24.1. POESIE PER LA LOTTA E IL SOCIALISMO
Riportiamo ora alcune delle sue poesie politiche, che spesso si tende a dimenticare o a mettere in secondo piano, privilegiando il Neruda più “sentimentale” e “amoroso”.
Quella che segue è Al mio Partito, la penultima lirica del Canto Generale (1950): un esplicito testo di commiato ove Neruda definisce la propria poesia un «comune libro d’uomo, pane aperto». La lirica dedicata al partito acquista significato dalla collocazione nel libro e illumina l’intero Canto Generale:
Quella che segue è Al mio Partito, la penultima lirica del Canto Generale (1950): un esplicito testo di commiato ove Neruda definisce la propria poesia un «comune libro d’uomo, pane aperto». La lirica dedicata al partito acquista significato dalla collocazione nel libro e illumina l’intero Canto Generale:
«Mi hai dato la fraternità verso chi non conosco. / Mi hai aggiunto la forza di tutti quelli che vivono / Mi hai ridato la patria come in una nascita. / Mi hai dato la libertà che non ha il solitario. / Mi hai insegnato ad accendere la bontà come il fuoco. / Mi hai dato la rettitudine che necessita l'albero. / Mi hai insegnato a vedere l'unità e la differenza degli uomini / Mi hai mostrato come il dolore di un essere è morto della vittoria di tutti. / Mi hai insegnato a dormire nei letti duri dei miei fratelli. / Mi hai fatto costruire sulla realtà come su una roccia. / Mi hai fatto avversario del malvagio e muro del frenetico. / Mi hai fatto vedere la chiarezza del mondo e la possibilità dell'allegria. / Mi hai fatto indistruttibile perché con te non finisco in me stesso».Il popolo:
«Portava il popolo le sue bandiere rosse / e tra la gente sulle pietre che calcava / io mi trovai, nel giorno strepitoso / e sulle alte canzoni della lotta. / Vidi passo a passo le sue conquiste. / Sola strada era la resistenza, / mentre isolati eran brani rotti / d'una stella, senza bocca né spicco. / Così nell'unità fatta in silenzio / erano il fuoco, il canto invincibile, / il lento passo umano sulla terra, / trasformato in profondità e battaglie. / Erano dignità che combatteva / gli antichi soprusi, e risvegliava / a sistema l'ordine delle vite, / che bussavano alle porte per prender posto / nella sala principale con le bandiere».
Da Ode a Stalin (1953):
«Compagno Stalin, io stavo vicino al mare a Isla Negra, / riposando dopo lotte e viaggi, / quando la notizia della tua morte giunse come un colpo di oceano. / Fu dapprima il silenzio, lo stupore delle cose, e poi giunse dal mare un’onda grande. / Di alghe, metalli e uomini, pietre, spuma e lacrime era fatta quest’onda. / Da storia, spazio e tempo raccolse la sua materia e s’innalzò piangendo sul mondo / fino a che di fronte a me venne a colpire la costa e fece piombare sulle mie porte il suo messaggio di lutto / con un grido enorme / come se d’improvviso si spaccasse la terra. […] / Staliniani. Portiamo questo nome con orgoglio. / Staliniani. Questa è la gerarchia del nostro tempo! […] / Non è scomparsa la luce, / non è scomparso il fuoco, / anzi, aumenta / la luce, il pane, il fuoco e la speranza / dell’invincibile tempo staliniano! / Nei suoi ultimi anni la colomba, / la Pace, l’errante rosa perseguitata, / si fermò sulla sua spalla e Stalin, il gigante, / l’innalzò sulla sua fronte. / Così videro la pace popoli distanti…»
Quest'ultima poesia, scritta in seguito alla morte del leader georgiano, ha scandalizzato gli intellettuali di tutto il mondo. Neruda ha sempre espresso la sua ammirazione per l'Unione Sovietica e per Stalin, specie per il ruolo decisivo svolto nella definitiva sconfitta della Germania nazista. Anche in questo caso solo le false rivelazioni fatte da Chruščëv nel 1956 hanno spinto Neruda a cambiare opinione, facendo autocritica e rinnegando pubblicamente l'ammirazione espressa in precedenza. Nonostante tali disillusioni, Neruda è rimasto comunque sempre fedele alle convinzioni comuniste ed è stato per questo criticato da molti detrattori borghesi che lo hanno accusato di non aver preso posizione a favore degli intellettuali dissidenti Boris Pasternak e Joseph Brodsky.
Ancora nel 1972 Neruda giudica «problemi assolutamente personali» quelli incontrati da Aleksandr Solženicyn e dagli altri intellettuali russi rinchiusi nei gulag, spiegando «di non avere alcuna voglia di diventare uno strumento della propaganda antisovietica».50
Ancora nel 1972 Neruda giudica «problemi assolutamente personali» quelli incontrati da Aleksandr Solženicyn e dagli altri intellettuali russi rinchiusi nei gulag, spiegando «di non avere alcuna voglia di diventare uno strumento della propaganda antisovietica».50
50. A. Rosselli, Intellettuali progressisti e marxismo, cit.