21 Novembre 2024

1.01. CAMILO CIENFUEGOS, IL “SIGNORE DELL'AVANGUARDIA”

«Negli anni della lotta in montagna noi dedicavamo una cura particolare per la nostra avanguardia, perché aveva compiti molto speciali ed importanti. Era la prima unità ad affrontare il nemico se lo s’incrociava, guidava il cammino, montava di guardia costantemente, e lì, nel plotone dell’avanguardia, stava Camilo. Questo è il Partito, l’Avanguardia». (Fidel Castro)3
«Quello che per noi - quelli che ricordano Camilo come una cosa, come un essere vivo – fu sempre maggiormente attraente, fu quello che attraeva anche tutto il popolo di Cuba, era il suo modo d'essere, il suo carattere, la sua allegria, la sua franchezza, la sua disposizione in ogni momento d'offrire la sua vita, correre i pericoli più grandi con una totale naturalezza, con una completa semplicità, senza la minima ostentazione del valore, della sapienza, essendo sempre il compagno di tutti, e anche se era già terminata la guerra, era indiscutibilmente il più brillante di tutti i guerriglieri». (Ernesto “Che” Guevara)4
Camilo Cienfuegos (L'Avana, 6 febbraio 1932 – 28 ottobre 1959) è uno dei massimi leader della Rivoluzione cubana. Leggiamone la biografia e la condotta politico-militare nella descrizione offerta da Natan Mondin5:
«uno dei comandanti della Revolucion del 1956. Un combattente di umili origini con un forte senso di giustizia, di un coraggio cieco […] Come la maggior parte dei primi ribelli che parteciparono alla spedizione del Granma, Camilo era stato vittima del malcostume dei regimi “autentici”. Nel 1944 dovette abbandonare gi studi perché il padre, presidente dell'associazione genitori e maestri, fu accusato di disfattismo e opposizione al governo. […] Andò a lavorare come apprendista presso un sarto dove il salario da fame non gli permetteva una vita decorosa. Nel 1953 spinto dal suo innato spirito d'avventura e dall'animo irrequieto decise di emigrare negli Stati Uniti, dove visse da clandestino per poco più di un anno. Si adattò a svolgere qualsiasi lavoro e nel poco tempo libero scriveva articoli su La Voz de Cuba, il periodico degli emigrati cubani, per lo più fuggiti dal paese spinti da motivi politici. Scoperto dal dipartimento di immigrazione, fu costretto a tornare in patria nell'aprile del 1955. Qui si unì ben presto agli studenti che si ribellavano alla dittatura di Batista, fra cui militava anche suo fratello Osmany. Tornò a lavorare dal sarto e si divise fra duro lavoro ed attività sovversiva. Il 7 dicembre di quell'anno partecipò ad una manifestazione in ricordo della morte di Maceo, il condottiero mulatto che si era distinto nella seconda guerra d'indipendenza contro la Spagna. Il ricordo di chi aveva combattuto per la libertà fu considerato un atto sovversivo e Camilo, che marciava in prima fila, fu raggiunto da una delle numerose pallottole sparate contro gli studenti dalle guardie di Batista. Pochi mesi dopo fu catturato durante una manifestazione da agenti del Brac, l'ufficio Repressione Attività Comuniste. Fu schedato e rimanere a l'Avana per lui significava rischiare di essere nuovamente imprigionato e probabilmente ucciso. Decise di tornare negli Stati Uniti. Dopo aver soggiornato nuovamente a New York e a Miami, si stabilì a San Francisco, città molto più tollerante nei confronti degli immigrati di origine ispanica. Durante il suo secondo soggiorno negli Stati Uniti continuò a tenere contatti con i compagni di lotta e con il fratello. Da loro venne a sapere che Fidel Castro stava cercando di organizzare in Messico una spedizione via mare verso il sud dell'isola, con lo scopo di organizzare sulle montagne della Sierra Maestra la resistenza. […] Camilo Cienfuegos si presentò a Castro, il quale a stento lo accettò fra le fila dei suoi, nonostante il passato del “sarto” da fervente militante nel movimento studentesco».
