21 Novembre 2024

1.8. “ALDO DICE 26X1” E LA LIBERAZIONE DEL PAESE

L'insurrezione finale dei partigiani che porta alla Liberazione delle principali città d'Italia ha inizio il 24 e il 25 aprile nelle grandi città del Nord, dopo la diffusione del messaggio in codice comunicato dai vari comandi regionali del CLN: «Aldo dice 26x1». Pochi sanno che è principalmente il Partito comunista che riesce ad imporre la vittoriosa insurrezione popolare dell’aprile 1945. Così Togliatti scriveva a Longo nei giorni precedenti:
«È nostro interesse vitale che l’armata nazionale e il popolo si sollevino in un’unica lotta per la distruzione dei nazifascisti prima della venuta degli alleati. Questo è indispensabile specialmente nelle grandi città come Milano, Torino, Genova, ecc. che noi dobbiamo fare il possibile per liberare con le nostre forze ed epurare integralmente dai fascisti».
Per dirigere l’insurrezione di Milano venne insediato un Comitato insurrezionale composto da Luigi Longo per i comunisti, Sandro Pertini per i socialisti e Leo Valiani per gli azionisti.
Gli alleati anglo-americani, il Vaticano e le forze conservatrici della Resistenza sono contrari all’insurrezione e tentano con tutti i mezzi di sabotarla e farla fallire, a Milano come a Torino e a Genova. Senza la risoluta iniziativa del Partito comunista, del Partito d’Azione e delle altre forze di sinistra, l’insurrezione del Nord non ci sarebbe stata, come non c'è stata a Roma, dove le forze conservatrici vi si oppongono prendendo il sopravvento.
Questa contrarietà delle forze della reazione si spiega in primo luogo con le ambiguità degli alleati anglo-americani, che nutrono una costante preoccupazione per la forza militare e organizzativa dei comunisti. Gli anglo-americani hanno mandato scarsissimi aiuti militari alle brigate Garibaldi, preferendo supportare le brigate autonome o quelle legate a forze più conservatrici: cattoliche, badogliane, monarchiche, ecc. Diversi storici a tal riguardo hanno collegato questa tendenza con lo stesso “proclama di Alexander” fatto il 13 novembre 1944, con cui il comandante in capo delle truppe alleate nel Mediterraneo, il feldmaresciallo inglese Harold Alexander, invita via radio i partigiani ad abbandonare la lotta armata e a tornare a casa. In quel durissimo inverno il movimento partigiano si dimezza, mantenendosi operative in particolar modo le brigate Garibaldi guidate dai comunisti, che con i loro 50 mila effettivi costituiscono più dell'80% delle forze partigiane rimaste attive anche nel momento più difficile della Resistenza Partigiana.
Gli anglo-americani vogliono un'Italia sottomessa e umiliata, in una sostanziale continuità dell'ordine sociale, con la mera differenza di voler instaurare un governo loro sottomesso in ottica antisovietica. Per tale motivo accarezzano anche l'idea di “salvare” Mussolini per poterlo eventualmente utilizzare politicamente in chiave anticomunista nel dopoguerra.
Ciò è impedito dalla forza vigorosa dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti, che liberando le città del Nord Italia e sconfiggendo autonomamente numerose divisioni tedesche riscattano l'orgoglio del paese, mostrando la forza di un popolo rinnovato dalla lotta condotta contro i nazifascisti.26 Ecco il capitolo dedicato dalla Storia Universale dell'Accademie delle Scienze dell'URSS alla Liberazione dell'Italia settentrionale27:
«Nel febbraio-marzo del 1945, cioè quando ancora le truppe alleate non erano avanzate rispetto alle posizioni occupate durante l'inverno e sul fronte italiano regnava la calma, l'offensiva partigiana nell'Italia settentrionale si sviluppava con nuova forza. La “repubblica sociale” si sfasciava e le diserzioni nell'esercito e nella polizia, la fuga dei funzionari amministrativi assumevano un carattere di massa. Per evitare la mobilitazione nell'esercito fascista, la gioventù si univa ai partigiani. Dalla fine di febbraio, l'industria dell'Italia settentrionale era praticamente paralizzata.
