2.3. L'INSURREZIONE DI PIETROGRADO E LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE
«La rivoluzione è la festa degli oppressi e degli sfruttati».
(Vladimir Lenin, da Due tattiche della socialdemocrazia, 1905)
(Vladimir Lenin, da Due tattiche della socialdemocrazia, 1905)
Proseguiamo con la Storia Universale sovietica che comprende il seguente e i due successivi capitoli18:
«Nella notte del 24 ottobre (6 novembre) il governo provvisorio diede l’ordine di occupare lo Smolnyj e di sollevare i ponti sulla Neva per isolare i rioni operai dal centro. Nel frattempo vennero fatti affluire al palazzo d’Inverno nuovi reparti di junkers da Peterhof e Oranienbaum, i “battaglioni d’assalto” appositamente creati per la lotta contro la rivoluzione e il “battaglione della morte” femminile. Il 24 ottobre il comandante in capo del distretto militare di Pietrogrado, colonnello Polkovnikov, comandò di allontanare dai reggimenti e consegnare ai tribunali i commissari del Comitato militare rivoluzionario. Fu fatto divieto ai soldati di uscire dalle caserme. L’ordine diceva: “Tutti coloro che, nonostante l’ordine, interverranno con le armi per le strade, saranno deferiti al tribunale con l’accusa di ribellione armata”. La controrivoluzione passava all’attacco aperto, assumendosi con ciò la responsabilità di dare il via alla guerra civile. La mattina del 24 ottobre un reparto di junkers fece irruzione nella tipografia dove venivano stampati i giornali bolscevichi Pravda (che usciva allora sotto la testata del Rabočij Put) e Soldat. Informato di queste mosse, il Comitato Centrale del partito bolscevico invitò il Comitato militare rivoluzionario a inviare forze rivoluzionarie, Guardie Rosse e soldati in assetto di guerra alla tipografia per cacciare gli junkers e proteggere la tipografia e le redazioni dei giornali bolscevichi. Su direttiva del Comitato Centrale, il comitato del partito bolscevico di Pietrogrado invitò le masse rivoluzionarie a passare all’attacco per “l’abbattimento immediato del governo e il passaggio del potere ai soviet dei deputati operai e dei soldati, sia al centro che nelle altre località”. Il Comitato militare rivoluzionario diffuse fra i propri commissari e fra i comitati di reggimento un ordine scritto nel quale si diceva: “Il soviet di Pietrogrado è minacciato da un pericolo immediato: questa notte elementi controrivoluzionari hanno cercato di fare affluire dalla periferia a Pietrogrado gli junkers e i battaglioni d’assalto. I giornali Soldat e Rabočij Put sono stati chiusi. Si ordina ai reggimenti di prepararsi al combattimento. Aspettate ulteriori direttive. Qualunque indugio e turbamento saranno ritenuti un tradimento della rivoluzione”.
Le Guardie Rosse e i soldati rivoluzionari cacciarono gli junkers dalla tipografia dei giornali bolscevichi. Alle 11 del 24 ottobre uscì il Rabočij Put, con l’appello del partito bolscevico a insorgere per l’abbattimento del governo provvisorio e l’instaurazione del potere dei soviet. “Il potere deve passare nelle mani del soviet dei deputati operai, soldati e contadini. Al potere vi deve essere un nuovo governo eretto dai soviet, revocabile dai soviet, responsabile davanti ai soviet”, scriveva il giornale. In poche ore si mise in movimento un’enorme massa di forze rivoluzionarie: Guardie Rosse, soldati e marinai, complessivamente più di 200 mila persone. Ogni unità rivoluzionaria ebbe assegnato dal Comitato militare rivoluzionario un obiettivo di combattimento: “Non posso ricordare senza stupore - scriveva più tardi Lunačarskij - questo lavoro sbalorditivo. Ritengo l’attività del Comitato militare rivoluzionario nei giorni dell’ottobre una di quelle manifestazioni dell’energia umana, che mostra quali incalcolabili riserve si nascondano in un cuore rivoluzionario e di che cosa questo sia capace quando sente la tonante voce della rivoluzione”. In aiuto a Pietrogrado si mossero le navi da guerra della flotta del Baltico. Utilizzando la stazione radio dell’incrociatore “Aurora”, il Comitato militare rivoluzionario si rivolse a tutte le organizzazioni rivoluzionarie fuori Pietrogrado invitandole a mobilitare tutte le forze per impedire l’afflusso nella capitale dei convogli di soldati chiamati dal governo provvisorio. Le truppe del fronte e i reggimenti cosacchi, su cui il governo aveva fatto affidamento, furono tenuti lontano dalla capitale. Il 24 ottobre il reparto ciclisti rifiutò di prestare servizio di difesa al palazzo d’Inverno. La guarnigione della fortezza di Pietro e Paolo si schierò dalla parte della rivoluzione. Già nelle prime ore di battaglia frontale si manifestò l’isolamento del governo.
