21 Novembre 2024

2.7. L’INSTAURAZIONE DEL POTERE SOVIETICO A MOSCA

«Un significato determinante per i destini della rivoluzione socialista ebbe il passaggio del potere ai soviet a Mosca. La controrivoluzione aveva concentrato qui le sue maggiori forze nella speranza di trasformare Mosca nella sua principale roccaforte. La mattina del 25 ottobre (7 novembre), durante la seduta del comitato di Mosca del partito bolscevico, giunse la notizia dell’insurrezione armata a Pietrogrado. Immediatamente il comitato di Mosca formò un centro militare di partito, del quale entrarono a far parte Vladimirskij, Podbelskij, Pjatnickij, Jaroslayskij e altri, e chiamò operai, soldati, contadini, ferrovieri, impiegati delle poste e del telegrafo alla lotta per la instaurazione del potere sovietico. Nello stesso giorno, reparti della Guardia Rossa assieme a soldati rivoluzionari del 56° reggimento, con a capo Vedernikov, occuparono la posta e il telegrafo. Tuttavia, il comitato di Mosca, nella organizzazione della lotta contro la controrivoluzione, commise seri errori. Il Comitato militare rivoluzionario presso il soviet di Mosca fu creato con ritardo, la sera del 25 ottobre (7 novembre), dopo che la battaglia per il potere era già iniziata. I bolscevichi accettarono la partecipazione dei menscevichi, i quali però, contemporaneamente, entrarono anche nel centro controrivoluzionario “Comitato per la sicurezza pubblica”, formatosi quella stessa sera durante la riunione della Duma cittadina. Nella notte del 26 ottobre (8 novembre) il Comitato militare rivoluzionario diffuse l’ordine di mettere in stato d’allarme le forze rivoluzionarie. L’ordine faceva divieto alle unità militari di eseguire disposizioni che non venissero dal Comitato militare rivoluzionario. Si proponeva poi alle organizzazioni rionali bolsceviche di create sul luogo comitati rivoluzionari, di armare i reparti e di occupare i punti più importanti della città. Nei rioni cittadini di Zamoskvorece, Sokolniki, Chamovniki, della Presnja e in altri, i comitati rivoluzionari, sostenuti dalle Guardie Rosse e dai soldati rivoluzionari della guarnigione, si resero rapidamente padroni della situazione. Un valido apporto fu dato anche dai “dvinski” (gli 860 soldati del fronte, arrestati a Dvinsk per aver manifestato contro la guerra e il governo provvisorio; tradotti alle carceri Butyr di Mosca, in seguito alle pressioni dei bolscevichi, nel settembre 1917 ne erano stati scarcerati 593, che si unirono immediatamente alle forze rivoluzionarie). I “dvinski” avevano l’incarico della difesa del soviet di Mosca, del Comitato militare rivoluzionario e del Comitato del partito bolscevico di Mosca. La mattina del 26 ottobre (8 novembre) reparti rivoluzionari occuparono le tipografie dei giornali borghesi e alcuni importanti edifici. Al Cremlino, dove si trovavano cinque compagnie del 56° reggimento rivoluzionario, arrivò pure una compagnia del 193° reggimento. Il comandante del distretto militare di Mosca, colonnello Rjabzev, non avendo forze sufficienti per opporre resistenza ai reparti rivoluzionari e nella speranza di mantenere ferma la situazione sino all’arrivo delle truppe richieste dal fronte, propose al Comitato militare rivoluzionario d’iniziare trattative, con la promessa che non avrebbe ostacolato l’armamento degli operai e che avrebbe ritirato gli junkers dal Cremlino.