I comunisti invitavano gli operai a salvare le fabbriche dalle distruzioni operate dai tedeschi; per questa ragione, gli impianti e le macchine utensili venivano occultati in luoghi sicuri o portati sulle montagne, mentre le brigate operaie organizzavano la difesa all'interno delle imprese e delle fabbriche. Delle 26 divisioni tedesche presenti in Italia, che all'inizio dell'aprile 1945 costituivano il gruppo d'armate “Z” (X e XIV armata e LXXV corpo d'armata), 6 divisioni combattevano contro i partigiani. Alle forze tedesche era opposto il 15° gruppo d'armate alleato (V armata americana e VIII armata inglese) composto da 21 divisioni e da 9 brigate. Le truppe alleate erano, come al solito, perfettamente attrezzate. La superiorità tecnica alleata sul nemico era schiacciante. Il 9 aprile 1945, dalla zona a est di Bologna passarono all'attacco le truppe inglesi. Il 14 aprile a sud-ovest di Bologna iniziò la offensiva delle truppe americane e il 24 gli alleati forzavano il Po.
Nell'Italia settentrionale, il movimento partigiano era molto forte. Il 10 aprile la direzione per l'Italia settentrionale del partito comunista fece pervenire a tutte le organizzazioni politiche e formazioni militari partigiane la direttiva n° 16 dedicata all'insurrezione, nella quale si diceva che era arrivata l'ora della riscossa: “...l'offensiva sovietica sull'Oder e l'offensiva anglo-americana in Italia saranno gli atti finali della battaglia vittoriosa. Anche noi dobbiamo scatenare l'attacco definitivo. Non si tratta più solo di intensificare la guerriglia, ma di predisporre e scatenare vere e proprie azioni insurrezionali”. A metà aprile le formazioni partigiane italiane al comando di Arrigo Boldrini che avanzavano al fianco delle truppe alleate, in una serie di aspre battaglie liberarono parecchie città. Il 19 aprile i partigiani, comandati dal comunista Barontini, dopo sanguinosi scontri col nemico, liberarono Bologna, che venne definitivamente strappata al nemico il 21 aprile, con l'appoggio delle truppe alleate.
La mattina del 24 aprile il Comitato di liberazione nazionale decretò l'inizio dello sciopero generale e dell'insurrezione. La stazione radio di “Milano libera” trasmise questo messaggio: “Il Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia invita all'insurrezione in tutte le città e le province, per cacciare gli invasori e i loro alleati fascisti, e per porre le basi di una nuova democrazia, che sarà l'espressione della volontà popolare”. Il popolo italiano aderì con slancio all'appello.
Il 25 aprile i partigiani e gli operai di Milano conquistarono la città. La vittoria fu rapida e totale: il nemico, che sperava di conservare la città come ultimo, importante caposaldo, fu colto alla sprovvista e non poté contare sull' appoggio della guarnigione fascista. Alla vigilia dell'insurrezione, per cercar di impedire l'attacco dei partigiani, Mussolini si incontrò con i rappresentanti del Comitato di liberazione nazionale, ma quando seppe che i nazisti, a sua insaputa, da lungo tempo conducevano le trattative per la capitolazione con il comando alleato, scomparve dal palazzo del cardinale Schuster, dove avveniva l'incontro, e insieme ai principali esponenti fascisti cercò di mettersi in salvo. Poco prima del confine svizzero, però, la colonna dei fascisti in fuga fu fermata dai partigiani e il “duce”, travestito da soldato tedesco, venne riconosciuto e arrestato.
Il 28 aprile, per ordine del CLN e del comando del Corpo volontari della libertà, Mussolini e altri dirigenti fascisti furono fucilati. A Torino lo sciopero generale iniziò il 18 aprile e si trasformò ben presto in insurrezione contro i tedeschi, che volevano liquidare il movimento prima dell'arrivo delle formazioni partigiane. I nazisti misero in azione i carri armati e l'artiglieria, ma non riuscirono nel loro intento: i partigiani costrinsero la guarnigione tedesca a lasciare la città e sconfissero immediatamente la resistenza dei fascisti. Il 26 aprile anche il comando nazifascista di Genova sottoscrisse la resa incondizionata della guarnigione, che, a nome del CLN della città, venne accettata dall'operaio comunista Remo Scappini. Costringendo i tedeschi alla resa, i partigiani salvarono dalla distruzione il più importante porto d'Italia. Lunga e aspra fu la lotta nelle città e nelle strade della provincia di Venezia, dove si trovavano numerose colonne tedesche che volevano arrivare a qualunque costo ai valichi alpini per l'Austria.
