21 Novembre 2024

10.5. ASCESA E CRISI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA

Sotto il governo di Najibullah, segretario generale del Partito nel 1986 e presidente nel 1987, avviene il ritiro dell'Armata Rossa (1988), che però «infuse nuova vita allo screditato regime di Najubullah. Dopo il ritiro delle truppe sovietiche, le forze frammentate dei mujaheddin ebbero più difficoltà di prima a superare le loro profonde divisioni interne».145
In realtà il regime continua ad avere ampio consenso sociale, tanto da portare
«molti volontari a prendere le armi in suo nome. Ma era una lotta decisamente ardua, perché era relativamente facile per gli antiriformisti locali e per i loro sostenitori stranieri convincere un gran numero di contadini che il governo aveva cattive intenzioni, velando la distinzione tra l'attuale governo e il suo detestato e dogmatico predecessore, soprattutto perché il governo amava sottolineare la continuità con la rivoluzione dell'aprile 1978. I contadini, come del resto gli antiriformisti, non venivano informati del legale degli Stati Uniti con quello stesso detestato predecessore, Hazifullah Amin».
Negli ultimi anni di vita il regime ha moderato la propria retorica politica, approvando nel 1987 una nuova Costituzione «islamizzata», «spogliata di tutta la retorica socialista e traboccante di riferimenti all'Islam e al santo Corano».146 Il motivo del perdurante (se non maggiore) sostegno popolare è ben spiegato dalle conquiste socio-economiche ottenute dal governo rivoluzionario. Riportiamo a tal riguardo i dati presentati da Wikipedia147:
«Nel 1977 l'Afghanistan nella lista dei paesi in via di sviluppo formulata dall'ONU sulla base del reddito pro capite era al posto numero 108 su 129 paesi, con un reddito pro capite di 162 dollari. I risultati della rivoluzione dal 1980 al 1985, nonostante la controrivoluzione, furono i seguenti:
-Costruiti due impianti per l'estrazione del gas, che alla fine dell'85 avranno portato all'esportazione di gas, pari al 40% dell'affluenza di valuta del paese;
-Produzione nazionale lorda: aumentata del 13%;
-Produzione dell'energia elettrica: aumentata del 61%;
-Produzione del settore statale: aumentata del 47%;
-Produzione del settore industriale: aumentata del 25%. Costruiti 100 impianti industriali (uguale al 70% del bilancio dell'entrate del paese) comprese dighe, centrali elettriche e 1600 Km di strade. Artigianato, con 296.000 lavoratori: ha una produzione di 14,450 miliardi di afgani;
-Produzione dell'energia elettrica: aumenta del 48%;
-Produzione della farina: aumentata del 60%;
-Produzione di carne: aumentata del 17%;
-Alfabetizzati 1.380.000 uomini e donne. Formazione di 80.000 operai specializzati. All'interno della campagna per l'alfabetizzazione formati 20 corsi speciali per lavoratori nell'orario di lavoro. La fabbrica di scarpe Akho e l'azienda Melli Bass sono state le prime aziende ad avere i lavoratori completamente alfabetizzati;
-Produzione di agrumi: raggiunge le 2.000 tonnellate (con un valore di valuta importata di 800.000 dollari);
-Nel 1978 nel paese esistevano 30 scuole materne. Nel 1985 ce n'erano 309;
-Ospedali e ambulatori aumentati del 92%;
-Posti letto ospedalieri: aumentati dell'80%;
-Medici specialisti: aumentati del 70%.
L'84% della popolazione viveva in campagna. All'interno della riforma agraria e dell'acqua furono redistribuiti 810.000 ettari di terra a contadini senza terra o con poca terra, furono stanziati dal governo 60 milioni di dollari di crediti a tasso zero per i contadini e le cooperative, 647.000 contadini aderirono a forme cooperative. Furono cancellati tutti i debiti contratti prima della rivoluzione a 760.000 famiglie contadine. Nel 1985:
-la produttività nelle campagne ebbe un incremento del 78%;
-solo nei primi tre mesi dell'85, 910.000 nuovi ettari furono coltivati a cotone;
-ci fu un aumento del 40% in più di famiglie che ottennero la terra. […]
Realizzazioni in cooperazione con l'URSS:
-centrale idroelettrica Naglu (produzione -100.000KW);
-fabbrica di azoto Mazar I Sharif (produzione 150.000 carbammidi all'anno);
-autofficina Dzhangalk;
-stabilimento prefabbricati edilizi di Kabul;
-Politecnico di Kabul;
-5 istituti tecnici;
-11 scuole professionali;
-1 stazione spaziale chiamata LOTOS per le comunicazioni satellitari;
-1 ponte sul Amudarja;
-2 fabbriche per la panificazione e produzione di cibi in scatola.
Nel 1985 furono costruite 5.600 case, pari a 610.000 m² abitativi, 28 scuole, 6 asili, 40 biblioteche, 19 scuole di musica (afgana, indiana, orientale ed europea)».
