21 Novembre 2024

2.6. IL MARXISMO DI ROSA LUXEMBURG

Per una presentazione sintetica e complessiva del pensiero di Rosa Luxemburg, ci rifacciamo ad una lezione di Renato Caputo10:
«Tra i principali teorizzatori del marxismo rivoluzionario troviamo Rosa Luxemburg (1870-1919) – principale teorica dapprima della sinistra socialista, poi del cosiddetto comunismo di sinistra – che non a caso si era distinta per aver sviluppato la più radicale critica alle tesi revisioniste di Bernstein. Polacca, nata in una famiglia di ebrei, Luxemburg è divenuta prima – fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento – il principale punto di riferimento teorico dell’opposizione di sinistra alla deriva riformista della socialdemocrazia tedesca, poi della Lega spartachista (nucleo del Partito comunista tedesco), che fonda rompendo con il resto dei socialisti che avevano sostenuto l’Impero germanico durante la Prima guerra mondiale. Critica inflessibile dell’apparato di partito della Spd – sempre più attendista e burocratizzato, responsabile di una prassi politica rivoluzionaria a parole e riformista nei fatti – Luxemburg nel 1914 è fra i pochissimi dirigenti della socialdemocrazia tedesca a opporsi inflessibilmente alla guerra.
Dopo aver rotto con i socialdemocratici tedeschi, fonda insieme a Franz Mehring e Karl Liebknecht la Lega spartachista nel 1916. Incarcerata per la sua inflessibile opposizione al conflitto, è liberata dopo l’ammutinamento dei soldati tedeschi che, nel 1918, pone fine alla guerra dando vita alla Rivoluzione di novembre presto sconfitta. Viene barbaramente assassinata nel gennaio del 1919, dai corpi franchi, formazioni paramilitari di estrema destra, in seguito al fallimento di un moto rivoluzionario insurrezionale a Berlino, che Luxemburg aveva invano cercato di osteggiare, prima del suo inizio, considerandolo prematuro e, dunque, avventurista. […] Nello scritto Riforma sociale o rivoluzione? del 1899, Luxemburg denunzia l’inconsistenza teorica del dibattito apertosi, a seguito della polemica fra Bernstein e Kautsky, sulla contrapposizione fra la via al socialismo attraverso le riforme, o mediante la rivoluzione, dal momento che le prime acquistano senso solo in funzione di un obiettivo finale: la trasformazione della società in senso socialista. Perciò la lotta per le riforme è propedeutica alla lotta per la conquista del potere politico. Secondo Rosa Luxemburg, la crescente contraddizione tra la tendenza del capitale allo sviluppo illimitato delle forze produttive e rapporti di produzione in cui la ricchezza sociale si concentra in sempre meno mani, porterà necessariamente a crisi sempre più profonde e, in prospettiva, a un crollo del sistema capitalistico. Questa lenta ma inarrestabile agonia, che rischia di trascinare con sé l’intera società in una nuova epoca di barbarie, può essere arrestata solo da una rivoluzione sociale che abbia come protagonista il proletariato. Per tali motivi, la Luxemburg sarà critica acerrima del sostegno dato dalla socialdemocrazia tedesca alla propria borghesia nazionale durante la prima guerra mondiale, dichiarando sospesa, in nome dell’unità patriottica, la lotta di classe, in tal modo portata avanti unilateralmente dal padronato che militarizza il lavoro e ottiene, grazie alle commesse statali, enormi profitti. Al contrario, a suo parere, è indispensabile intensificare la lotta di classe per arrestare il conflitto mediante uno sciopero generale e sfruttare la crisi di egemonia della classe dominante per rilanciare la lotta rivoluzionaria. Essenziale è, a tale proposito, lo sviluppo della coscienza di classe nelle masse, affinché si uniscano in un Io collettivo in grado di salvaguardare l’identità e l’autonomia culturale e organizzativa, indispensabili per la realizzazione dei propri obiettivi rivoluzionari. […]
Tali posizioni portano la Luxemburg a sostenere la Rivoluzione d’Ottobre e l’attualità della prospettiva rivoluzionaria in Germania. D’altra parte, essendo stata al centro della sua riflessione la rivalutazione del ruolo delle masse di contro al parlamentarismo e alla burocratizzazione del Partito socialdemocratico tedesco, Luxemburg ha mantenuto sempre una posizione critica sull’organizzazione centralizzata del partito teorizzata dal Che fare? di Lenin, secondo la quale una ristretta e inquadrata avanguardia di quadri intellettuali, al contempo rivoluzionari di professione, avrebbe dovuto dirigere ampie masse. Per quanto la stessa Luxemburg considerasse decisivo il momento della formazione politico-culturale delle