2.2. LA GUERRA, LIEBKNECHT E LA CRISI DELLO SPD
«È un fatto arcinoto che il capitale non ha patria. Non abbiamo mai dubitato che il capitale fosse senza patria, e tanto più senza patria quanto più affetta patriottismo. Non c’è bisogno di prove. È un fatto in genere connaturato alla stessa unione personale del capitale sul piano internazionale. Connaturato inoltre all’assoluta mancanza di scrupoli che deriva dal bisogno di profitti del capitale, che trae i profitti là dove può ottenerli. […] Tutti sanno come viene fatta, ad esempio, la politica coloniale. Uno dei metodi più noti consiste nel creare provocazioni di carattere politico-coloniale per mezzo di agenti segreti e di spie di ogni specie nel paese che si vuole conquistare in chiave di politica coloniale».
(Karl Liebknecht, 1913)
«Nel 1914 il partito socialdemocratico (SPD), sempre più sotto l'influenza di capi opportunisti, aderì alla tesi borghese della “unità di tutta la nazione” nei confronti della guerra imperialistica e il 4 agosto il suo gruppo parlamentare votò unito i crediti bellici. Fu questo un gravissimo errore da parte della sinistra del partito, spiegabile tenendo presente che questa, ritenendo che lo SPD avrebbe di lì a poco dovuto lottare compatto contro la guerra, non sarebbe stato opportuno spezzarne l'unità, tanto più che il voto era dichiaratamente dato per una guerra difensiva. Come osserva Wilhelm Pieck in un suo recente studio sull'argomento [Fedeli al testamento di Karl Liebknecht, in Problemi della pace e del socialismo (gennaio 1959), ndr]: “Da tempo non esisteva nel Partito socialdemocratico tedesco una unità ideologica su basi marxiste; l'unione formale tra rivoluzionari e opportunisti in un unico partito nascondeva l'esistenza di una scissione interna. Perciò l'opinione della sinistra, la quale considerava che la sua permanenza in un partito corrotto dall'opportunismo rispondesse agli interessi dell'unità del movimento operaio, fu un tragico errore”.
Karl Liebknecht, che insieme alla sinistra aveva votato i crediti, comprese tuttavia ben presto lo sbaglio di valutazione e di prospettiva nel quale, adeguandosi alla maggioranza, era caduto: e il 2 dicembre, in una nuova votazione, rifiutò i crediti bellici. Figlio di Guglielmo, fondatore del Partito di Eisenach, Karl Liebknecht era nato a Lipsia nel 1871. Laureatosi in legge all'Università di Berlino, si approfondì anche nello studio del marxismo, dedicandosi ad un'intensa attività politica. Condannato a 18 mesi di fortezza nel 1907 per propaganda contro il militarismo prussiano, l'anno seguente fu eletto deputato alla Dieta prussiana e nel 1912 al Reichstag. Il 23 aprile 1913, quando già si addensavano minacciose sull'orizzonte europeo le nubi della guerra generale, Liebknecht pronunciò il suo famoso discorso, nel quale disse tra l'altro: “La patria è in pericolo; il pericolo però non proviene dai nemici esterni, ma dai nostri nemici interni, e anzitutto dall'industria bellica mondiale”. Nel gennaio 1915, anche per far tacere una voce che, dalla tribuna del Parlamento, diveniva sempre più imbarazzante, Karl Liebknecht fu mobilitato come semplice soldato. Ciò non gli impedì però di far giungere, insieme a Rosa Luxemburg, Franz Mehring, Clara Zetkin ed altri, la voce della sinistra in tutto il Paese e anche al fronte, per mezzo di foglietti stampati che passavano di mano in mano e portavano, come firma, il nome dello schiavo romano Spartaco. La propaganda anti-bellicista del gruppo dava intanto i suoi frutti all'interno dello SPD: 18 deputati, il 24 marzo 1916, votarono contro il bilancio dello Stato e furono espulsi dal partito socialdemocratico; nell'aprile del '17 essi formeranno un nuovo raggruppamento, il Partito socialdemocratico indipendente tedesco (USPD), sotto la guida di Kautsky: a questo partito, pur non condividendone appieno la linea politica, aderirà il “Gruppo Spartaco” (Spartakusbund)».
6. K. Liebknecht, Discorso al Reichstag, CCDP, 2004 [discorso del 18 aprile 1913].