«All’origine c’è la Bibbia che attribuisce alla donna il primo peccato e rende sospette tutte le figlie di Eva e le vota fin dalla loro nascita a un marchio d’infamia. Così, dopo la messa al mondo d’un bambino “l’impurità della madre dura 7 giorni; 14 per una bambina. La sua purificazione esige 33 giorni per un maschio, ma per una femmina 70” (Lev. 12: 2-6). Di solito, le femmine contano così poco che non si menzionano mai in una discendenza. Più tardi, il fidanzato compra la prescelta dal padre: “lui gli passa al naso un anello e la porta via” (Gen. 24: 47). Da quel momento è di sua proprietà: “Tu non desidererai la donna del tuo vicino, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né niente che gli appartenga” (Es. 20: 17; Deut. 5: 21). Rinunciando anche alla propria identità, ella dice allo sposo: “La tua gente sarà la mia gente e il tuo Dio sarà il mio Dio” (Ruth 1: 16). Dal tempo di Lamech (Lemek), gli ebrei erano poligami e potevano ripudiare le proprie spose con il minimo pretesto, per esempio un cibo troppo cotto o troppo salato. Si lapidava la donna adultera e “la giovane sposa trovata non vergine” (Deut. 22: 21). La misoginia biblica è una vera chicca: “la donna è frivola, stupida e ignorante” (Prov. 9: 13). Il profeta Maometto a sua volta afferma: “Ho visto che la maggior parte di coloro che sono nel fuoco dell’inferno sono donne… [Poiché] esse sono ingrate verso i loro mariti e deficienti in intelligenza e religione. Esse sono pericolose e impure nei loro corpi e nei loro pensieri. Io non tocco la mano delle donne e bisogna impedire loro d’imparare a scrivere”.
Le grandi religioni monoteiste, al di là dei particolarismi confessionali, faranno a gara a chi avrà più irriverenza e disprezzo per la donna: “Tanto vale spezzare le Tavole della legge” - commenta il Talmud - “piuttosto che spiegargliele”. Le donne devono essere fecondate per trasmettere alle generazioni la fede di un tempo: è questo il ruolo primario che il Creatore ha loro indicato. Talvolta fisicamente la donna è bella, ma è sempre pericolosa: “il suo sguardo è una rete, i suoi seni una trappola, le sue braccia catene”. Moralmente, “vale più la malizia d’un uomo che la bontà d’una donna”. (Eccl. 42: 14). Riassumendo, “la donna è più amara della morte”. Questa è la parola di Dio.
Ma l’evoluzione sociale attenua la legge di Mosè: il Nuovo Testamento mostra costumi addolciti, segnando un progresso rispetto al passato. Si vede Gesù intrattenersi pubblicamente con la Samaritana e assolvere la donna adultera, evitandole la lapidazione. Certo, il perdono gli è stato più facile che al marito e il Vangelo talvolta cade nell’insulto: “Che c’è in comune fra te e me?” (Giov. 2: 4) o ancora: “C’erano circa 5.000 uomini, senza contare le donne e i bambini” (Matt. 14: 21).
Osserviamo anche un fatto raramente evidenziato: quando la Bibbia vuole umiliare qualcuno lo definisce “figlio della donna” (Giobbe 15: 14). Ma nel Vangelo, Gesù è sempre “il figlio dell’uomo” (Luca 6: 5)».3