In alcune località le ostilità si conclusero con la piena vittoria dei partigiani solo il 29 aprile. L'insurrezione nell'Italia settentrionale ebbe un carattere di massa. L'attacco decisivo delle forze partigiane fu ovunque appoggiato dalla popolazione: 125 città e centri abitati furono liberati prima dell'arrivo degli Alleati. Quando il 29 aprile venne firmato l'atto ufficiale della capitolazione tedesca in Italia, molte divisioni nemiche stavano ancora combattendo contro i partigiani. Le truppe alleate in movimento verso l'Italia settentrionale entrarono in città ove, da alcuni giorni o da qualche settimana, il potere si trovava nelle mani dei patrioti. L'offensiva alleata nell'Italia settentrionale avvenne dunque mentre si sviluppava l'insurrezione popolare e la lotta appassionata delle forze della resistenza. Dopo aver riconosciuto la capitolazione delle truppe tedesche, le divisioni anglo-americane continuarono l'avanzata verso il nord. Il 2 maggio esse entrarono in Trieste, dove erano già giunti i partigiani italiani e reparti dell'esercito popolare jugoslavo, e il 4 si congiunsero sul passo del Brennero con parte della VII armata americana.
La guerra in territorio italiano era finita. Lo stesso giorno il comandante in capo alleato delle forze del Mediterraneo, maresciallo Alexander, annunciava in un ordine del giorno straordinario: “I resti di quello che fu un orgoglioso esercito, quasi un milione di uomini con i loro armamenti ed equipaggiamenti e accessori, hanno consegnato le armi. Le forze combattenti agli ordini del comandante in capo Von Vietinghoff comprendono oltre agli eserciti dell'Italia settentrionale, le forze germaniche del Tirolo, del Voralberg, di Salisburgo e le unità della Carinzia e della Stiria. Tutte queste forze combattenti agli ordini del comandante in capo si sono arrese incondizionatamente. La firma ha avuto luogo nell'ufficio del generale Morgan alla presenza di ufficiali britannici, americani e sovietici. Questo è il primo esempio di capitolazione incondizionata di un intero esercito tedesco. Essa è dovuta al convergere di due elementi di rottura di ogni possibile resistenza: l'insurrezione di un popolo intero, organizzata dagli organi militari e politici del Comitato di liberazione nazionale, e l'assalto trionfale delle armate alleate”».
Giova ricordare come nella serata del 29 aprile 1945 il CLNAI emani un comunicato con cui si assume la responsabilità dell'esecuzione di Mussolini quale conclusione necessaria della lotta insurrezionale, giustificando i fatti di Piazzale Loreto come una legittima reazione popolare ai crimini del ventennio fascista.
Di seguito il comunicato28:
«Il CLNAI dichiara che la fucilazione di Mussolini e complici, da esso ordinata, è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali, è la conclusione di una lotta insurrezionale che segna per la Patria la premessa della rinascita e della ricostruzione.
Il popolo italiano non potrebbe iniziare una vita libera e normale - che il fascismo per venti anni gli ha negato - se il CLNAI non avesse tempestivamente dimostrato la sua ferrea decisione di saper fare suo un giudizio già pronunciato dalla storia.
Solo a prezzo di questo taglio netto con un passato di vergogna e di delitti, il popolo italiano poteva avere l'assicurazione che il CLNAI è deciso a proseguire con fermezza il rinnovamento democratico del paese.
Solo a questo prezzo la necessaria epurazione dei residui fascisti può e deve avvenire, con la conclusione della fase insurrezionale, nelle forme della più stretta legalità.
Dell'esplosione di odio popolare che è trascesa in quest'unica occasione a eccessi comprensibili soltanto nel clima voluto e creato da Mussolini, il fascismo stesso è l'unico responsabile.
Il CLNAI, come ha saputo condurre l'insurrezione, mirabile per disciplina democratica, trasfondendo in tutti gli insorti il senso della responsabilità di questa grande ora storica, e come ha saputo fare, senza esitazioni, giustizia dei responsabili della rovina della Patria, intende che nella nuova epoca che si apre al libero popolo italiano, tali eccessi non abbiano più a ripetersi.
Nulla potrebbe giustificarli nel nuovo clima di libertà e di stretta legalità democratica, che il CLNAI è deciso a ristabilire, conclusa ormai la lotta insurrezionale.

Il Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia.
Achille Marazza per la Democrazia Cristiana
Augusto De Gasperi per la Democrazia Cristiana
Ferruccio Parri per il Partito d'Azione
Leo Valiani per il Partito d'Azione
Luigi Longo per il Partito Comunista Italiano
Emilio Sereni per il Partito Comunista Italiano
Giustino Arpesani per il Partito Liberale Italiano
Filippo Jacini per il Partito Liberale Italiano
Rodolfo Morandi per il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria
Sandro Pertini per il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria»
26. Vd la nota del capitolo 1.5.
27. Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale, vol. X-CCDP, cit.
28. Wikisource, Comunicato 29 aprile 1945.

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