masse attraverso il partito, ciò non poteva significare sottoporre lo spontaneismo rivoluzionario della masse a una disciplina esteriore ma, al contrario, doveva favorire essenzialmente l’autodisciplina di quest’ultime. Perciò Luxemburg metteva in guardia dagli esiti autoritari cui avrebbe potuto condurre la concezione bolscevica dell’organizzazione, che avrebbe favorito l’affermarsi di un centralismo burocratico, ovvero del dominio dei funzionari di partito sui militanti e più in generale sui suoi referenti sociali, i lavoratori salariati, ingabbiandone la spontanea capacità di lotta. Quindi, se da un lato Luxemburg vedeva gli esiti di una tale burocratizzazione e dominio degli apparati nella Spd tedesca, in cui operava come esponente della minoranza di sinistra, la sua polemica intendeva rivolgersi a ogni lesione della democrazia diretta, della partecipazione dal basso della classe operaia. […] Allo stesso modo la Luxemburg ha criticato il sistema costruito a seguito della Rivoluzione del 1917 per le limitazioni imposte allo sviluppo di una piena democrazia e alla stessa libertà di opinione, che riducevano la dittatura del proletariato al dominio di un’avanguardia: il nucleo ristretto dei membri del partito bolscevico. Inoltre, per quanto grandioso fosse stato il processo rivoluzionario innescato in Russia, esso era a suo parere destinato necessariamente a fallire, dal momento che si era preteso di saltare troppe fasi del normale processo di sviluppo economico e sociale. A parere di Rosa Luxemburg il troppo brusco passaggio da una società per molti aspetti ancora feudale, a una società socialista, avrebbe reso necessaria la concezione bolscevica, da lei da sempre avversata, di una direzione intellettuale della élite del partito, separata dalle masse. Perciò Luxemburg criticherà le limitazioni imposte dopo la rivoluzione dai bolscevichi alla democrazia politica, come sintomo di una china pericolosa che avrebbe portato alla sovrapposizione alla dittatura del proletariato della dittatura di un partito fattosi Stato. Così, pur sostenendo sino a sacrificare la propria vita nel 1919 l’ondata rivoluzionaria apertasi con l’Ottobre e il passaggio dalla democrazia formale borghese alla democrazia sostanziale dei Consigli, la Luxemburg rimase critica inflessibile di ogni lesione dei princìpi democratici, anche formali, nella Russia rivoluzionaria».
Chiudiamo inoltre segnalando la seguente descrizione data da Arvid Brodersen11, utile a smentire l'ipotesi un po' mitologica, eppure diffusa, di una Rosa Luxemburg liberale” o “libertaria”:
«Rosa Luxemburg […] nella sua Valutazione critica della Rivoluzione russa (1917) aveva chiaramente additato il pericolo e da che parte veniva: “Il proletariato... dovrebbe esercitare una dittatura di classe, non di un partito o di una clique... ciò significa... la più attiva, illimitata partecipazione della massa popolare, la più illimitata democrazia”. Il linguaggio da lei usato per descrivere questo ideale di “illimitata democrazia” sembrerebbe quasi porta nel novero dei classici del liberalismo filosofico: “La libertà soltanto per i sostenitori del governo, soltanto per i membri di un Partito... non è affatto libertà. La libertà è sempre ed esclusivamente libertà per chi non la pensa come noi... È una parola che non significa più nulla quando diventa uno speciale privilegio”. Se non che uno dei più profondi conoscitori dell'opera di Rosa Luxemburg, Georg Lukàcs, che le ha anche dedicato parte sostanziale della prima delle due maggiori opere, Storia e coscienza di classe, ci assicura che le parole dianzi riportate non significano “una banale difesa della democrazia come tale”, cioè libertà anche per i non proletari, ma devono essere interpretate nel significato comunista di libertà “entro la classe proletaria ed entro il movimento stesso”. E indubbiamente così vanno intese, perché l'ultima cosa che Rosa Luxemburg si sarebbe sognata di raccomandare era la resurrezione del nemico borghese, anche quando scriveva: “Con la soppressione della libertà politica nell'intero paese, l'attività dei Soviet finirà con l'essere paralizzata. Senza elezioni generali, senza illimitata libertà di parola, di stampa, di riunione, la vita si estingue in qualunque istituzione, diventa una larva di vita, in cui la burocrazia rimane il solo elemento attivo”».
10. R. Caputo, Rosa Luxemburg, La Città Futura (web), 2 settembre 2017.
11. A. Brodersen, L'operaio sovietico, Il resto del Carlino, Bologna 1969, pp. 33-34.

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