2.12. GLI INTRIGHI ALLA CONFERENZA DI PACE DI PARIGI (1919)
Seguiamo sempre la ricostruzione di Sayers e Kahn:
«Al principio del gennaio del 1919 i quattro grandi (Woodrow Wilson, David Lloyd George, Georges Clemenceau e Vittorio Emanuele Orlando) iniziavano al Quai d'Orsay di Parigi le trattative per la pace. Ma un sesto della terra non era rappresentato alla Conferenza. Mentre gli statisti discutevano, decine di migliaia di soldati alleati stavano conducendo una cruenta guerra non dichiarata contro la Russia sovietica. A fianco dei controrivoluzionari bianchi comandati da Kolčak e da Denikin, le truppe alleate combattevano il giovane esercito sovietico lungo un immenso fronte che si stendeva dalle desolate regioni artiche sino al Mar Nero, e dai campi di frumento dell'Ucraina alle montagne e alle steppe della Siberia. Una violenta e fantastica campagna di propaganda antisovietica si scatenava in quella primavera del 1919 in tutta l'Europa e gli Stati Uniti. Il London Daily Telegraph dava notizia di un “regno del terrore” a Odessa accompagnato da una “settimana del libero amore”.
«Al principio del gennaio del 1919 i quattro grandi (Woodrow Wilson, David Lloyd George, Georges Clemenceau e Vittorio Emanuele Orlando) iniziavano al Quai d'Orsay di Parigi le trattative per la pace. Ma un sesto della terra non era rappresentato alla Conferenza. Mentre gli statisti discutevano, decine di migliaia di soldati alleati stavano conducendo una cruenta guerra non dichiarata contro la Russia sovietica. A fianco dei controrivoluzionari bianchi comandati da Kolčak e da Denikin, le truppe alleate combattevano il giovane esercito sovietico lungo un immenso fronte che si stendeva dalle desolate regioni artiche sino al Mar Nero, e dai campi di frumento dell'Ucraina alle montagne e alle steppe della Siberia. Una violenta e fantastica campagna di propaganda antisovietica si scatenava in quella primavera del 1919 in tutta l'Europa e gli Stati Uniti. Il London Daily Telegraph dava notizia di un “regno del terrore” a Odessa accompagnato da una “settimana del libero amore”.
Il New York Sun riportava a caratteri cubitali: “Feriti americani mutilati dai rossi con le scuri”. E il New York Times gli teneva testa: “Un gigantesco bordello la Russia rossa. […] Vittime scampate testimoniano di rabbiose caccie all'uomo nelle vie di Mosca. […] Si contendono le carogne ai cani”. La stampa mondiale, sia tedesca che alleata, pubblicava “documenti autentici” nei quali si dichiarava che in Russia “giovani donne e ragazze della borghesia” venivano “trascinate a forza nelle baracche […] alla mercé dei reggimenti di artiglieria!” Resoconti autentici sulle reali condizioni della Russia, che venissero da giornalisti, agenti segreti, diplomatici o persino da generali come Judson e Graves, venivano soppressi o ignorati. Chiunque si arrischiasse a discutere la campagna antisovietica veniva automaticamente denunciato come “bolscevico”. Soltanto due mesi dopo l'armistizio, sembrava che i capi alleati avessero dimenticato lo scopo per cui si era combattuto il grande conflitto. La “minaccia del bolscevismo” aveva messo da parte ogni altra considerazione e dominava la Conferenza di pace di Parigi. Il comandante in capo degli eserciti alleati, il maresciallo Ferdinand Foch, si presentò a una riunione segreta della Conferenza di pace per chiedere un accordo immediato con la Germania, affinché gli Alleati potessero unire tutti i loro mezzi per gettarli contro la Russia Sovietica. Il maresciallo Foch difese la causa del mortale nemico della Francia, la Germania. “È ben nota,” disse Foch, “la difficile situazione attuale del governo tedesco. A Mannheim, a Karlsruhe, a Baden e a Düsseldorf, il movimento sovietico sta guadagnando rapidamente terreno. In questo momento il governo tedesco accetterebbe qualsiasi offerta di pace fatta dagli Alleati. Il governo tedesco non ha che un desiderio: concludere la pace. È l'unica cosa che soddisferebbe il popolo e permetterebbe al governo di dominare la situazione”. Per reprimere la rivoluzione tedesca, si sarebbe dovuto permettere al Comando Supremo tedesco di conservare un esercito di centomila ufficiali e uomini e la cosiddetta “Reichswehr nera” composta dei soldati meglio addestrati e più imbevuti di spirito teutonico. Inoltre, il Comando Supremo aveva l'autorizzazione di sovvenzionare le leghe e le società terroristiche clandestine affinché queste uccidessero, torturassero e demoralizzassero i democratici tedeschi. Tutto questo era fatto per “salvare la Germania dal bolscevismo...” L'ex comandante delle truppe tedesche del fronte orientale, il generale Max Hoffmann, l'“eroe di Brest-Litovsk”, avvicinò il suo recente nemico, il maresciallo Foch, per sottoporgli un piano in base al quale l'esercito tedesco avrebbe marciato su Mosca per cancellare “alla radice” il bolscevismo. Foch approvò il piano, ma propose che l'attacco fosse sferrato dall'esercito francese piuttosto che da quello tedesco. Foch voleva mobilitare tutta l'Europa occidentale contro la Russia sovietica. “In Russia,” dichiarò Foch alla Conferenza di Parigi, “regnano oggi il bolscevismo e l'anarchia completa. Il mio piano è di sistemare tutte le questioni più importanti in Occidente per permettere così agli Alleati di servirsi dei mezzi disponibili per risolvere la questione orientale. […] Le truppe polacche potranno tener testa ai russi, purché vengano rifornite di materiale bellico moderno. Occorreranno molte truppe, che si potranno ottenere mobilitando finlandesi, polacchi, cechi, romeni e greci, e gli elementi russi ancora fedeli agli Alleati. […] Se questo sarà fatto, il 1919 vedrà la fine del bolscevismo!”»34