Si guadagna però presto la fiducia mostrando tutte le sue doti nei primi giorni successivi allo sbarco. È l'inizio della guerriglia e la situazione sembra disperata:
«I ribelli […] il 5 dicembre decisero di accamparsi in una piantagione di canna da zucchero, presso Alegria de Pio. Qui l'esercito riuscì a stanarli e li sottopose ad uno spietato fuoco incrociato, sotto il quale caddero tre del “Granma”. I rivoluzionari si dispersero e cercarono di sfuggire all'accerchiamento con ogni mezzo. Una volta cessato il fuoco nel silenzio generale si sentì urlare “qui non si arrende nessuno!”, era Camilo che dimostrava per la prima volta l'ardore e il coraggio che lo resero famoso e gli valsero la nomina di comandante. La sparatoria riprese ed il manipolo di uomini si disperse. I guerriglieri si ricongiunsero soltanto il 21 dicembre ed in quei giorni furono tormentati dalla sete, la fame e la dissenteria. Da ottantadue rimasero in quindici e Camilo costituiva la forza positiva con il suo buonumore. […] Grazie al contributo degli abitanti della Sierra e delle basi del Movimento nelle città di Manzanillo e Bayamo, la guerriglia riuscì a recuperare le armi necessarie all'assalto di un presidio militare a La Plata che rivelò nuovamente la loro presenza all'esercito cubano. Camilo fu il primo ad entrare nella caserma. […] Presso Pino dell'Agua, nel febbraio del 1958, si scatenò un duro combattimento contro le truppe regolari e Camilo venne definito da Che Guevara, sul suo diario, “l'uragano” per come si impadronì del posto di guardia ed avanzò senza timore fra i colpi nemici, brandendo la mitragliatrice. Cadde ferito ed invano i suoi compagni cercarono di convincerlo a farsi medicare prima degli altri. Per il suo valore fu nominato dunque comandante dell'“Ejercito Rebelde” e Fidel gli diede l'incarico di portare la guerriglia e la riforma agraria in pianura, conquistando la città di Bayamo. Camilo ruppe la resistenza della guarnigione della cittadina rurale, mentre le truppe batistiane preparavano un'offensiva sulla Sierra con più di diecimila uomini. Mentre Castro e Guevara si dirigevano verso l'Havana, Cienfuegos resistette all'offensiva e riuscì a costruire alcune scuole nei territori liberati, con l'aiuto dei contadini. […] Nel momento in cui Cienfuegos e Guevara si riabbracciavano a Santa Clara, un aereo decollava dall'Avana alla volta di Santo Domingo con a bordo il dittatore sconfitto».
Arriva il momento di stroncare le resistenze controrivoluzionarie interne, sostenute strenuamente dalla CIA.
Cienfuegos ha un ruolo fondamentale nell'organizzazione della difesa della rivoluzione:
«Le azioni di sabotaggio e terrorismo prolificavano in tutte le città d' Occidente, dove era più forte la componente batistiana ed i fedeli alle vecchie formazioni politiche degli “Autenticos” e degli “Ortodoxos”. Fu così che Camilo Cienfuegos si accollò l'onere di debellare queste sacche di resistenza che minacciavano la crescita della neonata repubblica ribelle guidata da Castro. Mentre Fidel ripeteva che la “caduta della dittatura non implicava automaticamente il trionfo della rivoluzione”, Camilo guidava strenuamente la lotta alla controrivoluzione dei “bandidos”. Era immenso lo sforzo da compiere. La dittatura dell'esercito guidata da Batista aveva lasciato il campo libero alla malavita organizzata nordamericana. […] Poco dopo l'attentato del mercantile La Coubra, il 21 ottobre del 1959, Cienfuegos si recò urgentemente a Camaguey per promuovere uno dei numerosi interventi di “pulizia” ed in una settimana ristabilì la situazione. Assunse il comando del presidio militare locale, catturò i “nuovi” ribelli e tenne un appassionato discorso davanti alla popolazione prima di imbarcarsi su un piccolo aereo privato, diretto a l'Avana. Era il 28 ottobre, quando il Cessna malandato scomparve dai radar. A nulla valsero le ricerche che vennero organizzate dalle autorità rivoluzionarie. Né i rottami del velivolo, né il corpo di Camilo furono mai trovati. Le indagini portarono soltanto a sospetti con pochi fondamenti o prove concrete. Si scoprì che un ex pilota dell'aviazione di Batista, lo stesso giorno della scomparsa del comandante rivoluzionario fu costretto ad atterrare con un caccia sull'isola. Fece rifornimento spacciandosi per un ufficiale dell'Ejercito Rebelde e chi gli fornì il carburante giurò di aver visto del fumo uscire dalle mitragliere sulle ali. Il sospetto ricadde su un intervento mirato della CIA, dal momento che l'aereo da combattimento si diresse verso le coste americane».
