2.5. IL NUOVO GOVERNO SOVIETICO: I DECRETI SULLA PACE E SULLA TERRA, LA FORMAZIONE DEL GOVERNO SOVIETICO
«La sera del 26 ottobre (8 novembre) si tenne la seconda e ultima seduta del II congresso dei soviet. Fu decisa l’abolizione della pena di morte al fronte e la liberazione immediata dalle prigioni di tutti i soldati e ufficiali arrestati per attività rivoluzionarie. Negli appelli a tutti i soviet provinciali e distrettuali dei deputati operai, soldati e contadini e nel proclama ai cosacchi, il congresso chiamò le masse lavoratrici delle retrovie e del fronte a lottare attivamente per il potere sovietico, a formare il nuovo Stato e il nuovo regime sociale. I rapporti di Lenin sulla pace e sulla guerra furono al centro dell’attenzione del congresso: “La questione della pace - disse Lenin nella sua relazione al congresso - è la questione urgente, la questione nevralgica dei nostri giorni. Se ne è motto parlato, scritto, e voi tutti, certamente, l’avete non poco discussa. Permettetemi perciò di passare alla lettura della dichiarazione, che dovrà pubblicare il governo da voi eletto”. (V. I. Lenin: Relazione sulla pace […]).
Lenin diede lettura del progetto di decreto sulla pace che lui stesso aveva redatto. Uno dei partecipanti al congresso racconta: “...c’era un silenzio tale che sembrava nessuno respirasse. E poi, come se tutta la sala mandasse un sospiro di liberazione, proruppe un uragano di applausi, di grida di entusiasmo... Così il nostro congresso teneva fede, adottando questa storica decisione, alla volontà popolare. La Russia rivoluzionaria diventava l’alfiere della pace in tutto il mondo e chiamava i popoli a porre fine al sanguinoso orrore della guerra”. Nel decreto sulla pace il governo sovietico proponeva a tutti i paesi belligeranti e ai loro governi d’iniziare immediatamente trattative per una pace giusta e democratica senza annessioni ne indennità. Si chiariva che per annessioni il governo sovietico “intende, conformemente alla concezione giuridica della democrazia in generale e delle classi lavoratrici in particolare, qualsiasi annessione di un popolo piccolo o debole a uno Stato grande e potente, senza che quel popolo ne abbia espresso chiaramente, nettamente e volontariamente il consenso e il desiderio, indipendentemente dal momento in cui quest’annessione forzata e stata compiuta, indipendentemente anche dal grado di progresso o di arretratezza della nazione annessa forzatamente o forzatamente tenuta entro i confini di quello Stato, e infine indipendentemente dal fatto che questa nazione risieda in Europa o nei lontani paesi transoceanici”. Questa definizione dell’annessione ebbe un enorme significato internazionale, in particolare per i paesi coloniali e semicoloniali.