E ancora, sempre sulla conferenza di Pace:
«Nelle sedute preliminari della Conferenza di pace di Parigi il presidente Wilson trovò un alleato inaspettato nei suoi tentativi di ottenere un trattamento equo per la Russia. Il primo ministro britannico David Lloyd George mosse una serie di violenti attacchi contro i piani antisovietici di Foch e del primo ministro francese Georges Clemenceau. “I tedeschi,” dichiarò Lloyd George, “quando avevano bisogno di ogni uomo disponibile per rinforzare la loro offensiva sul fronte occidentale, furono obbligati a immobilizzare circa un milione di uomini per tenere poche province russe, che costituivano soltanto il margine del paese. E allora per di più il bolscevismo era debole e disorganizzato. Ora è forte e dispone di un esercito formidabile. Quale degli Alleati occidentali è pronto a mandare un milione di uomini in Russia? Se io proponessi di inviare altri mille soldati inglesi in Russia per questo scopo, l'esercito si ammutinerebbe! Lo stesso vale per le truppe statunitensi in Siberia, per i canadesi e i francesi. L'idea di schiacciare il bolscevismo con la forza militare è pura pazzia. Ammettendo che sia possibile, chi occuperà la Russia?” A differenza di Wilson, il primo ministro britannico non era mosso da considerazioni idealistiche. Temeva la rivoluzione in Europa e in Asia e, da vecchio politicante, la “volpe” gallese era estremamente sensibile agli umori del popolo britannico, ostile a ogni ulteriore intervento in Russia. C'era una ragione ancora più urgente che lo spingeva a opporsi ai piani di Foch. Sir Henry Wilson, Capo di Stato Maggiore britannico, in un recente rapporto segreto al Ministero della Guerra aveva dichiarato che la Gran Bretagna doveva attenersi alla linea politica di “ritirare le truppe dall'Europa e dalla Russia e di concentrare tutta la nostra forza nei nostri futuri focolai di rivolta: Gran Bretagna, Irlanda, Egitto e India”. Lloyd George temeva che Foch e Clemenceau volessero tentare di stabilire l'egemonia francese in Russia mentre la Gran Bretagna era impegnata altrove. […] La “Tigre” francese, Georges Clemenceau, portavoce degli azionisti di imprese zariste e dello Stato Maggiore, prese la parola a favore dell'intervento.
«Nelle sedute preliminari della Conferenza di pace di Parigi il presidente Wilson trovò un alleato inaspettato nei suoi tentativi di ottenere un trattamento equo per la Russia. Il primo ministro britannico David Lloyd George mosse una serie di violenti attacchi contro i piani antisovietici di Foch e del primo ministro francese Georges Clemenceau. “I tedeschi,” dichiarò Lloyd George, “quando avevano bisogno di ogni uomo disponibile per rinforzare la loro offensiva sul fronte occidentale, furono obbligati a immobilizzare circa un milione di uomini per tenere poche province russe, che costituivano soltanto il margine del paese. E allora per di più il bolscevismo era debole e disorganizzato. Ora è forte e dispone di un esercito formidabile. Quale degli Alleati occidentali è pronto a mandare un milione di uomini in Russia? Se io proponessi di inviare altri mille soldati inglesi in Russia per questo scopo, l'esercito si ammutinerebbe! Lo stesso vale per le truppe statunitensi in Siberia, per i canadesi e i francesi. L'idea di schiacciare il bolscevismo con la forza militare è pura pazzia. Ammettendo che sia possibile, chi occuperà la Russia?” A differenza di Wilson, il primo ministro britannico non era mosso da considerazioni idealistiche. Temeva la rivoluzione in Europa e in Asia e, da vecchio politicante, la “volpe” gallese era estremamente sensibile agli umori del popolo britannico, ostile a ogni ulteriore intervento in Russia. C'era una ragione ancora più urgente che lo spingeva a opporsi ai piani di Foch. Sir Henry Wilson, Capo di Stato Maggiore britannico, in un recente rapporto segreto al Ministero della Guerra aveva dichiarato che la Gran Bretagna doveva attenersi alla linea politica di “ritirare le truppe dall'Europa e dalla Russia e di concentrare tutta la nostra forza nei nostri futuri focolai di rivolta: Gran Bretagna, Irlanda, Egitto e India”. Lloyd George temeva che Foch e Clemenceau volessero tentare di stabilire l'egemonia francese in Russia mentre la Gran Bretagna era impegnata altrove. […] La “Tigre” francese, Georges Clemenceau, portavoce degli azionisti di imprese zariste e dello Stato Maggiore, prese la parola a favore dell'intervento.
