e per la sua stessa esistenza. L'antisovietismo suicida e dettato dall'odio fu per il governo polacco del tempo più forte della preoccupazione per la sussistenza della nazione». (Kurt Gossweiler)25
Il 23 agosto 1939 viene siglato il Patto di Non Aggressione tra Germania e URSS dai ministri Molotov e Von Ribbentrop. Questa mossa tattica, su cui tanto si è speculato a posteriori da parte delle ipocrite potenze borghesi, è non solo una mossa obbligata da parte di Stalin, ma a posteriori la vera chiave di volta per la vittoria della guerra. Gran Bretagna e Francia avevano fino a quel momento cercato in tutti i modi di utilizzare Hitler in chiave anti-sovietica, sperando fosse la Germania a risolvere lo spinoso problema del bolscevismo dilagante. È un caso che abbiano respinto i continui appelli sovietici di alleanza militare anti-nazista giunti fino a pochi giorni prima della firma del patto? È un caso che Francia e Gran Bretagna non siano intervenute a fianco dei repubblicani nella guerra di Spagna, per non irritare i tedeschi? È un caso che Francia e Gran Bretagna non abbiano invitato l'URSS alla sciagurata Conferenza di Monaco spalancando a Hitler le porte verso l'Est?
Secondo Stalin e il PCUS non era un caso, ed è difficile dar loro torto. Sapevano perfettamente già dal 1933 che il nazismo era un nemico ancor più terribile per l'URSS, pur non essendo altro che uno dei molti strumenti con cui il capitalismo cercava di opporre resistenza alla minaccia bolscevica. Sapevano anche che serviva ancora tempo per riorganizzare l'Armata Rossa dopo le purghe militari che avevano sventato i complotti del 1937-38, e che bisognava intensificare la produzione di materiale bellico per prepararsi alla guerra imminente. Una guerra che però si voleva evitare di affrontare da soli contro il temibile nemico tedesco. Il patto ha avuto l'effetto di rovesciare la minaccia tedesca ad Ovest, obbligando Francia e Gran Bretagna ad entrare in guerra contro Hitler, che si resero contro troppo tardi di essere incapaci di manovrare. Stalin si era espresso così nel 1934:
Secondo Stalin e il PCUS non era un caso, ed è difficile dar loro torto. Sapevano perfettamente già dal 1933 che il nazismo era un nemico ancor più terribile per l'URSS, pur non essendo altro che uno dei molti strumenti con cui il capitalismo cercava di opporre resistenza alla minaccia bolscevica. Sapevano anche che serviva ancora tempo per riorganizzare l'Armata Rossa dopo le purghe militari che avevano sventato i complotti del 1937-38, e che bisognava intensificare la produzione di materiale bellico per prepararsi alla guerra imminente. Una guerra che però si voleva evitare di affrontare da soli contro il temibile nemico tedesco. Il patto ha avuto l'effetto di rovesciare la minaccia tedesca ad Ovest, obbligando Francia e Gran Bretagna ad entrare in guerra contro Hitler, che si resero contro troppo tardi di essere incapaci di manovrare. Stalin si era espresso così nel 1934:
«Lo sciovinismo e la preparazione della guerra come elementi fondamentali della politica estera; la repressione contro la classe operaia e il terrore nel campo della politica interna, come mezzo indispensabile per il rafforzamento delle retrovie dei futuri fronti di guerra – ecco che cosa preoccupa oggi particolarmente gli uomini politici imperialisti dei nostri giorni. Non c'è da stupirsi che il fascismo sia diventato oggi l'articolo più di moda fra gli uomini politici della borghesia guerrafondaia. Non parlo soltanto del fascismo in generale, ma prima di tutto del fascismo di tipo tedesco, che erroneamente vien chiamato nazional-socialismo, perchè il più minuzioso degli esami non lascia scoprire in esso neppure un atomo di socialismo. In rapporto a ciò, la vittoria del fascismo in Germania non dev'essere soltanto considerata come un segno di debolezza della classe operaia e come il risultato del tradimento della classe operaia da parte della socialdemocrazia che ha aperto la strada al fascismo. Essa dev'essere anche considerata come un segno della debolezza della borghesia, come un segno del fatto che la borghesia non è più in grado di dominare coi vecchi metodi del parlamentarismo e della democrazia borghese e si vede perciò costretta a ricorrere nella politica interna a metodi di governo terroristici, come un segno del fatto che essa non è più in grado di trovare una via d'uscita dalla situazione attuale sulla base d'una politica estera di pace ed è perciò costretta a ricorrere a una politica di guerra. Tale è la situazione. Come vedete, si va verso una nuova guerra imperialista, come via d'uscita dalla situazione attuale».
(dal Rapporto al XVII Congresso del Partito, 26 gennaio 1934)
25. K. Gossweiler, Contro il revisionismo, cit., pp. 72-73; si consiglia lettura dell'intero capitolo Considerazioni sul trattato di non aggressione tedesco-sovietico del 1939, disponibile su Associazionestalin.it.