21 Novembre 2024

3.06. BLACK PANTHERS E BLACK POWER

«Martin Luther King ha pregato e predicato per la libertà, Malcom X ha detto che bisognava prendersela, i Black Panthers lo hanno fatto». (Melvin e Mario Van Peebles, registi afroamericani)27
A metà anni ‘60, in parallelo con le lotte non-violente portate avanti dal Movimento per i Diritti Civili egemonizzato da Martin Luther King, si fa largo una parallela radicalizzazione violenta della protesta degli afroamericani. Nel 1965 scoppiano rivolte razziali nei “ghetti” neri delle grandi città.
Tra il 1966 e il 1968 sono 250 le città coinvolte in scontri: 220 i morti, per lo più in California e nelle città del Nord.
Nel 1964 erano nati i Deacons for Defense: gruppi armati di autodifesa formati da afroamericani in Louisiana e altri stati del Sud, dove ancora spadroneggia il KKK. La discriminazione e la segregazione nel Nord non derivano dalla legge ma da un radicato razzismo popolare che si manifesta anche in un evidente svantaggio economico: il reddito medio dei neri rispetto ai bianchi è del 60% nel 1960 e del 65% nel 1970. In questo contesto si diffondono l’ideologia del Black Power e la corrispondente organizzazione delle Black Panthers.
Il Black Power mostra una serie di differenze rispetto al movimento di King:
- una diversa localizzazione (il Nord);
- una diversa metodologia di lotta (che non disdegna la violenza armata);
- un rigetto per la tradizione e i valori statunitensi di matrice occidentale (favorito dalle contraddizioni e dagli orrori della guerra del Vietnam);
- un diverso obiettivo: la separazione dai bianchi, il che porta ad esaltare l’ascendenza africana e l’orgoglio nero;
- il rifiuto di un’istruzione “biancocentrica” e la tendenza al rigetto del cristianesimo, la religione degli oppressori; fioriscono invece le conversioni all’Islam nella variante eterodossa della Nation of Islam, la quale propone una dottrina per la quale Allah fosse nero e avanza il progetto di uno Stato riservato agli afroamericani nel Sud degli USA. La Nation of Islam vive una fase di espansione grazie alle predicazioni di Malcolm Little (X), raggiungendo i 250 mila aderenti a fine anni ‘60, il più famoso dei quali Cassius Clay. Il giornale dell’associazione è il Muhammad Speaks (con 600 mila copie di tiratura) dove Malcolm X collega la religione alla lotta politica interna e internazionale (facendo riferimento alla decolonizzazione). Espulso dal leader Elijah Muhammad per divergenze politiche e personali, Malcolm X prima di morire teorizza l’unità delle razze su base religiosa, mostrando una maggiore disponibilità a collaborare con il movimento non-violento, rifiutando infine l'ottica del separatismo razziale e stimolando una riflessione di tipo nuovo sul concetto della “razza bianca” come costruzione socio-culturale.
Nel 1966 nasce a Oakland, per iniziativa di Huey Newton e Bobby Seale, il Black Panther Party, una piccola (non ha mai superato i 5000 membri) ma combattiva organizzazione che tenta di dare uno sbocco politico all’ideologia del black power per via rivoluzionaria.
Il programma politico dell’organizzazione verte su 10 parole d’ordine:
1. Vogliamo la libertà, vogliamo il potere di determinare il destino della nostra comunità nera.
2. Vogliamo piena occupazione per la nostra gente.
3. Vogliamo la fine della rapina della nostra comunità nera da parte dell’uomo bianco.
4. Vogliamo abitazioni decenti, adatte a esseri umani.
5. Vogliamo per la nostra gente un’istruzione che smascheri la vera natura di questa società americana decadente. Vogliamo un’istruzione che ci insegni la nostra vera storia e il nostro ruolo nella società attuale.
6. Vogliamo che tutti gli uomini neri siano esentati dal servizio militare.
7. Vogliamo la fine immediata della brutalità della polizia e dell’assassinio della gente nera.
8. Vogliamo la libertà per tutti gli uomini neri detenuti nelle prigioni e nelle carceri federali, statali, di contea e municipali.
9. Vogliamo che tutta la gente nera rinviata a giudizio sia giudicata in tribunale da una giuria di loro pari o da gente delle comunità nere, come è previsto dalla Costituzione degli Stati Uniti.
10. Vogliamo terra, pane, abitazioni, istruzione, vestiti, giustizia e pace.