Nella pagina a lui dedicata dal sito Siporcuba6 si riportano significativi aneddoti ulteriori:
«“Sono certo - scrive Camilo ad un amico nel 1956 - che se tu fossi a Cuba resteresti sbalordito dalle cose che qui avvengono. I soprusi sono tali, che solo chi ne è testimone può convincersi della loro realtà”. La lotta per le strade, le manifestazioni che, nelle città, si sono trasformate in aperta protesta, lo coinvolgono, e Camilo finisce una volta in carcere e un'altra all'ospedale. In quel torno di tempo, gli capita un'esperienza che non dimenticherà mai più, e la riferisce in una sua lettera: “Fu quando il mio vecchio, travolto dalla tensione e dall'emozione, levò la benda macchiata di sangue con cui mi aveva tamponato la ferita, e disse: 'È il sangue di mio figlio, ma é sangue versato per la rivoluzione'”».
La borghesia e i traditori della rivoluzione, tra cui l'ex comandante Huber Matos, hanno tentato a posteriori di usare la sua morte per infangare la rivoluzione castrista, addossando a Fidel la colpa della sua morte. Sono tentativi patetici che si accompagnano alle accuse ridicole che vorrebbero Fidel responsabile anche della morte del “Che”. L'imperialismo e i suoi servi cercano sempre di screditare le rivoluzioni e i loro uomini con ogni mezzo, anche il più bieco. La miglior risposta a queste accuse insulse è data dalla dura realtà: per volontà del governo rivoluzionario infatti in tutti i 170 municipi cubani vi sono caserme, scuole e musei che ricordano Cienfuegos. La sua vita storica e le sue azioni rivoluzionarie a fianco del popolo di Cuba vengono insegnate in tutti gli istituti scolastici dell'Isola caraibica. Il 28 ottobre la gente va in riva al mare o su un fiume e vi getta «una flora para Camilo» (un fiore per Camilo). Cienfuegos vive nella memoria del popolo, che si riconosce in un semplice lavoratore elevato dalla rivoluzione a capo leggendario. Il popolo ha fatto proprio il motto: «C'é stato un Camilo, ci saranno molti Camilo». Il “Che”, suo grande amico, chiamerà Camilo uno dei suoi figli. All’indomani della sua morte ha scritto il seguente atto d'accusa:
«Lo ha ucciso il nemico, lo ha ucciso perché voleva la sua morte. Lo ha ucciso perché non ci sono aerei sicuri, perché i piloti non possono acquisire tutta l’esperienza necessaria, perché sovraccarico di lavoro voleva essere a L’Avana in poche ore... e lo ha ucciso il suo carattere: Camilo non considerava il pericolo, lo utilizzava come divertimento, giocava con lui, toreava con lui, lo attirava e lo maneggiava; nella sua mentalità di guerrigliero una nube non poteva fermare o deviare un percorso tracciato».7
Ricordiamo alcune dichiarazioni e riflessioni8 di questo grande leader rivoluzionario:
«Sono andato alla Rivoluzione perché sapevo, ero molto cosciente che Cuba necessitava una Rivoluzione come questa, che Cuba necessitava non solamente la caduta del dittatore, ma che Cuba necessitava questa Rivoluzione che abbiamo oggi, perché in Cuba un giorno ci sia giustizia sociale e perché un giorno, che è questo che oggi stiamo vivendo, il popolo di Cuba viva con pieni diritti, e i cittadini di questa terra nostra non siano gli uomini abusati, gli uomini sempre sfruttati».