Il Comitato militare rivoluzionario, nel quale erano presenti elementi opportunisti, cominciò a trattare con Rjabzev, accettò di ritirare dal Cremlino la compagnia del 193° reggimento e ritirò i picchetti di difesa dalla posta e dal telegrafo. II 27 ottobre (9 novembre) Rjabzev, avuta notizia dell’offensiva di Kerenskij e di Krasnov su Pietrogrado, dichiarò lo stato d’assedio a Mosca, intimò l’ultimatum per l’immediata liquidazione del Comitato militare rivoluzionario, l’allontanamento dei soldati rivoluzionari del 56° reggimento dal Cremlino e la restituzione all’arsenale delle armi asportate. Lo Stato Maggiore del distretto militare di Mosca si appoggiava sugli ufficiali della guarnigione, sulle scuole militari “Alessio” e “Alessandro”, sulle scuole degli allievi ufficiali e sul corpo dei cadetti. Alle 10 di sera gli junkers assalirono, sulla piazza Rossa, un reparto di “dvinski”, che dal rione Zamoskvorece si dirigeva al soviet di Mosca. Si accese un combattimento furibondo e, pur subendo serie perdite, il reparto rosso si fece eroicamente strada lino all’edificio del soviet. Il 28 ottobre (10 novembre) gli junkers occuparono il Cremlino, facendo un massacro dei soldati del 56° reggimento. Il Comitato militare rivoluzionario, su richiesta del combattivo Centro del partito bolscevico, rigettò l’ultimatum di Rjabzev e chiamò le masse a intervenire attivamente. I menscevichi uscirono dal Comitato militare rivoluzionario. Iniziò l’attacco decisivo della rivoluzione. Il 28 ottobre (10 novembre) a Mosca fu proclamato lo sciopero generale. Gli operai si avviavano direttamente dalle fabbriche ai comandi della Guardia Rossa per prendere le armi: 40 mila fucili furono presi dai vagoni in sosta sui binari ausiliari della linea ferroviaria Mosca-Kazan e immediatamente utilizzati per l’armamento delle Guardie Rosse. Le forze rivoluzionarie di Mosca salirono così a circa 100 mila uomini. Il 29 ottobre (11 novembre) unità rivoluzionarie occuparono di nuovo la posta e il telegrafo e presero d’assalto l’edificio degli amministratori della città sulla via Tverskaja. Aspri combattimenti si accesero nella piazza Sucharevskaja, nei rioni di Ostozenko e Prečistenka, sulla Sadovaja e presso le porte “Nikita”. Gli operai dei rioni Basmanny, Rogosk e Blaguse-Lefortvosk accerchiarono la scuola militare “Alessio”. I comitati militari rivoluzionari dei ferrovieri istituirono il controllo sulle stazioni, rendendo impossibile l’arrivo delle truppe che il Quartier generale aveva inviato a Rjabzev. Gli operai dimostrarono grande coraggio e fermezza. L’operaio Malenkov diresse gli scontri a Sokolniki; il segretario del sindacato dei tessili, Ščerbakov, che comandava i reparti della Guardia Rossa del rione Blaguse-Lefortvosk, diresse l’assalto alle scuole militari. Blaguse-Lefortvosk. Il giovane tornitore della fabbrica dei telefoni Dobrynin, assieme al professore bolscevico Sternberg, comandò i reparti rivoluzionari a Zamoskvoreč’e. Le operaie delle fabbriche e delle officine di Mosca, sotto il fuoco delle mitragliatrici, scavavano trincee, prestavano servizio sanitario ai combattenti feriti.
In aiuto agli insorti di Mosca giunsero, al comando di Frunze, Guardie Rosse e soldati rivoluzionari da Ivanovo-Voznesensk e da Suja. Reparti operai giunsero da Vladimir, Tula, Serpuhov e da altre città. Circa 10 mila operai della regione di Mosca presero parte alla battaglia per la vittoria del potere sovietico nella città. Su direttiva di Lenin furono inviati a Mosca reparti di Guardie Rosse di Pietrogrado e marinai della flotta del Baltico. I combattimenti decisivi si accesero a Mosca l’1-2 (14-15) novembre. I reparti rivoluzionari, passo a passo, si aprirono il varco verso il Cremlino. Alle 5 del pomeriggio del 2 (15) novembre i controrivoluzionari si arresero. In base alle condizioni della capitolazione il “Comitato per la sicurezza pubblica” si sciolse e gli junkers furono disarmati. La notte del 3 (16) novembre le truppe rivoluzionarie occuparono il Cremlino. Anche a Mosca fu così instaurato il potere sovietico».22
22. Ibidem.

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