Oltre a questi punti, il Partito sviluppa, attraverso specifiche campagne, una strategia di radicamento sociale che costituisce, più che il possesso delle armi, la vera chiave di volta della loro lotta politica e il nucleo della strategia dell’autodifesa. Nascono così diversi programmi a favore delle comunità, come il Free Breakfast for Children (programma di colazioni gratuite per i bambini neri), il programma di assistenza sanitaria gratuita per i neri e le scuole di educazione politica per gli adulti. Inoltre le Pantere Nere provvedono ad accompagnare i parenti dei detenuti di colore, impossibilitati a muoversi autonomamente e con i mezzi pubblici, alle carceri tramite un proprio servizio di trasporti.
Le Pantere Nere manifestano una forte opposizione alla guerra del Vietnam, letta come espressione dell’imperialismo USA portata avanti con soldati (e morti) neri.
Progressivamente le analisi assumono un carattere sempre più classista e marxista.
L’ideologia di fondo si può riassumere come un intreccio tra tre autori di riferimento: Malcolm X, Karl Marx e Frantz Fanon. Il partito affronta al proprio interno un dibattito da cui esce un doppio orientamento rappresentato dalle relative tendenze: da un lato chi enfatizza la lotta mondiale contro il razzismo; dall’altro chi batte sulla necessità di concentrare lo sforzo contro le disuguaglianze sociali, senza precludersi alla collaborazione con i bianchi più poveri. L’organizzazione negli anni ‘70 va incontro ad un progressivo declino, dovuto a vari fattori:
-una furibonda repressione messa in atto in particolar modo durante i governi di Nixon;
-lo scarso successo della propaganda del socialismo in una società intrisa di cultura capitalista e sempre più “middle class” (anche tra i neri i ceti medi benestanti sono ormai il 35,3% nel 1970);
-un certo atteggiamento sessista e discriminatorio verso le donne, nonostante non manchino figure femminili di spicco come Angela Davis;
-l'indebolimento conseguente alle lotte intestine al partito, dovute non solo alle divergenze strategiche ma anche tattiche (specie sul tema del ricorso o meno alla violenza);
-una semi-cronica mancanza di fondi.
L’insieme di questi fattori, unito al miglioramento progressivo delle condizioni degli afroamericani negli anni ‘70, porta allo scioglimento formale del Black Panther Party nel 1977.
Particolarmente virulento risulta il fenomeno della repressione: «nelle rivolte urbane nere degli anni 1965-70, furono uccise 188 persone, almeno 7612 furono ferite e altre 52.920 furono arrestate».
L’organizzazione era entrata infatti nel mirino di Edgar Hoover e dell’FBI, che per smantellarla opera con ogni mezzo: infiltrazione di agenti sotto copertura, blitz nelle sedi del movimento, arresti e altre forme di repressione.
Famoso è l’assassinio di Fred Hampton, uno dei leader del movimento, il 4 dicembre 1969: ucciso di buon mattino, nel corso di un attacco della polizia alla casa ove dormiva insieme a compagni di lotta. La polizia di Chicago, difesa dal Procuratore Harrahnn, sostiene di aver risposto al fuoco apertole contro da Brenda Harris e altre “Pantere”.
Il film-inchiesta del regista Mike Gray L’Assassinio di Fred Humpton (1973) riporta documenti e interviste che dimostrerebbero la tesi della premeditazione e gratuità dell’assassinio.
Nella repressione sono finiti in carcere anche l’italiana Silvia Baraldini e l’attivista Mumia Abu Amal, quest’ultimo accusato con prove false dall’FBI di aver ucciso il poliziotto Daniel Faulkner, finendo condannato a morte.
Nemmeno la confessione del vero assassino, Arnold Beverly, che ha ammesso di aver ucciso Faulkner per ordine della mafia, è servita ad istruire una revisione del processo e tuttora, nonostante le mobilitazioni internazionali, Amal continua a scontare una pena ormai lunga più di 30 anni.28
27. Citato in G. Sartori, La battaglia per la libertà delle Pantere Nere, Il Popolo Veneto, 30 gennaio 2017.
28. Fonti usate: S. Luconi, Gli afro-americani dalla guerra civile alla presidenza di Barack Obama, cit., cap. Black Panthers e Black Power; B. Cartosio, I lunghi anni Sessanta: movimenti sociali e cultura politica negli Stati Uniti, Feltrinelli, Milano 2012; S. Ricaldone (a cura di), Dai Rosemberg a Mumia Abu Amal: La “democrazia USA” affidata alle cure degli specialisti della repressione dell’F.B.I., CCDP, 5 giugno 2004; Wikipedia, Pantere Nere e Mumia Abu-Jamal.

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