33. IL REALISMO MAGICO E SOCIALISTA DI GABRIEL GARCIA MARQUEZ
«Il colonnello Aureliano Buendìa promosse trentadue sollevazioni armate e le perse tutte. Ebbe diciassette figli maschi da diciassette donne diverse, che furono sterminati l’uno dopo l’altro in una sola notte, prima che il maggiore compisse trentacinque anni. Sfuggì a quattordici attentati, a settantatré imboscate e a un plotone di esecuzione. Sopravvisse a una dose di stricnina nel caffè che sarebbe bastata ad ammazzare un cavallo. Respinse l’Ordine del Merito che gli conferì il presidente della repubblica. Giunse a essere comandante generale delle forze rivoluzionarie, con giurisdizione e comando da una frontiera all’altra, e fu l’uomo più temuto dal governo, ma non permise mai che lo fotografassero. Declinò il vitalizio che gli offrirono dopo la guerra e visse fino alla vecchiaia dei pesciolini d’oro che fabbricava nel suo laboratorio di Macondo». (da Cent'anni di solitudine)Gabriel José de la Concordia García Márquez, soprannominato Gabo (Aracataca, 6 marzo 1927 – Città del Messico, 17 aprile 2014), è stato uno scrittore, giornalista e saggista colombiano, naturalizzato messicano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1982. Tra i maggiori scrittori in lingua spagnola, García Márquez è considerato uno dei più emblematici esponenti del cosiddetto «realismo magico», la cui opera ha fortemente contribuito a rilanciare l'interesse per la letteratura latinoamericana. Il suo romanzo più famoso, Cent'anni di solitudine (1967), è stato votato, durante il IV Congresso Internazionale della Lingua Spagnola (Cartagena, marzo 2007), come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta, preceduta solo dal Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes. Ma Gabo è stato anche un grande difensore del socialismo:
«Il suo amico Plinio Apuleyo Mendoz ha raccontato che una volta gli confessò il suo desiderio che il mondo fosse “socialista, e credo - disse - che prima o poi lo sarà”. “Gabo intende per socialismo un sistema di progresso, libertà e uguaglianza relativa”, ha aggiunto Mendoza. […] Segnato, come tutta la sua generazione, dalla speranza di rinnovamento incarnata dalla Rivoluzione cubana, Garcia Marquez dichiarò nel 1971: “Continuo a credere che il socialismo sia una possibilità reale, che sia la soluzione che ci vuole per l’America Latina e che sia necessario avere una militanza più attiva”».72Leggiamo ora un estratto di un articolo assai meno “neutrale”73 (e non certo in senso filo-bolscevico) che vorrebbe denunciare il sostegno di Marquez al «social-comunismo» ma che si presta involontariamente ad offrire una visione generale del suo curriculum politico:
«Qualcuno si è preso la briga di ricordare le gravi compromissioni umane e politiche del Gabo, che ha contribuito come pochi ad alimentare le menzogne circa il social-comunismo ed i regimi e movimenti totalitari […]. In questo senso, basterà menzionare i suoi reportage dai paesi dell’Europa dell’est degli anni 1950 e il supporto internazionale dato alla Cuba castrista. Per quanto riguarda i primi, occorre riandare al 1954, periodo di piena “Guerra fredda”, durante il quale García Márquez si stabilì per un periodo a Parigi, essendo stato chiuso dal governo il magazine colombiano per il quale lavorava. Commissionato quindi da un giornale venezuelano di scrivere dei reportage sui paesi euro-orientali al di là della Cortina di Ferro, compì negli anni successivi ben tre viaggi di studio nei maggiori Stati, come si facevano chiamare allora “a democrazia popolare”, […] non mise minimamente in discussione il suo credo nel socialismo come il solo sistema in grado di risolvere l’ineguale distribuzione della ricchezza […]. Pur non aderendo formalmente al Partito Comunista Colombiano, come ha ricordato opportunamente dopo la sua morte il quotidiano britannico The Telegraph, García Márquez ha però “sempre mantenuto stretti rapporti personali con i sui maggiori leader in Colombia, e, nonostante la messa fuori legge del partito fra il 1954 ed il 1957, non mancò mai di versare al Partito propri contributi finanziari mensili” […]. Uno dei suoi rapporti più controversi è stato poi quello con […] Fidel Castro, che García Márquez conobbe a L’Avana a gennaio del 1959, pochi giorni dopo il trionfo della Rivoluzione. Infatti, l’ingresso a L’Avana dei barbudos lo colse “pieno di giubilo” […] e, per questo, lo scrittore si recò immediatamente nella Cuba castrista per assistere ed aiutare la fondazione dell’agenzia di Stato Prensa Latina. Inoltre, fu invitato dal Líder Máximo a fondare un ufficio informazioni dell’agenzia a Bogotà, dal quale come corrispondente “dedicò i due anni successivi a difendere energicamente la rivoluzione cubana, prima dalla Colombia e poi da New York. Tanto che durante la crisi dei missili cubani del 1962 le autorità americane furono indotte a sequestrargli documenti e carta di credito, costringendolo ad abbandonare il paese” […] Secondo l’amico Plinio Apuleyo Mendoza, Castro e García Márquez erano amici […]. Il Gabo non ha mai militato in nessun partito anche se ne ha sostenuti diversi. A Caracas, per esempio, quando gli è stato conferito il premio letterario Rómulo Gallegos per il romanzo Cent’anni di solitudine, García Márquez donò i 100mila dollari del riconoscimento al partito venezuelano Movimento al Socialismo (Mas) dell’amico Teodoro Petkoff. “Perché non è possibile che il Mas abbia meno”, aveva detto, in riferimento alle risorse economiche dell’organizzazione politica” […]. È noto che, anche per questa sua tartufesca sebbene decisa adesione ideologica al social-comunismo, García Márquez non sia mai piaciuto ad uno dei maggiori intellettuali cattolici colombiani del Novecento: Nicolás Gómez Dávila. Quest’ultimo, infatti, non faceva mistero a tutti coloro che lo andavano a trovare che, nella sua immensa biblioteca, (contava oltre 30.000 libri), non ce ne fosse nemmeno uno scritto dal suo connazionale. Forse perché l’autore di Cent’anni di solitudine era di fatto un ateo e materialista?»