Il decreto sulla pace denunciava il carattere imperialistico della guerra, ne bollava i colpevoli e indicava le vie di uscita: “Continuare questa guerra per decidere come le nazioni potenti e ricche devono spartirsi le nazioni deboli da esse conquistate (il governo sovietico ritiene) sia il più grande delitto contro l’umanità e proclama solennemente la sua decisione di firmare subito le condizioni di una pace che metta fine a questa guerra in conformità delle condizioni sopraindicate, parimenti giuste per tutti i popoli senza eccezione”. (V. I. Lenin: Relazione sulla pace […]) Si proponeva ai governi di tutti i paesi belligeranti di concludere immediatamente un armistizio per non meno di tre mesi, per un periodo di tempo cioè largamente sufficiente a condurre a termine le trattative di pace con la partecipazione dei rappresentanti di tutti i popoli e nazioni trascinati nella guerra o costretti a parteciparvi, e di convocare le assemblee dei rappresentanti popolari di tutti i paesi, investite di pieni poteri, per ratificare definitivamente le condizioni di pace. Il decreto sulla pace prevedeva che il governo sovietico avrebbe proceduto alla pubblicazione integrale dei trattati segreti “confermati o conclusi dal governo dei proprietari fondiari e dei capitalisti, dal febbraio al 25 ottobre 1917”, e dichiarava incondizionatamente e immediatamente abrogato “tutto il contenuto di questi trattati”. Inoltre il governo sovietico procedeva a una completa rottura con la politica estera imperialistica del regime zarista, facendo però rilevare di non considerare affatto come un ultimatum le sue condizioni di pace e dichiarandosi pronto a esaminare eventuali condizioni avanzate dalle altre potenze. Questo documento non era indirizzato soltanto ai governi delle potenze belligeranti, ma specialmente ai popoli. Rivolgendosi in modo particolare agli operai dell’Inghilterra, della Francia e della Germania, il governo sovietico esprimeva la certezza che “essi avrebbero compreso i compiti che stanno ora davanti a loro per la liberazione dell’umanità dagli orrori della guerra e dalle sue conseguenze” e avrebbero aiutato lo Stato sovietico “a far trionfare la cause della pace”. (V. I. Lenin: Relazione sulla pace […])
Il II congresso dei soviet approvò all’unanimità il decreto sulla pace, il primo decreto del potere sovietico. Cominciò così la lunga e tenace lotta del governo sovietico per la pace e la sicurezza dello Stato sovietico e dei popoli di tutto il mondo, per l’attuazione del principio leninista della coesistenza pacifica fra sistemi sociali diversi, per lo sviluppo di rapporti internazionali sulla base della parità dei diritti fra le nazioni sia piccole che grandi. Sottolineando l’aspirazione del potere sovietico a ottenere la pace con gli Stati capitalistici, Lenin disse: “Noi respingiamo tutte le clausole che concernono le rapine e le violenze, ma non possiamo respingere le clausole che stabiliscono condizioni di buon vicinato e accordi economici; le accetteremo con piacere”. (V. I. Lenin: Relazione sulla pace. Discorso di chiusura […]) Lenin dedicò il secondo rapporto alla questione della terra che, come la questione della pace, toccava gli interessi più profondi di masse di milioni di lavoratori. Il decreto sulla terra aboliva la proprietà fondiaria senza alcuna indennità. Le terre dei proprietari fondiari, demaniali, dei monasteri, della Chiesa, con tutte le loro scorte vive e morte, gli stabili delle masserie e tutte le loro suppellettili passavano a disposizione dei comitati agricoli mandamentali e dei soviet circondariali dei deputati contadini. Il decreto stabiliva che “qualunque danno arrecato ai beni confiscati che da questo momento appartengono a tutto il popolo, è dichiarato grave delitto punibile dal tribunale rivoluzionario”. (V. I. Lenin; Decreto sulla terra […]) Erano esenti da confisca le terre dei contadini poveri e dei semplici cosacchi. Il decreto dichiarava abolito per sempre il diritto di proprietà privata sulla terra e la sua sostituzione con la proprietà statale di tutto il popolo. Era l’attuazione del principio fondamentale del programma agrario del partito bolscevico: la nazionalizzazione della terra. Erano proibiti la vendita, l’acquisto, l’affitto della terra e il lavoro salariato, e veniva introdotto il godimento ugualitario della terra, in base alla norma del lavoro o del consumo, con ripartizioni periodiche del fondo agrario. A base del decreto fu posto il mandato dei contadini sulla terra, compilato dalla redazione delle Izvestija del soviet dei deputati contadini di tutta la Russia, in base ai 242 mandati locali dei lavoratori della terra. La richiesta d’introdurre il godimento egualitario della terra espressa dai mandati dei contadini era dettata dalla speranza di far cessare il processo di differenziazione nelle campagne: Lenin dimostrò che simili attese erano illusorie, poiché la differenziazione nelle campagne era il risultato obiettivo dello sviluppo dell’economia mercantile.
