«L’assoggettamento della donna è dedotto dalla sua origine: nata dalla costola d’Adamo, Eva non esiste che per lui; ella non è onorata da una creazione personale. Per un lungo periodo di tempo si è interpretata la Genesi in senso letterale, che recita: “Le donne devono ricordarsi della loro origine”, dice Bossuet, “e pensare che esse vengono da un osso soprannumerario”. Disillusa dalla scienza, Roma ammette infine che questa costola è simbolica, ma il fedele è tenuto a credere che “la prima donna fu formata dal primo uomo”. La Chiesa non dimentica mai di ricordare, con tutta la delicatezza del caso, che Eva ha introdotto il peccato nel mondo, la maledizione e la morte: “È causa della donna che è iniziato il peccato ed è a causa sua che noi moriamo tutti” (Sir. 25: 24). L’inferiorità della donna è dunque naturale. Aristotele aveva detto che essa “è un uomo mancato” e S. Tommaso precisava “secondo la natura il mascolino è il migliore, il femminino meno buono: mas occasionatus”. Bonaparte, collegando il Codice civile al libro della Genesi, concluderà: “La donna non è che una costola, essa è schiava del marito”. Non è il culto di Maria che riabilita la donna: è la promozione sociale della donna che ha ispirato il culto di Maria. E che non ci vengano a dire che il cristianesimo ha emancipato la donna!»5