Clemenceau sapeva che l'astuta politica di Lloyd George non avrebbe incontrato il favore dei circoli dirigenti britannici dove i militaristi e i servizi segreti erano già impegnati in una guerra antisovietica. Al tempo stesso, Clemenceau sapeva che di fronte a Wilson era necessario confutare gli argomenti di Lloyd George con una decisa dichiarazione sulla minaccia rappresentata dal bolscevismo. “In linea di principio,” cominciò Clemenceau, “non sono favorevole a entrare in trattative con i bolscevichi, non perché sono criminali, ma perché li alzeremmo al nostro livello, ammettendo che sono degni di trattare con noi”. II primo ministro britannico e il presidente degli Stati Uniti, se era permesso al primo ministro francese di esprimersi così, stavano assumendo un atteggiamento troppo accademico e dottrinario rispetto al problema del bolscevismo. “II pericolo bolscevico è immenso in questo momento,” dichiarò Clemenceau. “Il bolscevismo si diffonde. Ha invaso le province baltiche e la Polonia e proprio stamane abbiamo ricevuto la cattiva notizia della sua diffusione a Budapest e a Vienna. Anche l'Italia è in pericolo. Là il pericolo è probabilmente maggiore che in Francia. Se il bolscevismo, dopo aver invaso la Germania, dovesse attraversare l'Austria e l'Ungheria e raggiungere l'Italia, l'Europa si troverebbe di fronte a un pericolo smisurato. Perciò bisogna fare qualcosa contro il bolscevismo! […]”
II piano di pace di Wilson, assecondato da Lloyd George, parve per un momento trionfare malgrado Clemenceau e Foch. Wilson redasse una nota con un abbozzo delle sue proposte e la inviò al governo sovietico e ai vari gruppi di russi bianchi. II governo sovietico accettò subito il piano di Wilson e si preparò a inviare una delegazione a Prinkipo. Ma come disse più tardi Winston Churchill, “il momento non era propizio” alla pace con la Russia. La maggioranza dei capi alleati erano convinti che il regime sovietico sarebbe stato abbattuto. Su consiglio degli Alleati che li finanziavano, i vari gruppi bianchi rifiutarono di incontrare i delegati sovietici a Prinkipo. Alla Conferenza di pace l'atmosfera cambiò improvvisamente. Lloyd George, comprendendo di trovarsi davanti a un fallimento, ritornò improvvisamente a Londra. Al suo posto fu inviato d'urgenza a Parigi, per sostenere la causa degli estremisti antibolscevichi, il giovane Ministro della Guerra e dell'Aviazione, Winston Churchill. […] Scoraggiato, ammalato, abbandonato da Lloyde George, Wilson comprese che egli era solo in mezzo a una compagnia di persone decise ognuna a continuare la sua strada. “Ho spiegato al Consiglio come agirei se io fossi solo,” disse il presidente degli Stati Uniti, “comunque, accetto la mia sorte”. Wilson tornò negli Stati Uniti a combattere la sua tragica, impari battaglia contro la reazione statunitense. Il Segretario di Stato Lansing prese il suo posto alla conferenza di Parigi e nel tono della discussione subentrò un notevole cambiamento. I rappresentanti degli Alleati non sentirono più il bisogno di nascondere quello che avevano in mente. Clemenceau raccomandò seccamente che la Conferenza “si tirasse fuori dai guai più discretamente e velocemente possibile”. La questione di Prinkipo doveva essere accantonata del tutto e non la si doveva più nominare. “Gli Alleati si sono cacciati in questo affare di Prinkipo,” disse, “e ora devono uscirne!” Il Ministro degli Esteri britannico Balfour estese i commenti di Clemenceau: “È necessario,” dichiarò, “far passi per mettere i bolscevichi dalla parte del torto, non solo di fronte alla pubblica opinione, ma anche di fronte a coloro che pensano che il bolscevismo sia una forma deviata di democrazia con parecchi elementi buoni”. Quindi la Conferenza tenne una prolungata discussione sui mezzi migliori per aiutare le armate bianche russe contro il governo sovietico. Churchill, che aveva sostituito Lloyd George al tavolo della Conferenza, propose l'immediata istituzione di un Consiglio Supremo Alleato per gli Affari Russi, con sezioni politica, economica e militare. La sezione militare doveva “mettersi al lavoro subito” per tracciare i particolari di un ampio programma di intervento armato».35
34. Ivi, cap. 5, paragrafo 1 – Pace in Occidente.
35. Ivi, cap. 5, paragrafo 2 – Alla Conferenza di pace.