Sono cifre e dati che spiegano il reale consolidamento e rafforzamento dello Stato e del suo partito dominante: non è un caso che il PDPA passi dai 18.000 iscritti del 1978 ai 240.000 aderenti del 1986, e che le stesse forze armate afghane siano state in grado di resistere fino al 1992, riportando anche notevoli successi militari, ben dopo il ritiro sovietico. Il crollo del regime è dovuto esclusivamente al venir meno di ogni possibilità di ricevere rifornimenti bellici ed alimentari, mentre i mujahidin continuano a godere fino all'ultimo di un ampio supporto internazionale. L’epilogo del conflitto non è determinato in ultima istanza dalla forza congiunta dell’imperialismo e della reazione interna, bensì dalla crisi ideologico-politica dell’URSS e della comunità comunista internazionale: «più volte negli anni Ottanta […] l'Unione Sovietica aveva affermato che non era possibile trovare una soluzione al conflitto fino a quanto gli Stati Uniti e le altre nazioni non cessavano di appoggiare i mujahidin. Gli Stati Uniti, a loro volta, continuavano a ripetere che i sovietici dovevano prima ritirare le loro truppe dall'Afghanistan». Poi arriva Gorbačev e inizia il disarmo unilaterale sovietico: nell'accordo di Ginevra del 14 aprile 1988 il Cremlino si impegna a ritirare le proprie truppe, ma quando 10 mesi dopo Gorbačev chiede agli Stati Uniti di appoggiare un embargo sulle spedizioni in armi in Afghanistan e un cessate il fuoco tra le due parti in conflitto, da Washington arriva un secco rifiuto e gli USA continuano a rifornire di armi i ribelli, nella convinzione di poter far cadere il regime in pochi mesi. Il governo Najibullah offre di restituire tutte le rimanenti armi sovietiche in proprio possesso in cambio di un reciproco disarmo dei ribelli e della pace. Non è nota la risposta statunitense, ma si sa che «nello stesso giorno dell'offerta di Najibullah, gli Stati Uniti annunciarono di aver consegnato all'Afghanistan 500.000 libri di testo americani da usare per l'insegnamento nei primi quattro anni della scuola elementare. I libri […] parlavano della lotta dei ribelli contro l'Unione Sovietica e contenevano illustrazioni dei guerriglieri che uccidevano i soldati russi».
Al disimpegno sovietico non si accompagnano credibili iniziative internazionali in grado di favorire una soluzione politica del conflitto. A peggiorare il quadro si aggiunge la particolarità di una resistenza armata fortemente frazionata in cui operano almeno una quindicina di gruppi divisi tra di loro anche sul piano religioso (otto fazioni fanno riferimento al rito musulmano sciita e sette a quello sunnita) e nella quale convivono un'anima moderata e una fondamentalista. Il 15 aprile 1992 Najibullah è costretto a dimettersi e dopo un tentativo fallito di espatriare si rifugia in un ufficio dell'ONU; verrà barbaramente giustiziato nel 1996 dai talebani, nel frattempo usciti vincitori della guerra interna tra le varie fazioni islamiche ed etniche. Al termine della guerra il popolo afghano conta più di un milione di morti, tre milioni di disabili e cinque milioni di rifugiati, per un totale, all'incirca, di metà della popolazione. Già prima di prendere il potere i mujahidin hanno bandito tutti i gruppi non musulmani.
Dal 1992 vengono stabiliti altri punti della nuova legge: nella nuova repubblica islamica non c'è posto per gli alcolici e vige il divieto per le donne di girare pubblicamente senza il velo.
Ogni violazione è punita con flagellazioni, amputazioni e pubbliche esecuzioni.
Si è parlato a sproposito dell’Afghanistan come del Vietnam sovietico. Le due vicende sono totalmente diverse non solo per i contenuti di classe e i progetti perseguiti, ma anche per il peso dello sforzo economico e bellico manifestatosi. In Vietnam gli USA hanno avuto circa 60.000 fra morti e dispersi e oltre 370.000 feriti e mutilati, l’URSS in 10 anni contabilizza meno di 13.500 morti e 35.000 feriti. A tali riferimenti quantitativi va aggiunto che l’Afghanistan aveva continuità territoriale con l’URSS stessa, sviluppando un comune confine per quasi 2.000 km. La realtà è che con l’Afghanistan si manifesta la crisi di un’ipotesi strategica alternativa al dominio capitalistico mondiale. A distanza di decenni è evidente come il periodo della Repubblica Democratica dell'Afghanistan (1978-1992) abbia segnato di fatto l'ultimo momento realmente progressista per gli afghani, oggi costretti alla fame e alla miseria più nera. Il paese, dopo un decennio di anarchia e fondamentalismo islamico, viene invaso nel 2001 dalle forze della NATO, che da allora portano avanti un'occupazione non ancora terminata.
Mentre le multinazionali provvedono a sfruttare le enormi ricchezze del sottosuolo (non solo petrolio ma anche rame, ferro, oro, litio, cobalto, terre rare e idrocarburi) il paese resta uno dei più poveri al mondo, ridotto allo status di neo-colonia occidentale.148
145. C. Andrew & O. Gordievskij, La storia segreta del KGB, cit., p. 610.
146. W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., p. 513-514.
147. Wikipedia, Repubblica Democratica dell'Afghanistan.
148. Fonti usate: W. Blum, Il libro nero degli Stati Uniti, cit., pp. 514-515; L'Afghanistan e la cattiva coscienza, cit.; Enciclopedia De Agostini, Afghanistan, cit.; M. Innocenti Degli, Risorse naturali, la speranza dell’Afghanistan, Limes (web), 24 settembre 2012; La vera storia della guerra in Afghanistan, L'Ernesto-Marx21 (web), 15 luglio 2002.

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