Sulla necessità di mantenere una ferma unità: «Già non esistono gruppi nell'Esercito Rivoluzionario, dobbiamo dimenticarci che apparteniamo a differenti fronti di battaglia, a distinte colonne e sotto il comando di distinti comandanti. Attualmente apparteniamo all'Esercito della Repubblica con un solo fronte, Cuba, e con una sola bandiera, la cubana».
E anche: «Tutti gli operai, tutti i lavoratori, tutte le diverse parti del popolo devono unirsi ogni giorno di più. È l'unità il trionfo. Nell'unità c'è il vero consolidamento della Rivoluzione e della libertà che oggi godiamo».
Su José Martí: «Questo pensiero e queste idee martiane, che sono quelle che hanno tracciato il cammino per lanciarci in armi, queste idee che sono quelle che stanno dettando le leggi rivoluzionarie a favore del popolo».
Sul consenso popolare e sulla necessità di difendersi: «Stiamo con la Rivoluzione o stiamo contro la Rivoluzione. E sappiamo che il popolo cubano sta con la Rivoluzione».
«Il lavoratore vuole armi e noi, l'Esercito, daremo queste armi ai lavoratori. Armi contro i nemici di Cuba».

Infine su Castro:
«Non è necessario dire qui sin dove Fidel Castro farà arrivare la Rivoluzione Cubana. Questa Rivoluzione andrà sino ai suoi limiti finali, questa Rivoluzione andrà sino alla sua meta tracciata, questa Rivoluzione come nei giorni della guerra ha sue sole strade, vincere o morire. Perché è bene che tutti i compagni sappiano che questa Rivoluzione non si fermerà di fronte a niente e a nessuno. Sino a dove arriveremo, ci si chiede, e noi diciamo che con questa Rivoluzione arriveremo sino al finale Andiamo a realizzare una vera giustizia sociale. Andiamo a togliere i contadini e gli operai dalla miseria che li tiene sottomessi agli interessi mossi oggi dalle corde della controrivoluzione. La Rivoluzione cubana non si fermerà davanti a niente. Se dovremo arrivare alla luna con un nostro missile, la Rivoluzione Cubana andrà sino alla luna anche in un missile».
«Ci sono uomini come Fidel Castro, che rappresenta l'Esercito Ribelle, che rappresenta il popolo e che è seguito da tutti noi, che non faranno un passo indietro in nessuna legge rivoluzionaria che significhi un passo avanti e il progresso per il popolo».
3. A. Ivis Galan Garcia & J. A. de la Osa, Onore all’eroe di Yagujay, Granma Cubaweb-CCDP, 7 novembre 2002 [1° edizione originale 29 ottobre 2002].
4. E. Suarez Pérez & A. Caner Román, Camilo Cienfuegos: la forza e la passione del suo pensiero rivoluzionario, Granma Internacional (web), 28 ottobre 2014.
5. I passi che seguono sono tratti da N. Mondin, Camilo Cienfuegos, una icona della guerriglia cubana, Storia in network, n° 117-118, luglio-agosto 2006.
6. Siporcuba.it, Camilo Cienfuegos, Siporcuba.it.
7. P. I. Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, Il Saggiatore, Milano 1997, p. 394.
8. Sono tutte riportate in E. Suarez Pérez & A. Caner Román, Camilo Cienfuegos, cit.

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