21 Novembre 2024

12.2. LUCI E OMBRE DELLA GUERRIGLIA DI SENDERO LUMINOSO

Negli anni '80 in Perù continuarono ad esserci governi neoliberisti o governi riformisti bloccati dal boicottaggio economico internazionale e da golpe militari (si può ipotizzare a riguardo l'ampio zampino della CIA), mentre gli anni '90 sono caratterizzati dall'avvento alla presidenza della Repubblica del criminale Alberto Fujimori (che scapperà dal paese nel 2000 per evitare un processo per corruzione) il quale, per cercare di risanare il paese da una gravissima situazione economica caratterizzata anche da una corruzione sistematica, pensa bene di affidarsi ad una rigida politica di austerità (riforma fiscale e misure di radicale liberalizzazione economica), fedele alle direttive del FMI; ne rimane ulteriormente provata la popolazione, colpita perfino da una grave epidemia di colera.
Nel 1992 Fujimori, appoggiato dalle alte gerarchie delle forze armate, attua un golpe bianco, sciogliendo contestualmente il Parlamento e il più alto organo della magistratura, limitando la libertà di stampa. È lui a dare una svolta al conflitto con Sendero Luminoso, catturando il suo leader Abimael Guzmán, evento preceduto di qualche mese dall'arresto di Victor Polay, capo del filocubano Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru. Occorre dire alcune parole su Sendero Luminoso e sul suo leader. Leggiamo Marcello Musto87:
«Nel 1962, un giovane professore universitario di ventotto anni vi giunse [ad Ayacucho, ndr] per insegnare filosofia. Introverso e schivo, proveniva dalla splendida città di Arequipa, dove aveva studiato al liceo cattolico distinguendosi per disciplina e ascetismo. Poco tempo dopo il suo arrivo, Abimael Guzmán apprese il quechua, la lingua più diffusa tra le popolazioni indigene dell'America Latina, e iniziò un'intensa militanza politica. A distanza di qualche anno, sarebbe divenuto celebre in tutto il mondo: il leader di Sendero Luminoso, la guerriglia maoista che intraprese un conflitto sanguinario con lo stato peruviano, causando nel corso di vent'anni - a partire dal 1980 - la morte di quasi 70.000 persone. Negli anni Sessanta, con lo scoppio della crisi sino-sovietica, il mondo comunista si scisse in due blocchi. Il Partito Comunista Peruviano non restò estraneo a questa divisione e, all'atto della rottura nel 1964, Guzmán aderì alla frazione filo-cinese, il PC Bandiera Rossa. Gli anni seguenti furono un susseguirsi di scissioni, fino a quella del 1970 che lo indusse a lasciare l'organizzazione e a fondare il Partito Comunista del Perù - Sendero Luminoso (SL), gruppo che si definì erede della Rivoluzione Culturale: “l'evento principale della storia umana”, quello che aveva scoperto “come cambiare le anime”. Nonostante i proclami, l'organizzazione nacque priva di qualsiasi relazione col mondo contadino. In tutto il paese i suoi aderenti furono soltanto 51 e, per lungo tempo, la sua presenza politica si limitò alla sola università di Ayacucho, presso la quale andavano formandosi gli insegnanti e il nuovo personale tecnico di tutta la regione interno-meridionale del Perù. In questo periodo, Guzmán tenne numerosi corsi su José Carlos Mariátegui, un acutissimo e stimato marxista peruviano (da molti considerato il Gramsci latinoamericano), scomparso nel 1930 e trasformato, nonostante la sua distanza da ogni ortodossia e dogmatismo, in precursore del maoismo e padre spirituale di SL. Attingendo da schematici manuali marxisti, egli iniziò a diffondere tra la gioventù andina della zona una visione del mondo estremamente deterministica. L'obiettivo perseguito fu quello di creare un gruppo monolitico, caratterizzato da una relazione oppressiva tra partito politico e società che non riconosceva spazio alcuno all'autonomia delle lotte. SL, infatti, si oppose sistematicamente a scioperi e occupazione delle terre, manifestando in più occasioni intolleranza verso la cultura indigena. Ciò nonostante, in America Latina, fu proprio questo partito, esiguo ma sorretto da una ferrea disciplina, fortemente centralizzato (il suo principale organismo direttivo era composto da Guzmán, sua moglie e la sua futura compagna) e protetto dall'assoluta segretezza dei suoi militanti, ad avvicinarsi più di ogni altro alla conquista del potere politico attraverso le armi, impresa riuscita solo a Fidel Castro con Cuba e ai sandinisti in Nicaragua. […]
Alla fine degli anni Settanta, Guzmán lasciò l'università per entrare nella clandestinità e, avendo tratto dalla lettura di Mao Tse-Tung la convinzione che la guerra fosse una tappa indispensabile anche per la realtà peruviana, promosse la creazione dell'Esercito Guerrigliero Popolare (EGP), struttura parallela a SL. […] I primi due anni e mezzo della guerra si caratterizzarono per l'assoluta sottovalutazione, da parte dello stato, della risolutezza di SL. Alla metà degli anni Settanta operavano in Perù ben 74 differenti organizzazioni marxiste-leniniste e quando il governo di Fernando Belaúnde si risolse a intervenire lo fece senza avere alcuna cognizione della strategia politica e militare della formazione che combatteva, erroneamente ritenuta simile alle altre guerriglie latino-americane (ad esempio quelle di matrice guevarista), dalle quali essa era, invece, del tutto distante. Nonostante il numero ancora poco rilevante dei suoi militanti - nel frattempo saliti a 520 - e il carattere rudimentale del suo arsenale - per lo più vecchi fucili -, la guerra popolare di SL avanzò notevolmente in questo periodo. Belaúnde decise allora di utilizzare le forze armate e Ayacucho diventò l'area di un comando politico-militare dell'intera regione. Questa seconda fase del conflitto si distinse per la violenta repressione contro le popolazioni locali. Il razzismo dei soldati venuti dalla città, che identificavano in ogni campesino un potenziale pericolo e, pertanto, un obiettivo da eliminare, contribuì all'accrescersi del numero dei morti. Soppressa la sfera politica, le autorità civili furono sostituite dagli esponenti dell'esercito che dirigevano, con abusi e atti arbitrari, i Comitati di Difesa Civile, a metà tra accampamenti militari e centri di tortura. A questa strategia, SL rispose tentando di creare luoghi di “contropotere”: i Comitati Popolari. Ovvero, delle “zone liberate”, rigidamente governate da commissari nominati dal partito, che servivano come base d'appoggio per la guerriglia. Inoltre, nel triennio successivo Guzmán decise di espandere il conflitto su scala nazionale, a partire dalla capitale. Di conseguenza, alla fine della decade (nel 1984 era sorta anche la guerriglia Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru) il 50% del territorio peruviano si trovava sotto il controllo militare».
87. M. Musto, Maoismo sulle Ande. La storia di Abimael Guzmán, leader di Sendero Luminoso, Dazebaonews.it, 30 settembre 2012.

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