2.5. LA COOPERAZIONE ECONOMICA SOCIALISTA CON IL COMECON
Un aspetto centrale, molto sottovalutato, assume il COMECON, interpretato spesso come la forma di dominio imperialista dell'URSS sui «paesi-satelliti», secondo una versione evidentemente faziosa e distorta. Anche nel campo marxista revisionista si tende a vedere tale organismo come una mera conseguenza del controllo stretto sull'Europa Orientale dall'URSS tramite il COMINFORM. L'organismo nasce certamente in reazione all'avvento della guerra fredda – che sancisce l'impossibilità di mantenere rapporti normali con i paesi imperialisti – e serve soprattutto per consentire alle giovani Repubbliche Popolari di avere un proprio circuito economico alternativo di appoggio per rafforzare il proprio percorso di costruzione del socialismo. La dipendenza dal commercio e dagli aiuti capitalistici avrebbe infatti posto le premesse per una dipendenza presto o tardi anche politica (come avverrà in effetti in alcuni paesi est-europei negli anni '80); all'epoca questo è un aspetto ben chiaro a Stalin e al resto della dirigenza sovietica, che infatti sconsigliano caldamente tutti i partiti comunisti del COMINFORM di accettare gli aiuti offerti dagli USA nell'ambito del Piano Marshall, strettamente intrecciati alla Dottrina Truman di «contenimento del comunismo» nel mondo. Il COMECON consente ai paesi aderenti di evitare lo sviluppo di forme di scambio commerciale con i paesi occidentali. Tant'è vero che all'organismo non partecipano solo i paesi dell'Est Europa. Ai membri fondatori (URSS, Bulgaria, Polonia, Romania, Cecoslovacchia e Ungheria) si aggiungono l’Albania nel 1949, la RDT (Repubblica Democratica Tedesca) nel 1950, la Mongolia nel 1962, Cuba nel 1972 e il Vietnam nel 1978. Accordi vengono siglati anche con paesi non comunisti come Finlandia, Iraq, Nicaragua, Mozambico e Messico. Alle riunioni parteciperanno in qualità di osservatori numerosi altri paesi del “Terzo Mondo”. Almeno fino al 1956 tutte le Repubbliche Popolari tendono a svilupparsi economicamente secondo un modello comune di «costruzione dei fondamenti del socialismo» che prevede l’industrializzazione forzata (con priorità all'industria pesante strategica, come la siderurgia), la collettivizzazione dell'agricoltura e la politicizzazione attiva della società. L'industrializzazione forzata viene condotta a termine nel 1951-55 (1951 in Jugoslavia, 1953 in Bulgaria e Cecoslovacchia, 1954 in Ungheria e 1955 in Polonia, Romania, Germania Est e Albania). L'azione del COMECON è decisiva per rafforzare tali processi nazionali, garantendo la redistribuzione dei redditi, la modernizzazione delle infrastrutture, l’innovazione agricola e industriale. Già nel 1960 in tutti questi paesi la produzione industriale è aumentata da sei a otto volte rispetto al 1937. In parallelo viene avviata la collettivizzazione dei terreni agricoli, dal 1950 al 1952, fallendo però in Jugoslavia e Polonia dove persisterà fino alla fine un settore privato preponderante. Il processo, pur ritardato dalla resistenza di piccoli e medi proprietari, si realizza invece in Bulgaria (1958), DDR (1960) e Ungheria (1962). Il risultato di questo percorso è l'accelerazione dell'esodo rurale, l'intensificazione dell'annessione delle terre e la meccanizzazione di un'agricoltura in molti casi ancora ferma a pratiche di tipo feudale. L'industrializzazione e l'urbanizzazione vanno di pari passo con la scolarizzazione di massa:
«per molti di coloro che provengono dagli strati sociali meno agiati, si tratta di una promozione sociale. Nei paesi più poveri queste misure contribuiscono largamente al sostegno popolare verso il regime, che così compensa il malcontento delle classi sociali colpite dalle nazionalizzazioni e dalle confische. L'eccezione di rilievo al modello comune è quella costituita dal modello jugoslavo, che si basa sull'autogestione operaia, sul decentramento politico e sul mantenimento dell'agricoltura privata. Su stimolo della destalinizzazione e proprio del puntello jugoslavo, sostenuto anche dalla nuova linea Chruščev, anche molte repubbliche popolari inizieranno ad imboccare percorsi economici e politici differenziati».53Negli anni '60 l'organismo si sviluppa e si affina, ad esempio attraverso la creazione della Banca Internazionale per la Cooperazione Economica, istituto di credito nato da un accordo tra i paesi del COMECON nel 1963 ed entrato in funzione nel 1964 per operare i regolamenti in valuta e promuovere lo sviluppo economico. In questi anni
«il COMECON diviene un organismo di coordinamento e pianificazione economica congiunta e assegna a ciascuno Stato membro compiti specifici. Si cerca di sviluppare rapporti economici multilaterali e si incoraggia la divisione socialista del lavoro, facendo sì che ciascun paese sviluppi un determinato settore. Secondo i piani, ad esempio, RDT e Cecoslovacchia devono sviluppare soprattutto l’industria pesante, mentre la Romania il settore alimentare. La Romania, tuttavia, si oppone a questo progetto, che le impedirebbe di proseguire il processo di industrializzazione e la ridurrebbe al ruolo di fornitrice di materie prime per i paesi più avanzati del blocco. Nel 1963 il COMECON quindi le attribuisce una maggiore autonomia economica. La collaborazione investe anche il campo della promozione della scienza e della tecnologia che dà luogo a un’integrazione culturale, soprattutto nel campo delle scienze sociali e della storiografia, attraverso il finanziamento delle accademie scientifiche sottoposte, tuttavia, all’egemonia dell’Accademia sovietica delle Scienze. La crescita media annuale dei paesi del COMECON tra il 1956 e il 1960 è del 7,1 % e del 5,3 % tra il 1961-1965, mentre in tutti i paesi si registra una riduzione della base agricola e un abbandono delle campagne».54La crisi dell'organismo seguirà negli anni '80 quella politico-economica complessiva di diversi dei paesi aderenti (specie quelli dell'Est Europa). Cercheremo di spiegarne le ragioni valutando più avanti le problematiche principali contingenti ad ogni paese, nella consapevolezza che anche su questo campo non è ancora stato fatto uno studio accurato e serio, capace di analizzare pregi e limiti del COMECON.
53. S. Wolikow & A. Todorov, L'espansione europea del dopoguerra, all'interno di A.V., Il secolo dei comunismi, cit., pp. 234-236.
54. G. Sodano, Il COMECON e il Patto di Varsavia, Oilproject.org. Altre fonti utilizzate: Enciclopedia Treccani, Banca Internazionale per la Cooperazione Economica, Treccani.it; Enciclopedia Treccani, COMECON, Treccani.it; Wikipedia, Consiglio di mutua assistenza economica.