In un rapporto del comando del distretto militare di Pietrogrado, inviato al Quartier generale, si rilevava che “si è creata l’impressione che il governo provvisorio si trovi nella capitale di uno Stato nemico”. Nella notte del 25 ottobre (7 novembre) Lenin giunge allo Smolnyj. L’insurrezione si sviluppava con successo. Le Guardie Rosse, i soldati rivoluzionari e i marinai avevano ripreso agli junkers i ponti sulla Neva e occupato la centrale telegrafica. Gli allievi ufficiali junkers occupavano ancora l’agenzia telegrafica, le stazioni ferroviarie, la centrale elettrica, la Banca di Stato e altri uffici e punti importanti. Gli operai di Pietrogrado ebbero un ruolo decisivo nel garantire il successo della insurrezione; essi agivano di comune accordo con la guarnigione della capitale che li appoggiava. Nelle prime file della rivoluzione marciavano i marinai della flotta del Baltico. Dopo aver occupato i rioni operai, i reparti rivoluzionari mossero verso il palazzo d’Inverno, trasformato in principale fortezza della controrivoluzione. Le Guardie Rosse, i marinai e i reggimenti rivoluzionari presero posizione come era state predisposto nel piano del Comitato militare rivoluzionario.
Kerenskij diede ordine di schiacciate l’insurrezione, di occupare lo Smolnyj, di distruggere il Comitato Centrale del partito bolscevico e il Comitato militare rivoluzionario e d’inviare immediatamente a Pietrogrado truppe dal fronte. Ma il meccanismo del vecchio potere statale era inceppato. L’attività del governo, del distretto militare di Pietrogrado, del Quartier generale era paralizzata. L’insurrezione si sviluppò senza spargimento di sangue e con eccezionale rapidità. Il mattino del 25 ottobre (7 novembre) la capitale era di fatto sotto il controllo del Comitato militare rivoluzionario. Solo il palazzo d’Inverno, il comando supremo, il palazzo Mariinskij e pochi altri punti nel centro della città erano ancora nelle mani del governo. Kerenskij travestito da donna fuggì a Pskov, al Quartier generale del fronte settentrionale, su di un’automobile dell’ambasciata americana. Alle 10 del mattino del 25 ottobre (7 novembre) il Comitato militare rivoluzionario pubblicò un appello di Lenin (Ai cittadini di Russia), che informava del corso vittorioso della rivoluzione socialista e dell’abbattimento del governo provvisorio. (V. I. Lenin: Ai cittadini di Russia […]). Questa grande notizia si diffuse per tutto lo sterminato paese. Nel pomeriggio del 25 ottobre Lenin parlò al plenum del soviet di Pietrogrado e annunciò: “La rivoluzione operaia e contadina, sulla cui necessità hanno sempre parlato i bolscevichi, si è compiuta”. (V. I. Lenin: Rapporto sui compiti del potere sovietico […])
Restava da occupare il palazzo d’Inverno, sede del governo provvisorio. La sera del 25 ottobre il palazzo fu completamente accerchiato. I migliori reparti rivoluzionari erano in prima linea. Per evitare spargimento di sangue il Comitato militare rivoluzionario intimò al governo provvisorio di capitolare entro 20 minuti, ma non avendo ricevuto risposta, si preparò all’assalto. Alle 21 e 40 una salvia dall’incrociatore “Aurora” diede il segnale dell’attacco. Gli junkers che difendevano il palazzo avevano eretto barricate, dalle quali sparavano, ma la loro resistenza fu presto infranta. Nella notte la demoralizzazione già serpeggiava fra i difensori. Per primo si arrese un plotone del battaglione femminile, seguito subito dopo da una parte degli junkers della Scuola allievi ufficiali del fronte settentrionale. I reparti rivoluzionari portarono allora la battaglia all’interno dell’edificio.
“Fu questo un momento eroico della rivoluzione, meraviglioso e indimenticabile - racconta Podvojskij -. Nel buio della notte, rischiarati da una tenue luce e avvolti nel fumo greve degli spari, da tutte le vie adiacenti, dagli angoli più vicini, come terribili, fuggenti ombre, correvano frotte di Guardie Rosse, di marinai, di soldati, inciampando, cadendo e subito rialzandosi, ma mai interrompendo, neanche per un secondo, la loro impetuosa, travolgente fiumana... Un attimo e le barricate, i loro difensori e coloro che le prendevano d’assalto si fondevano in una unica massa, scura, ribollente come un vulcano; nell’attimo susseguente il grido vittorioso echeggiava già dall’altra parte della barricata. La fiumana umana sommerge il cancello, le entrate, le scalinate del palazzo”. A notte inoltrata i reparti rivoluzionari occuparono il palazzo d’Inverno. Alle 2.10 del 26 ottobre (8 novembre) i membri del governo provvisorio che si trovavano nel palazzo furono arrestati. Con la conquista del palazzo d’Inverno e l’arresto dei membri del governo provvisorio si concludeva vittoriosamente l’insurrezione armata a Pietrogrado. Essa rappresentò un significativo esempio di vittoria del popolo sulla borghesia senza spargimento di sangue; e il fatto fu rilevato da tutti i testimoni obiettivi di quegli avvenimenti. Il 25 ottobre (7 novembre) passò alla storia dell’umanità come il giorno della vittoria della grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, che segnava l’inizio di una nova era, l’era del comunismo».
18. Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale, vol. VIII, Cap. I; stavolta i seguenti paragrafi sono disponibili su http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/custal28-007726.htm