Tuttavia, sebbene il partito bolscevico fosse contrario al godimento egualitario della terra come mezzo di riorganizzazione sociale nelle campagne, ritenne necessario soddisfare il desiderio dei contadini: “… come governo democratico non potremmo trascurare una decisione delle masse popolari, anche se non fossimo d’accordo. All’atto pratico, con l’applicazione del decreto, con la sua attuazione nelle varie località, i contadini stessi comprenderanno dov’è la verità”. (V. I. Lenin: Rapporto sulla questione della terra […]) Il partito bolscevico indicava la via d’uscita dalla miseria e dalla rovina per tutti i contadini: la riorganizzazione socialista delle campagne. Anche il decreto sulla terra fu approvato all’unanimità dal congresso e divenne il punto di avvio della politica agraria del potere sovietico. I contadini, come risultato della riforma agraria, ricevettero gratuitamente più di 150 milioni di ettari di terra delle proprietà fondiarie, demaniali, dei monasteri eccetera. Il valore di tutto il fondo agrario concesso dal potere sovietico ai contadini era pari ad alcuni miliardi di rubli-oro. I contadini furono liberati dal pagamento annuo di enormi canoni d’affitto, dal debito con la Banca del fondo agrario contadino per la somma di circa 3 miliardi di rubli e da vari altri indebitamenti e ricevettero le scorte delle proprietà fondiarie per un valore di circa 300 milioni di rubli. Il II congresso dei soviet nominò il governo operaio-contadino della repubblica russa: il Consiglio dei Commissari del Popolo. Lenin fu nominato capo del governo. Nel Consiglio dei Commissari del Popolo entrarono solo i rappresentanti del partito bolscevico. I socialrivoluzionari di sinistra, non volendo rompere completamente con i loro compagni di destra, respinsero la proposta dei bolscevichi di entrare a far parte del governo. Nel decreto sulla formazione del governo sovietico era precisato che il congresso panrusso dei soviet dei deputati operai, contadini e soldati e il Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia da questi eletto, avevano il diritto di controllare l’attività dei Commissari del Popolo e, se necessario, di sostituirli. Entrarono a far parte del Comitato Esecutivo Centrale di tutta la Russia 101 persone, di cui 62 bolscevichi, 29 socialrivoluzionari di sinistra, 6 socialdemocratici internazionalisti e 4 rappresentanti di altri partiti. Le decisioni del II congresso dei soviet riflettevano l’avvenimento storico-mondiale del passaggio del potere in Russia nelle mani del popolo, vero protagonista della storia».20
Lenin definì marcia trionfale del potere sovietico il periodo che va dal 25 ottobre (7 novembre) al febbraio-marzo 1918. In tutta la Russia le masse popolari svilupparono la lotta per l’affermazione del potere sovietico, demolendo l’accanita resistenza delle classi sfruttatrici. Nella marcia trionfale del potere sovietico si manifestò chiaramente il carattere genuinamente popolare della Rivoluzione di Ottobre, quel carattere che le avrebbe consentito di battere con indomabile energia la controrivoluzione interna e l’aggressione delle potenze capitalistiche.Lenin definì marcia trionfale del potere sovietico il periodo che va dal 25 ottobre (7 novembre) al febbraio-marzo 1918. In tutta la Russia le masse popolari svilupparono la lotta per l’affermazione del potere sovietico, demolendo l’accanita resistenza delle classi sfruttatrici. Nella marcia trionfale del potere sovietico si manifestò chiaramente il carattere genuinamente popolare della Rivoluzione di Ottobre, quel carattere che le avrebbe consentito di battere con indomabile energia la controrivoluzione interna e l’aggressione delle potenze capitalistiche.Lenin definì marcia trionfale del potere sovietico il periodo che va dal 25 ottobre (7 novembre) al febbraio-marzo 1918. In tutta la Russia le masse popolari svilupparono la lotta per l’affermazione del potere sovietico, demolendo l’accanita resistenza delle classi sfruttatrici. Nella marcia trionfale del potere sovietico si manifestò chiaramente il carattere genuinamente popolare della Rivoluzione di Ottobre, quel carattere che le avrebbe consentito di battere con indomabile energia la controrivoluzione interna e l’aggressione delle potenze capitalistiche.
20. Ibidem.