2.1. STRATEGIE E METODOLOGIE DELLA CIA
«In che cosa consiste il pericolo della Rivoluzione cubana? II pericolo siamo noi. Il pericolo è che si diffonda per l’America ciò che stiamo facendo, che si diffonda l’usanza di dialogare col popolo e di chiedergli consiglio ogni volta che sia necessario, perché se si chiedesse a qualunque popolo d’America che cosa bisogna fare coi latifondisti, tutti i popoli condannerebbero il latifondo! […] Per questo ci temono, per questo vogliono isolarci e distruggerci, perché hanno paura che tale esempio si diffonda; che per tutta l’America fioriscano le cooperative, che vi si estingua il latifondo e che in tutta l’America comincino a crescere le barbe guerrigliere e che tutta la Cordigliera delle Ande diventi un’altra Sierra Maestra». (Ernesto “Che” Guevara, dal discorso di Camagùey, 18 settembre 1960)5La strategia per mantenere il controllo neocoloniale dell'America Latina è chiaramente espressa dalla CIA, come spiega Weiner6:
«Negli anni Sessanta, il campo d'azione della CIA ebbe una forte espansione in America Latina. “Castro ne fu il catalizzatore” racconta Tom Polgar, che fu responsabile dell'intelligence estera nella divisione latinoamericana dal 1965 al 1967. “La CIA e le classi dei possidenti dell'America Latina avevano una sola cosa in comune: quella paura”. “La sua missione era usare le stazioni dell'agenzia in America Latina per raccogliere informazioni d'intelligence sull'Unione Sovietica e su Cuba” spiega Polgar. “Per farlo, è necessario che ci sia un governo relativamente stabile che cooperi con gli Stati Uniti”. La CIA dava appoggio a undici nazioni latinoamericane: Argentina, Bolivia, Brasile, Repubblica Dominicana, Ecuador, Guatemala, Guyana, Honduras, Nicaragua, Perù e Venezuela. Una volta che un governo amico era al potere, il capo della locale stazione CIA aveva cinque strade per mantenere l'influenza americana sui leader politici di quel paese. “Diventi il loro servizio segreto estero” spiega Polgar. “Non sanno che cosa accade nel mondo. Così tu dai loro un'informativa settimanale, modificata in modo che si accordi alle loro sensibilità. Dai loro del denaro, è ovvio: i soldi sono sempre graditi. Approvvigionamenti: giocattoli, giochi, armi. Addestramento. E puoi sempre portare un gruppo di funzionari a Fort Bragg o a Washington: una fantastica vacanza”. L'agenzia sosteneva l'idea, puntualmente messa per iscritto in una valutazione formale firmata da Richard Helms [direttore della CIA dal 1966 al 1973, ndr], che le giunte militari latinoamericane fossero un bene per gli Stati Uniti. Erano le sole forze capaci di controllare le crisi politiche. Legge e ordine erano sempre meglio della caotica lotta per la democrazia e la libertà».Più avanti:
«Nel 1970 l'influenza della CIA si faceva sentire in tutto il continente americano, dal confine texano alla Terra del Fuoco. Il presidente del Messico trattava esclusivamente con il capo della stazione CIA, non con l'ambasciatore, e a Capodanno riceveva a casa un'informativa personale dal direttore dell'agenzia. In Honduras, due capi della stazione locale avevano richiesto il sostegno degli Stati Uniti alla giunta militare andando contro la volontà degli ambasciatori da cui dipendevano. Erano poche le nazioni dell'America Latina la cui adesione agli ideali della democrazia e all'autorità della legge andasse oltre una parvenza puramente formale».7Senza la pretesa di tracciare una storia completa, proviamo a costruire un percorso con cui ripercorrere le vicende della maggior parte dei paesi dell'area geografica, soffermandoci sulle questioni nodali, i movimenti politico-sociali più importanti e le personalità paradigmatiche.
5. Citato in M. Colasanti, Ernesto “Che” Guevara, cit.
6. T. Weiner, CIA, cit., p. 272.
7. Ivi, p. 297.